Entra in una fase completamente nuova la lotta delle Repubbliche popolari del Donbass contro l’aggressione dei golpisti ucraini. Il leader della DNR, Aleksandr Zakharčenko ha annunciato stamani la creazione, per un periodo transitorio di tre anni, del nuovo stato di Malorossija (Piccola Russia: dalla denominazione assunta a diverse riprese, a partire dal XIV sec., dalle regioni comprese nell’odierna Ucraina nordoccidentale, chiamate anche Rutenia) formato da DNR e LNR.
“Noi riteniamo” ha detto Zakharčenko, ripreso da Interfax, “che non sia possibile ripristinare lo stato ucraino nella sua precedente forma. Il regime di Kiev ha dimostrato di non essere in grado di metter fine alla guerra civile. Noi, rappresentanti delle regioni dell’ex Ucraina, a esclusione della Crimea, proclamiamo la costituzione del nuovo stato, erede dell’Ucraina. Abbiamo concordato di denominarlo Malorossija, dal momento che la denominazione di Ucraina si è discreditata”.
Capitale sarà Donetsk, mentre Kiev rimarrà come centro storico-culturale. La bandiera sarà quella di Bogdan Khmelnitskij, l’ataman che nel XVII secolo guidò l’insurrezione contro la dominazione polacca, portando gran parte del territorio ucraino nella compagine dell’impero russo. Zakharčenko ha dichiarato che “DNR e LNR rimangono oggi gli unici territori ucraini, senza contare la Crimea, in cui si è conservato il potere legittimo” e ha sottolineato la necessità, per questi tre anni, di introdurre lo stato d’emergenza, al fine “ di evitare il caos. In questo periodo sarà vietata l’attività di qualsiasi partito; verranno condotte indagini e saranno chiamati a rispondere i responsabili dei crimini a Odessa, a majdan e nel Donbass. Questa è l’unica soluzione che permetterà di fermare la guerra”.
Il leader della DNR ha parlato anche di “un piano di reintegrazione del paese” e, insieme al programma di “unificazione dei popoli del Donbass”, ha proposto “a tutti gli abitanti dell’Ucraina l’uscita dalla guerra attraverso la ricostituzione pacifica del paese”. Ovviamente, ci sono delle condizioni: questo piano “deve essere appoggiato dagli abitanti stessi dell’Ucraina. Noi” ha detto Zakharčenko, “abbiamo già condotto consultazioni coi rappresentanti politici ed economici delle regioni”, in attesa del sostegno della comunità internazionale. Questa è la nostra prima e ultima proposta”, ha concluso Zakharčenko, che ha anche dichiarato a Komsomolskaja Pravda che ben 19 regioni ucraine, la stragrande maggioranza, hanno sottoscritto il progetto e che, nella visione della leadership di DNR e LNR, la nuova entità dovrà abbracciare i confini dell’Ucraina attuale. Il Donbass, ha detto il leader della DNR, non rientrerà mai più nell’Ucraina, ma questa potrà unirsi al Donbass.
Il Ministro delle finanze della DNR, Aleksandr Timofeev, ha dichiarato “la Costituzione della Malorossija è in fase di elaborazione da parte di una Assemblea costituente e che verrà sottoposta a referendum popolare”. La Costituzione fisserà lo status della Malorossija al di fuori dei blocchi, ma questa, ha detto Timofeev, è orientata a stabilire legami con Mosca e unirsi alla Stato unitario Russia-Bielorussia.
All’annuncio di Aleksandr Zakharčenko, Petro Porošenko ha detto che il progetto insidia “il ripristino della sovranità su Donbass e Crimea”, mentre Berlino e Parigi esigono che Mosca condanni la decisione di DNR e LNR. Secondo la Germania, la soluzione del conflitto in Ucraina può “essere raggiunta solo con le trattative. Ciò presuppone l’adempimento degli accordi di Minsk”. Praticamente identica la presa di posizione francese (Berlino, Parigi, Mosca e Kiev formano il cosiddetto “quartetto normanno”, che nel 2015 aveva sottoscritto il “Minsk-2”) che invita Mosca a condannare il progetto della Malorossija. Da Donetsk fanno però notare che questo non contraddice in alcun modo i presupposti degli accordi di Minsk, cambiando solo la denominazione del soggetto. E’ semmai vero il contrario, come nota Julija Vitjazeva su News Front: Kiev non ha mai avuto e non ha intenzione di rispettare quegli accordi e la firma in calce apposta dai partner occidentali è una pura formalità, mentre passa il tempo e le persone continuano a morire.
Forse non casualmente, l’annuncio di Zakharčenko segue di poche ore la dichiarazione di Petro Porošenko, secondo cui Kiev farà di tutto per ristabilire “l’integrità territoriale e la sovranità della Moldavia”, infranta “25 anni fa e che comporta pesanti conseguenze per centinaia di migliaia di persone in Transnistria”. Il primo golpista ucraino ha fatto la sua dichiarazione nel corso della conferenza stampa, a conclusione dell’incontro con il primo ministro moldavo Pavel Filip.
L’uscita di Porošenko – non a caso con la stessa formula di “integrità territoriale e sovranità” usata a proposito di Ucraina e Donbass – non è che un altro tassello dell’isteria antirussa, dato che la Repubblica di Transnistria, riconosciuta solo da Mosca, rappresenta anche uno dei maggiori contrasti tra presidente moldavo Igor Dodon, favorevole a una maggiore integrazione col mercato russo e il primo ministro Pavel Filip, fautore dell’integrazione nella UE. Riguardo alla Transnistria, mentre Dodon e il Partito socialista si esprimono per una federalizzazione del paese, col reintegro della Tansnistria, con uno status speciale, nella compagine moldava, Pavel Filip è contrario a ogni forma di autonomia di Tiraspol da Kišinëv e, a maggior ragione, alla piena indipendenza dalla Moldavia, vista dalla leadership di Transnistria quale primo passo per l’unione con la Russia. E perché quelle di Porošenko non rimanessero solo parole, Kiev consente ora alle guardie confinarie moldave di entrare in Ucraina e controllare l’accesso di frontiera di “Kučurgan-Pervomajsk” tra Ucraina e Transnistria, insieme a rappresentanti confinari della EUBAM; questo nonostante che la Costituzione ucraina vieti la presenza di militari stranieri sul proprio territorio: ovviamente, quando non si tratti di truppe NATO. In tal modo, hanno dichiarato a Tiraspol, l’Ucraina, dal ruolo di mediatore (colloqui diretti Moldavia-Transnistria, con la mediazione di Russia, Ucraina, Osce e la presenza di osservatori USA e UE), passa a quello di parte in causa nel conflitto “congelato” dal 1992. In segno di riconoscenza verso Kiev, Filip ha balbettato una sorta di smentita delle dichiarazioni di Mosca circa il blocco economico, politico e delle comunicazioni della Transnistria da parte di Kiev e Kišinëv.
Da oriente a occidente, insomma, è sempre la Russia che attenta agli interessi ucraini: qua con i “terroristi” del Donbass, là coi “separatisti” di Tiraspol, come se non bastassero le pretese territoriali di Varsavia, Budapest, Bucarest, Bratislava, che rischiano di ridurre Kiev a “capitale” di se stessa. Dunque, per alleggerire la pressione almeno su un fianco e facilitare la soluzione della questione, a Kiev c’è chi propone un netto taglio del nodo gordiano: si augura alla Russia di estinguersi in quanto entità statale. L’autore della trovata è Georgij Tuka, vice Ministro ucraino per “i territori occupati”. Tuka, che in precedenza aveva parlato della necessità di introdurre la dittatura in Ucraina (come se, oggi, vi fiorisse la democrazia!) ha definito la Russia nemico “terribile” e “perfido” e ha esortato a potenziare le forze militari ucraine. “La variante ottimale per l’Ucraina, e probabilmente per il mondo intero, sarebbe che la Russia cessasse di esistere in quanto stato nella sua forma attuale”.
Per il momento, la variante meno remota pare proprio la frantumazione della Kiev golpista, ridotta al ruolo di polveriera delle forze NATO.
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