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Allargamento della Nato: dall’Urss al Montenegro

Nel giorno dell’ingresso ufficiale del Montenegro nella Nato, alcuni media continuano a parlare del racconto fatto da Vladimir Putin a Oliver Stone su come egli, durante uno degli ultimi incontri con Bill Clinton a Mosca, avesse proposto di mettere a punto un piano comune per l’ingresso della Russia nell’Alleanza atlantica e come l’ex presidente USA si fosse dichiarato “non contrario”.

Il sito Vzgljad riporta una serie di commenti in merito. Secondo rappresentanti ufficiali dell’Alleanza atlantica, questa non disporrebbe di informazioni relative all’episodio di cui Putin ha parlato nell’intervista concessa al regista statunitense. Anche Igor Ivanov, Ministro degli esteri dal 1998 al 2004, ha dichiarato a RIA Novosti che il Ministero non avanzò ufficialmente alcuna proposta in merito, ma che lo stesso Eltsin “non escludeva la possibilità di ingresso nella Nato”. Tuttavia, nota Ivanov, in seguito l’assistente presidenziale “Sergej Jastržembskij disse che le sue parole non erano state correttamente interpretate. Ma, a livello di Ministero, tali questioni non furono discusse”. Quantunque, continua, si tennero discussioni “informali, e ragionamenti ipotetici ad alta voce” in cui si ventilava una possibile “rigenerazione” della Nato, con la Russia che avrebbe potuto aderire all’Alleanza, se questa avesse cessato di essere “un blocco militare aggressivo diretto verso Oriente”. Ipotesi irrealistiche, ha aggiunto Ivanov.

Il direttore della rivista La Russia nella politica globale, Fëdor Lukjanov, ha detto invece che “E’ noto che Putin non solo a Clinton, ma, secondo me, anche all’allora presidente della Nato George Robertson, disse che, in linea di principio, tale variante non era esclusa”. In tal caso, l’adesione della Russia alla Nato avrebbe significato la nascita di un nuovo centro di influenza in seno all’Alleanza “equiparabile agli USA” afferma Lukjanov, “dato che difficilmente la Russia sarebbe stata disposta a “sottostare alla disciplina del blocco nei suoi fondamenti generali”. Ma i membri dell’alleanza “non erano pronti per cambiamenti così radicali”.

Lukjanov ritiene che Putin si sarebbe atteso quantomeno risposte evasive dagli USA, ma aveva comunque deciso di “definire le posizioni” e dimostrare la volontà al dialogo, con una “dichiarazione di intenti oltremodo seria”: tale proposta “doveva dimostrare la disponibilità della Russia ad andare molto lontano nello stabilire relazioni qualitativamente nuove”.

L’episodio raccontato da Vladimir Putin non rappresenterebbe però che un nuovo tassello di una vicenda che sembra iniziata quasi settanta anni fa. Tutta una serie di fonti, russe e non, riportano le tappe principali della storia. Una prima volta l’Urss avrebbe indirizzato una nota ai governi occidentali nel marzo 1954, con l’idea di entrare a far parte della Nato, a condizione di uno “status neutrale” dell’Alleanza. Già nell’agosto 1952, incontrandosi con Stalin, l’ambasciatore francese a Mosca faceva intendere che De Gaulle guardava alla Nato come a una unione difensiva, non in contraddizione allo statuto dell’ONU, al che Stalin avrebbe detto ironicamente, rivolto al Ministro degli esteri Andrej Vyšinskij “in tal caso allora anche l’Urss potrebbe unirsi a essa”.

Era stato lo stesso Vyšinskij, nel 1949, a indirizzare a Londra la proposta di discutere l’adesione di Mosca alla Organizzazione della Difesa dell’Unione Occidentale, precursore della Nato. Di fatto, Stalin aveva definito l’Alleanza “una mina sotto l’ONU” e Andrej Gromyko aveva dichiarato più di una volta che “Se il patto fosse stato diretto contro la rinascita di aggressione tedesca, l’Unione Sovietica si sarebbe unita alla NATO”. Nel marzo 1954, sempre Gromyko aveva preparato per Vjačeslav Molotov (nuovamente Ministro degli esteri) una nota da indirizzare al Presidium del CC del PCUS, nel quadro del progetto sui fondamenti del Trattato europeo sulla sicurezza collettiva, che prevedeva la partecipazione ad esso degli USA su un piano di parità. Per dimostrare gli obiettivi pacifici del progetto e togliere agli avversari ogni argomento a proposito del fatto che il Trattato sarebbe stato rivolto contro la Nato, la nota esprimeva la disponibilità dell’Urss ad aderire all’Alleanza. Con ciò, se ne sarebbe evidenziato il carattere difensivo e il presupposto che non sarebbe stato diretto contro l’Urss e le democrazie popolari. Tra le condizioni che Mosca avanzava per l’ingresso nell’Alleanza, quella secondo cui ogni membro avrebbe dovuto impegnarsi a non interferire negli affari interni degli Stati, il che costituiva un chiaro riferimento alla presenza delle basi americane in Europa. In caso di risposta negativa, la nota sovietica non escludeva di continuare la lotta contro la Nato in quanto patto aggressivo. Contemporaneamente alla nota sull’ingresso nella Nato, Mosca proponeva di concludere l’accordo sulla sicurezza collettiva in Europa con la partecipazione USA. Nel maggio 1954 Washington, Parigi e Londra rispondevano no alla proposta sovietica.

Assieme all’Urss, ma separatamente, nel marzo 1954 anche Bielorussia e Ucraina avevano chiesto l’adesione alla Nato, così come avevano fatto per l’ONU. Le due repubbliche avevano ottenuto sovranità e attributi statali nel periodo di creazione delle Nazioni Unite, in modo che l’Unione Sovietica non vi rimanesse in minoranza nel confronto con Gran Bretagna e Stati Uniti: Stalin aveva proposto la loro inclusione nell’ONU, riferendosi all’uguale passo nei confronti dei dominion britannici. L’Alleanza atlantica rispose picche a Urss, Bielorussia e Ucraina e anzi, nell’autunno del ’54, iniziarono i colloqui per l’inclusione di Germania Ovest e Italia nel “Patto di Bruxelles” e della RFT nella Nato, in aperta violazione dell’accordo sulla sua demilitarizzazione. La risposta di Mosca fu la creazione del Patto di Varsavia, cui aderirono Albania, Bulgaria, Ungheria, RDT, Romania, Polonia, Cecoslovacchia e Urss.

Pare che una nuova idea di adesione dell’Urss alla Nato sia stata avanzata da Jurij Andropov durante una seduta del Politbüro, all’inizio del 1983: la ragione sarebbe stata il peggioramento dei rapporti con la Cina, in relazione alla crisi afghana. Nel settembre dello stesso anno ci fu l’abbattimento del Boeing civile sudcoreano, sconfinato per oltre 500 km nello spazio aereo sovietico. La presenza nella zona di un velivolo USA da radiolocalizzazione elettronica RS-135, non impedì all’Occidente di addossare ogni responsabilità a Mosca e definire l’Urss “impero del male”: nel giro di due mesi partivano quelle esercitazioni USA “Operation Able Archer” che avvicinavano il mondo al pericolo di guerra nucleare.

Il resto è attualità: a partire dalle “assicurazioni” occidentali all’Urss, a inizio anni ’90, che la Nato non si sarebbe mai spostatadi un pollice verso Est, in cambio del regalo gorbacioviano sulla riunificazione tedesca. Fino ad arrivare a oggi, quando si tiene a Washington la cerimonia ufficiale dell’ingresso del Montenegro nella Nato, quale 29° membro. Perché non ci siano dubbi su chi comandi, il segretario generale Jens Stoltenberg e il vice Segretario di stato USA Thomas Shannon accoglieranno la trasmissione del relativo documento ufficiale al Dipartimento di Stato da parte del primo ministro montenegrino Duško Markovič. La cerimonia formale di ingresso si terrà soltanto tra due giorni, a Bruxelles, presente il presidente Filip Vujanovič. Il passo è stato accolto molto negativamente a Mosca, scrive oggi Interfax e già un mese fa, in occasione della ratifica di adesione da parte del parlamento montenegrino, il Ministero degli esteri russo aveva diffuso una nota in cui era detto che “Considerando il potenziale del Montenegro, difficilmente l’Alleanza atlantica ne otterrà un “valore aggiunto”. Ma a Mosca non si può non tener conto delle conseguenze strategiche del passo. Perciò ci riserviamo il diritto di adottare decisioni dirette alla difesa dei nostri interessi e della sicurezza nazionale”. Sabato scorso, il capo del Servizio di intelligence estera, Sergej Naryškin, rispondendo alla domanda di Interfax se consideri l’ingresso del Montenegro nell’Alleanza atlantica una minaccia per la Russia, aveva risposto che “non si può definire il blocco Nato amichevole nei nostri confronti. Traetene le conclusioni”.

In effetti, confrontando il bilancio militare del blocco occidentale e della Russia – 577 miliardi di dollari degli USA e 246 degli altri membri dell’Alleanza; contro i 60 miliardi della Russia – appare retorica l’osservazione del capo dell’Amministrazione presidenziale russa, Sergej Ivanov “stiamo parlando di un elefante e di una mosca; di un ippopotamo e di un micio di casa”.

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