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Roma. Occupato stabile dell’Inarcassa nel quartiere Ostiense

la risposta de movimenti al “piano assistenziale alternativo”, agli sfratti e agli sgomberi!

Chi è oggi più fragile socialmente di chi ha perso o sta per perdere un alloggio? E sono davvero molti in questa condizione a Roma, sia per motivi di reddito insufficiente, precario o inesistente sia perché licenziati o in procinto di esserlo. A fronte di questa realtà e ad un mare di alloggi e stabili vuoti, comprese le 17 proprietà confiscate alle mafie che aspettano di essere utilizzate, l’inerzia colpevole del Governo e delle amministrazioni locali sta lasciando la questione abitativa e la sua soluzione nelle mani della Prefettura e della Questura. Il grande numero di sfratti, la ripresa degli sgomberi e l’aumentato controllo sulla popolazione migrante e non solo, soprattutto nella periferia metropolitana, lasciano intendere una lettura sospettosa della quotidiana lotta in difesa di diritti primari sempre più compressi. Il disagio sociale viene considerato un pericolo da sorvegliare e da reprimere, piuttosto che risolverlo e superarlo.

La decisione del Comune di Roma di reiterare il bonus casa per chi ancora vive nei Centri di assistenza alloggiativa temporanea ed è in possesso dei requisiti richiesti, di sgomberare coloro che occupano per necessità un alloggio popolare e di combattere le cosiddette occupazioni abusive, è l’ultima perla di un’amministrazione che in nome della legalità si allinea alle direttive della delibera n. 50 del commissario prefettizio Tronca, anziché superarla come affermato un paio di mesi fa. La discontinuità con la precedente giunta e con la fase del commissariamento non c’è quindi, come nulla sta avvenendo sul fronte delle residenze negate dall’applicazione dell’articolo 5 del “piano casa” nazionale del 2014.

La Regione dal canto suo dopo aver lanciato il sasso nello stagno dell’emergenza abitativa con la delibera attuativa del 2016, continua ad osservare la situazione senza svolgere la funzione che gli compete e che si è assunta in modo autorevole con lo stanziamento di 200 milioni di euro già dal 2014, finalizzati ad un primo passo deciso verso una nuova programmazione di politiche abitative pubbliche.

L’assessore comunale alle Politiche sociali Baldassarre parla ora di un nuovo ordine nelle politiche abitative, capace di porre fine alla lunga fase dell’emergenza che ha prodotto fenomeni di illegalità diffusa. Cosa vuol dire? Che significato hanno queste parole? Con quali risorse si sostiene questa affermazione e con quali case? Cosa faranno intanto le 15mila famiglie in attesa di avere un alloggio popolare? Se occuperanno saranno sgomberate? E le tante famiglie con l’ufficiale giudiziario alla porta? Se resisteranno saranno denunciate? Gli assistenti sociali di fronte a famiglie in strada che faranno? Gli toglieranno i figli? O essendo senza fissa dimora andranno ad ingrossare le fila delle fragilità tanto attenzionate dall’assessorato alle Politiche sociali?

A queste domande non ci sono risposte finora credibili e i movimenti non possono accettare questa condizione solo per il timore che dentro la città il conflitto continui a rimanere incastrato dentro la morsa della “dialettica” (dello scontro) tra disagio sociale e forze dell’ordine. Rispondiamo nell’unico modo che finora ci ha restituito dignità e un tetto, nonché una parte di reddito. Entrando in questo stabile di proprietà dell'Inarcassa, l'istituto previdenziale degli ingegneri e degli architetti, in via Silvio D'Amico 53, lasciato colpevolmente vuoto come tanti stabili in questa città. Questo ente non solo ha diverse proprietà immobiliari vuote ma ha vessato non poco gli inquilini residenti negli alloggi che gli appartengono sia con affitti lunari che con prezzi di vendita esorbitanti, minacciandoli di sfratto qualora non avessero accettato questi veri e propri ricatti.

Continua così la nostra campagna per il diritto all'abitare e la segnalazione del patrimonio privato e pubblico utilizzabile per far fronte ad un'emergenza dimostrata anche dalla morosità in aumento tra coloro che non ce la fanno più a sostenere un mutuo (almeno 37mila famiglie hanno chiesto la sospensione del pagamento delle rate negli ultimi 6 anni). La questione è seria e va affrontata seriamente. Fino a quando questo non avverrà continueremo con queste iniziative di denuncia e di riappropriazione.

 

 

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