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Martin McGuinness, capo militare dell’Ira e protagonista della pace

Intervista a Riccado Michelucci, storico esperto del conflitto anglo-irlandese, realizzata da Radio Città Aperta.

 

Ti abbiamo disturbato per fare un po’ un breve ritratto sulla figura di Martin McGuinness e magari spiegarci se la sua morte può comportare conseguenze all’interno delle strutture politiche in cui lui si era ritagliato uno spazio così importante.

A livello di conseguenze, dal punto di vista politico, mi permetto di sostenere che non ce ne saranno, almeno nell’immediato e probabilmente nemmeno nel lungo periodo. Perché evidentemente la sua uscita di scena, che è stata strategicamente decisa all’inizio di gennaio – che poi ha portato alle elezioni anticipate – è stata gestita dal partito, dal Sinn Fein, in maniera molto logica e molto intelligente e i risultati elettorali delle elezioni del 2 marzo gli hanno dato, in un certo senso, ragione. La continuità, da un punto di vista politico, non può altro che essere rappresentata da Jerry Adams, il suo gemello, se possiamo definirlo così, da un punto di vista appunto anche del percorso storico. Per quanto riguarda la figura di Martin McGuinness in Irlanda adesso, potete immaginare, adesso fioccano commenti e i coccodrilli, ricordi, i profili di questa figura così grande, così importante. Qualcuno addirittura è arrivato a paragonarlo ad una sorta di Mandela irlandese. Forse con un po’ troppa enfasi… Diciamo che l’Irlanda sicuramente ha conosciuto due Martin McGuinness. Il primo è stato appunto comandante dell’Ira, già era vicecomandante della brigata di Derry nel 1972, all’epoca della famigerata Bloody Sunday il 30 gennaio di quell’anno. Dopo di che il suo percorso, mai rinnegato e mai, soprattutto, celato – contrariamente a quello che ha fatto Jerry Adams, che ha sempre negato la sua appartenenza all’Ira – è stato lungo e complesso. Già fino agli anni ’80, sebbene lui avesse partecipato a tutti quelli che erano stati i colloqui di pace condotti anche in quegli anni, quindi anche in epoche in cui il processo di pace era ben lungi dal giungere a conclusione, diciamo che il suo ruolo anche da un punto di vista militare, è sempre stato di spicco. Dopo di che la sua figura – e qui viene fuori il secondo Martin McGuinness – è evoluta in un ruolo di negoziatore di spicco. Nel senso che ha rivelato delle doti carismatiche e diplomatiche fuori dal comune, che l’hanno portato ad essere uno degli uomini, degli artefici di questa storica pace, siglata nel 1998 e poi implementata nel corso degli anni, fino ai giorni nostri, che l’hanno portato ad essere ministro dell’educazione prima, poi vice premier; cioé ad avere un ruolo politico di assoluto spicco, e anche a ricevere non poche critiche da parte di molti dei suoi ex compagni, perché chiaramente nell’evoluzione che il Sinn Fein – il partito repubblicano indipendentista – ha avuto negli anni, lo ha portato anche a molti compromessi. Ci sono vari momento storici che l’hanno portato sia a stringere la mano, a incontrare, la regina d’Inghilterra, quindi il nemico storico degli indipendentisti irlandesi. Come anche quell’immagine che lo vede di fronte ai gradini del palazzo di Stormont, il parlamento di Belfast, accanto al capo della polizia, accanto al primo ministro unionista, definire traditori quei dissidenti repubblicani, molti dei quali suoi ex compagni, che continuavano appunto la loro attività contraria al processo di pace. Ossia che continuavano, anche se sotto la forma molto ridotta rispetto al passato, la lotta armata. Queste sono le due facce di una figura sicuramente che non può non passare alla storia.

 

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