Menu

Conferenza “C ‘17”. Una discutibile declinazione dei cento anni dalla Rivoluzione d’Ottobre

Il 18 gennaio ha preso avvio a Roma presso l’ESC-Atelier una quattro giorni dedicata al significato che può avere ancora oggi la parola “comunismo”.

C17, appunto, è la denominazione scelta per questa conferenza; la quale punta la sua visione sia sulla parola stessa sia, e soprattutto, sulla data corrispondente al centenario della Rivoluzione di Ottobre, avvenuta proprio nel 1917, al cui significato simbologico è rivolta questa iniziativa e conferenza.

Dal documento preparatorio della conferenza denominata Communism ‘17, riportiamo alcune iniziali definizioni:

– Ispirandosi alla serie L’idea di comunismo, un gruppo di ricercatrici e ricercatori italiane/i indipendenti e universitari, attiviste/i dei movimenti sociali, scrittrici e scrittori, editori, giornaliste/i organizza un convegno sul comunismo a Roma, che si svolgerà dal 18 al 22 gennaio del 2017. L’urgenza è chiara, oggi più di qualche anno fa: torna attuale l’adagio rivoluzionario, l’alternativa radicale che ha attraversato gli inizi del secolo scorso, «comunismo o barbarie».

– oggi il comunismo non ha alternative. Proprio ora che sono dimenticati, non solo finiti, i socialismi reali e non c’è luogo sulla Terra in cui il desiderio comunista sia realizzato in solide istituzioni politiche. Oggi che il capitalismo non ha più limiti, paletti o riforme, e non smette di vincere. Se e quando produce, infatti, il Capitale non può che arrivare post festum, quando il Comune della cooperazione ha già preso corpo. Che si tratti di Sharing Economy o di Industria 4.0, l’innovazione produttiva poggia interamente sul «cervello sociale», cattura pratiche mutualistiche ed economia informale … soprattutto, il Capitale fugge la produzione e predilige la rendita, sia essa finanziaria o immobiliare.

 

L’impronta e l’eredità operaista balza agli occhi già dal presupposto di questo articolato incontro.

Questa tre giorni si articolerà sia presso Esc sia nei locali messi a disposizione dalla Galleria Nazionale di Arte Moderna (via delle Belle Arti 131).

Il primo appuntamento ha quindi visto la presentazione e l’illustrazione del programma dei quattro giorni di conferenza e la presentazione dei primi ospiti che avevano il compito di iniziare i lavori.

Nell’introduzione è stata illustrata la natura politica e sociale dell’Atelier Esc, rivolta soprattutto a studenti universitari, a lavoratori e soggetti sociali investiti da una precarietà lavorativa sempre più invadente e massiccia, E’ stato denunciato inoltre il pericolo di “sgombero” al quale è continuamente minacciato questo locale, così come da diverso tempo lo stesso trattamento lo stanno subendo altrettanti spazi sociali della città di Roma.

La presentazione è consistita soprattutto nell’illustrazione del come si svilupperanno la conferenza e le risposte a alcune domande (5 per l’esattezza) presenti in calce nel documento di preparazione della tre giorni stessa.

Alla serata inaugurale erano presenti Maria Luisa Boccia (giornalista, collaboratrice del quotidiano Il Manifesto, storica femminista); Luciana Castellina (ex deputata del PRC e fondatrice del Manifesto); Peter Thomas analista e studioso di Gramsci; Mario Tronti (senatore del PD, intellettuale e storico rappresentante del primo “operaismo”); Slavoj Žižek (filosofo e psicanalista sloveno, ricercatore all'Istituto di Sociologia dell'Università di Lubiana).

Le cinque domande su cui si articoleranno i dibattiti per una possibile risposta sono le seguenti:

 –   Chi sono i comunisti oggi?

 –   Quale il vettore organizzativo che, per dirla con Marx ed Engels, può favorire la «formazione

     del proletariato come classe»?

 –   Quale il rapporto tra lotte economiche e lotte politiche?

 –   Quali le pretese di una nuova politica economica che metta al centro il Comune?

 –   Un’indagine a tutto campo sui processi di politicizzazione, sulle pratiche che innervano o

     possono innervare questi processi.

 

A rispondere ha provato Mario Tronti (del quale riesce difficile sconnettere l’elaborazione teorica e le indigeribili scelte pratiche come il voto a favore del Jobs Act), il quale ha subito espresso un diverso giudizio sul titolo dato all’iniziativa cioè: “Comunismi” declinato al plurale. Tronti non concorda con questa definizione. “Non accetto il plurale” (socialismi, comunismi, capitalismi, lavori etc… etc…). Tronti a suo parere afferma che: “il plurale è un concetto sociologico mentre il concetto forte si esprime al singolare”. Tra altre cose dice: “oggi la parola “comunismo” è di non facile comprensione anche perchè si è incapaci di parlare oltre il “mondo intellettuale”, cioè usare linguaggi semplici di comunicazione comprensibili alle masse popolari”; “parlare col linguaggio del popolo e non quello degli intellettuali”; sempre secondo Tronti, intervenendo ancora sulla commemorazione della Rivoluzione di Ottobre del 1917, ha affermato che “questo fatto rappresenta uno degli ultimi atti nei quali il comunismo (rappresentato dal bolscevismo) ha inteso mettere in atto la costruzione del socialismo”.

Per quanto riguarda la parola “socialismo” Tronti afferma che, secondo lui, la fine del concetto presente in questa parola è avvenuta nel ’14 quando i socialisti tedeschi votarono i crediti di guerra per la partecipazione alla Prima Guerra Mondiale. Sullo stesso argomento ha illustrato la differenza presente allora all’interno del POSDR (Partito operaio socialdemocratico russo– POSDR, Rossijskaja Social-Demokratičeskaja Rabočaja Partija), il quale si divise e utilizzò questa cesura per rompere con quella definizione utilizzando la parola Comunista. A ciò si riconduce il significato della parola bolscevico ossia maggioranza, i  menscevico cioè minoranza.

Si sono sentite anche un certo numero di frasi a “effetto”, forse per impressionare il folto pubblico giovanile presente in sala: storia moderna che ritorna o storia contemporanea in declino .

Quindi per sintetizzare, il “nuovo” (contemporaneo) e “l’antico” (moderno) si sommano e si integrano dando vita a nuovi e più utili atti fondativi.

Tronti ritiene che; “il ‘17 –cioè la rivoluzione bolscevica – è stato un tentativo (fallito) per costruire il socialismo da parte dei comunisti … l’obiettivo non era la società giusta , eguale, la fine della storia ecc.. ecc..; il comunismo non è utopia bensi è profezia! Continuando nel suo intervento ha sostenuto ancora che: “Lenin nella sua fase storica (era in atto la prima guerra mondiale, la società russa era in mano allo Zar ed era composta da servi della gleba e contadini ) poteva rivolgersi ai soldati e ai contadini con queste semplici parole: pace e terra! Dove sono oggi i soldati e i contadini ai quali, per esempio, si rivolgeva Lenin”? ha concluso Tronti

Anche altri interventi hanno spaziato sui possibili “errori” che hanno comportato l’inabissamento della parola e del concetto di comunismo, tra questi l’intervento di Maria Luisa Boccia secondo cui: “si può coniugare al presente la parola comunismo e a questo anche il femminismo può dare un suo contributo”; rivendicando così l’importanza avuta dal femminismo nel colmare quei vuoti di analisi e di pratiche presenti. “Due parole Femminismo e Comunismo si sono posti il problema della Rivoluzione ”, cioè un effetto “significante”. “Cambiare il mondo per cambiare i rapporti sociali … altra cosa dalla conquista del Palazzo d’Inverno … non più un comando dall’alto, bensì uno stimolo dal basso per stabilire un potere nuovo”,  ha continuato la Boccia: “riprendere la parola “rivoluzione” implica un rifiuto del riformismo, parola questa ancora più fallita della stessa parola “rivoluzione” … “ il riformismo ha contribuito al fallimento della parola “sinistra” in quanto legittimava soltanto chi avendo il potere poteva governare; da qui la vulgata elettoralistica e il suo effetto deleterio".

Altro intervento è stato quello di Peter Thomas – analista e studioso di Gramsci e delle sue tesi e teorie. All’inizio del suo intervento ha espresso un dubbio sul concetto gramsciano di “egemonia” poichéè inattuale oggi parlare di comunismo (…) in rapporto a ciò che si muove nel mondo ci sarebbe bisogno di fornire “lumi”; – inteso come nuove forme di saperi.

Thomas intervenendo ha illustrato i suoi concetti di organizzazione politica o Partito, consistente in 3 possibili esempi:

Lukács: costruire il partito come un laboratorio nel quale costruire coscienza di classe.

– Forma composizionale: un partito come lotta politica (operaismo, Panzieri, Negri, Hardt ecc..)

Il partito deve essere il “moderno principe” (di memoria macchiavelliana) per guidare la “rivoluzione”… composto da una composizione tecnica e una politica

– Gramsci – teorico di una forma partito (Moderno Principe) come processo dinamico; punto unitario di partenza e arrivo del concetto di “egemonia” … non un leviatano che taglia il conflitto bensì lo estende … il Moderno Principe non agisce in termini d’identità bensì in  differenze; punta essenzialmente sul significato di Partito.

Luciana Castellina, ex fondatrice del Manifesto ed ex parlamentare del PRC, nel ricordare gli errori che hanno portato alla sparizione e all’indebolimento della parola “comunismo”, ha ribadito il concetto di “lotta di classe” affermando anche: “non facciamo più paura, non vengono più prodotti i “becchini” che seppelliranno borghesia e capitalismo” (cit. Karl Marx); “…c’è un forte bisogno di soggettività …  una riflessione sull’esperienza dell’URSS va fatta e gli unici ad averla conseguita sono stati gli anticomunisti… la reazione controrivoluzionaria del 1918 – ottocentomila soldati schierati dalla reazione “bianca” contro la rivoluzione bolscevica – ha generato il “sospetto” il quale poi ha prodotto comportamenti di diffidenza contro qualsiasi oppositore … il comunismo italiano è stato un processo anomalo grazie al ruolo in esso svolto da Gramsci … uno degli errori è consistito nell’enfatizzazione del ruolo dello stato e delle scadenze elettorali (…quando andremo al governo …), il quale ha completamente offuscato e annegato la parola “rivoluzione”:

Luciana Castellina ha continuato nel suo intervento parlando soprattutto al passato, al suo passato, eludendo così le possibili risposte alle domande che il documento preparatorio aveva fornito.

Slavoj Žižek è intervenuto attraverso la proiezione di un video.  Nel suo intervento (tradotto in cuffia) ha esordito parlando essenzialmente dei “…fallimenti delle esperienze comuniste nel mondo … autoritarismo .. una vita quotidiana in costante regressione – la vera tragedia del comunismo del 20° secolo è che ha prodotto “cinismo”, “nell’URSS ha fallito l’ideologia, fornendo un cattivo esempio di burocrazia eccessiva etc..; lo sviluppo dei nuovi sistemi informatici sia di comunicazione (nuovi media mass-mediatici), sia di produzione dando vita a nuove forme di “forze produttive” ha fatto implodere il “socialismo reale” – continua nel suo intervento accennando alla questione cinese – “…ultima ironia del comunismo del 20° secolo è dato dall’esempio della Cina … la Rivoluzione Culturale ha prodotto Deng Xiaoping (Teng Hsiao-ping), cioè una nuova introduzione “capitalistica”, ad esempio oggi, Cina, Vietnam e altri paesi “socialisteggianti” sono tra i più efficenti manager del capitalismo più brutale … lo stalinismo come esito della pratica bolscevica … rivoluzioni comuniste autentiche tragedie". Slavoj Žižek in conclusione afferma: “No al trotskismo” … “lo stalinismo è già incistato nella rivoluzione … nobile negli intenti ma tragico nei risultati … ridefinire gli obiettivi del comunismo … una visione del 20° secolo: un’esplosione emancipatoria anche se la Rivoluzione Culturale fu una tragedia perché non andò contro le burocrazie del partito (come indicava Mao, ndr) bensì andò contro gli operai e le comuni … lo stalinismo deve essere ancora analizzato.

Note a margine:

Del convegno colpiva l’affollata presenza, soprattutto molti giovani e studenti. Meno positivamente si è respirata una sorta di “estetica” del momento evocativo su “Communism ‘17” e risposte nel dibattito non adeguate al compito richiesto e ben presente nelle domande poste. Inutile dire che la domanda più inevasa sia stata quella non compresa nelle cinque domande poste, ossia sul "Che fare?".

Infine la Rivoluzione d’Ottobre è finita come mitizzata e non storicizzata, tanta positiva curiosità ha spinto ad una notevole affluenza (alla quale ha indubbiamente contribuito anche la notorietà degli ospiti).  L’anno del centenario della Rivoluzione d’Ottobre è appena iniziato, non mancheranno le occasioni per un dibattito più mirato e forse più utile ad un bilancio storico del movimento comunista in questi cento anni e funzionale alla lotta di classe nel XXI Secolo.


(foto ripresa da Dinamopress.it)

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *