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Un governo sull’orlo di una crisi di nervi

Se il linguaggio del corpo indica quello che le parole non dicono, l’immagine del “gruppo di governo” ieri nelle comunicazioni della Meloni a Senato e Camera, restituisce una immagine piuttosto tesa e nervosa dell’esecutivo.

La Meloni in più passaggi ha insistito sul suo stile preferito, quello aggressivo, confermato anche dalla mimica conseguente alla quale ci ha abituato quando la vede nera. Ma era il contorno a rendere esplicita la tensione di ministri e alleati di governo. Facce livide tra i ministri, quasi insofferenti quelle di Tajani e Salvini mentre la Meloni parlava. Applauso tiepidissimo di Salvini sui passaggi relativi all’immigrazione.

Insomma uno studio attento degli uomini e donne di governo intorno alla loro premier non ha offerto affatto una immagine di solidità e sicurezza che i toni forti della Meloni hanno provato a mascherare.

Del resto ne ha ben ragione. Le rogne e le incognite che incombono sul suo governo cominciano a essere numerose e ripetute, sia che provengano dalla situazione oggettiva (guerra, economia etc.) sia che vengano dall’interno con gli alleati che si beccano a geometria variabile su molte materie.

La controprova è un Consiglio dei Ministri convocato alla otto di sera per approvare il documento di economia e finanza da inviare entro mezzanotte all’Unione Europea. Un documento su cui aleggia lo spirito di Draghi ma declinato in salsa fascista.

Per il 2025, si legge nel documento, la manovra avrà necessità di coperture per circa 30 miliardi (60mila miliardi delle vecchie lire, un volume da legge “lacrime e sangue” si sarebbe detto una volta, ndr). Nel biennio seguente si aggiungeranno, rispettivamente, 35 e oltre 40 miliardi.

In attesa di conoscere i dettagli sulle coperture (che passano da 24 a 30 miliardi), l’unico dato certo è che 9 miliardi saranno garantiti dai margini di deficit, 3,6 miliardi dal fondo per la delega fiscale (3,6 miliardi) e 2,2 miliardi dalle maggiori entrate fiscali.

Per i 15,2 miliardi mancanti le ipotesi riguardano i tagli di 3 miliardi dalla spending review dei ministeri; 1 miliardo dai tagli alla spesa degli enti locali1 miliardo dal tetto massimo alle detrazioni fiscali da rimodulare in base al nucleo familiare; 3,5 miliardi dal contributo “volontario” di banche e assicurazioni; 1 miliardo dal combinato disposto di proroga delle concessioni per slot machine, Bingo e scommesse (400 milioni), il bando di gara per il Lotto (500 milioni) e la stabilizzazione della quarta estrazione settimanale (100 milioni).

Il famoso contributo di solidarietà per le banche dovrebbe sostanziarsi nella proroga delle Dta (Deferred Tax Assets), i crediti d’imposta maturati dalle banche con il pagamento anticipato di imposte su svalutazione crediti e avviamenti: nel biennio 2025 la misura dovrebbe valere 1,5 miliardi (altrettanti nel 2026). Di fatto più che una tassa sugli extaprofitti sarà un prestito sugli sconti fiscali di 1,75 miliardi all’anno per 2 anni, un prestito che il governo si è impegnato a restituire alle banche stesse.

Sul fronte della spending review, che invece dovrebbe fruttare 3 miliardi, i ministeri dovrebbero essere interessati da tagli lineari del 5%, con una flessibilità affidata ai singoli ministri. Un miliardo arriverà poi dai tagli alla spesa pubblica di Comuni ed Enti locali.

La legge di bilancio «stanzia anche risorse per assicurare che, successivamente al termine del Pnrr, l’andamento della spesa per investimenti pubblici sia coerente con i requisiti della nuova governance europea. In particolare, si legge,  “è previsto anche il potenziamento degli investimenti nel settore della Difesa”. Confermata inoltre la decontribuzione in favore delle imprese localizzate nella Zes (Zona Economica Speciale, ndr) con la quale si vuole trasformare il Meridione in un’area a bassi salari, tasse e contributi per fare concorrenza ai paesi asiatici nella distribuzione delle filiere produttive e della catena del valore.

Intervenendo ieri prima al Senato e poi alla Camera la Meloni ha poi presentato la linea con la quale vuole andare al Consiglio dei capi di stato europei che si terrà oggi e domani a Bruxelles.

Innanzitutto vuole blindare l’ex ministro Fitto, scelto da Ursula von der Leyen come vicepresidente esecutivo Ue con delega al Pnrr. La nomina deve ancora passare il vaglio dell’Europarlamento e in quel voto si nascondono parecchie insidie, in quanto Fitto dovrà ottenere anche l’appoggio del gruppo parlamentare dei Socialisti. La premier non esclude le possibilità di una trappola ed ha lanciato un appello per “raccomandarsi in nome dell’Italia” alle opposizioni.

Ieri poi sono partiti i primi 16 migranti diretti nelle strutture costruite dal governo italiano in territorio albanese. E’ stata mobilitata una nave militare per deportare in Albania 16 persone mentre nello stesso giorno ne sbarcavano oltre 900 a Lampedusa. Una contraddizione in termini di costi, sforzi e numeri che è balzata evidente agli occhi di molti, una mossa più dettata dalle esigenze di propaganda del governo in materia di immigrazione che dalle necessità, e il quadro venutone fuori non è certo esaltante.

Inoltre sui piani del governo grava anche la sentenza della Corte Ue che ridefinisce i criteri per i Paesi “sicuri”, una sentenza che i giudici italiani, applicandola, potrebbe far crollare l’intera operazione in Albania. La Meloni non si è risparmiata un attacco contro le Ong “Considero vergognoso che l’organizzazione non governativa Sea Watch definisce le guardie costiere “i veri trafficanti di uomini”, volendo delegittimare tutte quelle degli Stati del nord Africa, e magari anche quella italiana, in modo da dare via libera agli scafisti che questa Ong descrive invece come innocenti, che si sarebbero ritrovati casualmente a guidare imbarcazioni piene di immigrati illegali. Sono dichiarazioni indegne, che gettano la maschera sul ruolo giocato da alcune Ong e sulle responsabilità di chi le finanze” .

Sull’altra rogna, quella della politica estera, la Meloni, dopo aver ribadito il sostegno a Israele, sul Libano ha affermato di ritenere che “l’atteggiamento delle forze israeliane sia del tutto ingiustificato, oltre a rappresentare una palese violazione di quanto stabilito dalla risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.

Ma la Meloni ha anche attaccato le rinnovate e partecipate manifestazioni a sostegno del popolo palestinese che continuano a riempire le strade delle città italiane. Un dato questo, insieme alla empatia per le ragioni della Palestina decisamente maggioritaria nel paese, che rende estremamente nervoso un governo impegnato a sostenere ancora Israele. “Le pur legittime critiche a Israele si mescolano con un giustificazionismo verso organizzazioni come Hamas ed Hezbollah, e questo, piaccia o no, tradisce altro un antisemitismo montante che, credo, deve preoccuparci tutti. E le manifestazioni di piazza di questi giorni lo hanno, purtroppo, dimostrato senza timore di smentita” ha detto in aula la Meloni.

Infine, e non certo per importanza, c’è stato poi il capitolo sulla transizione ecologica, dove la Meloni ha imbracciato tutti gli argomenti degli industriali e della destra europea che stanno frenando pesantemente. Sullo stop europeo alle auto a benzina e diesel dal 2035, “si deve avere il coraggio di riaprire la partita e proseguire la strada della neutralità ecologica, sostenendo filiere come quella dei biocarburanti, in cui l’Italia e l’Europa possono giocare un ruolo da protagonista… L’approccio ideologico Green deal in Ue ha creato effetti disastrosi», rimarcato la premier al Senato. “Come ho detto mille volte inseguire la decarbonizzazione al prezzo della deindustrializzazione è un suicidio. Non c’è nulla di verde in un deserto, nessuna transizione verde possibile in una economia in ginocchio”.

L’immagine restituitaci ieri dalle impietose telecamere durante le comunicazioni della premier al Senato e alla Camera, è dunque quella di “un governo sull’orlo di una crisi di nervi”. Crescono le scommesse sul fatto che questo governo non arrivi a mangiare il panettone.

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1 Commento


  • Mara

    In TV ieri si è visto per qualche secondo la struttura che dovrebbe accogliere i migranti in Albania: una cosa che mi è sembrata spaventosa: tutto recintato e
    manufatti grigi sembrano fatti forse di lamiera. Il tutto mi è apparso come un campo di concentramento.
    Così Meloni invece di impuntarsi per una distribuzione dei migranti nei vari paesi europei, ha trovato più comodo esternalizzare questo tipo di campo per altro costoso oltre che a mio avviso indecente. Pertanto può tranquillamente continuare a fare passerella e ad abbracciare la sua degna comare Ursula in quel di Bruxelless senza colpo ferire sulla pelle dei poveri diavoli che manda laggiù

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