Menu

Scontro di potere in Ucraina. Frankenstein-Pravyj sektor si “ribella”

C’è l’accordo. Un accordo di principio. Al terzo giorno dai fatti, mentre gli uomini di Pravyj sektor continuano il picchettaggio del palazzo presidenziale a Kiev, il premier ucraino Jatsenjuk è resuscitato a Washington e ha incontrato il vice Presidente USA Joe Biden: insieme, si sono dichiarati d’accordo sul ruolo satanico di Mosca anche nella sparatoria tra polizia locale e fascisti a Mukačevo.
La prima sarebbe corrotta, al soldo degli oligarchi e, dunque, per assioma, diretta emanazione del Cremlino; i secondi non avrebbero fatto altro che tentare di arrestare tale malefica influenza russa ai confini con l’Ungheria, ora che stanno mordendo il freno in attesa di riprendere le stragi di civili nel Donbass. L’accordo è stato raggiunto a Washington, dove Jatsenjuk si è di nuovo recato – c’era stato nemmeno un mese fa e a Kiev era scoppiata la polemica per le decine di migliaia di dollari da lui spesi nel solo servizio di PR – con la mano tesa; se non riceverà i dollari, quantomeno gli verrà data qualche raccomandazione sulla politica interna; che, quella estera, non è di competenza locale.
<Come arma politica, la Russia tenta di esportare corruzione e oligarchia quali strumenti di politica estera> ha detto Biden. La stessa identica e precisa motivazione utilizzata dal leader di Pravyj sektor Dmitrij Jaroš (che ora rischia di essere privato dell’immunità parlamentare) per giustificare le fucilate dei suoi uomini, da sabato scorso e fino a ieri, a Mukačevo: <I combattenti hanno usato le armi solo per tentare di bloccare i fiumi di contrabbando alla frontiera e per questo erano stati minacciati dalla mafia locale>. Mafia che, come nel resto dell’Ucraina, non è nata oggi, ma ha potuto prosperare già negli anni passati, allorché, come ha dichiarato al quotidiano Vzgljad il politologo Bogdan Bezpalko, si è creato quel tipo di capitalismo in cui <le perdite si nazionalizzano e i profitti vengono privatizzati dai vari raggruppamenti oligarchici>, negli anni in cui Presidente era Viktor Janukovič e Ministro dell’economia Petro Porošenko.
Gli avvenimenti legati alla sparatoria di Pravyj sektor, continua Bezpalko, rimandano piuttosto alla disputa tra Porošenko e  Nalivajčenko per il controllo sull’esportazione di petrolio e gas: <Se Pravyj sektor avesse davvero voluto lottare contro il contrabbando e la corruzione, avrebbe dovuto andare a Odessa, dove prosperano molto più che nella Transcarpazia> e dove, aggiungiamo noi, sta instaurando il proprio personale controllo il più fidato “amico americano”, l’ex presidente georgiano Mikhail Saakašvili, da poco nominato governatore della regione dal presidente Porošenko.
Che nei fatti di Mukačevo abbia avuto buona parte, accanto a motivazioni più attinenti le lotte di cordata politico-oligarchiche centrali, anche la lotta per il controllo – e non per il suo estirpamento – del contrabbando sembra ormai accettato dalla maggior parte degli osservatori. Tanto più che l’originale posizione geografica della zona, l’ha resa da sempre abbastanza slegata da Kiev e le “famiglie” locali non hanno accettato l’intrusione degli armati venuti da fuori, volessero questi ultimi spartirsi il bottino o frenare il contrabbando. Contrabbando che, per limitarsi al solo traffico delle sigarette, alcune fonti oggi valutavano in questi termini: un carico di “bionde” spedito dall’Ucraina all’Italia (toh!) dà 470mila euro puliti (considerate cioè anche le mazzette alle frontiere) e dall’Ucraina partirebbero da 3 a 5 carichi a settimana. Pravyj sektor vorrà anche lottare contro la corruzione, ma si deve pur attrezzare per pagare i suoi uomini e rifornirsi di  armi, oltre quelle che Varsavia e Washington inviano tanto sollecitamente. 
Comunque, che il contrabbando e la corruzione c’entrino solo parzialmente, lo dicono anche questi fatti: Mikhail Lanjo, il principale “accusato” da parte di Pravyj sektor per il contrabbando in Transcarpazia, fa parte della frazione parlamentare “Volontà del popolo”, capeggiata da Igor Eremeev, proprietario del gruppo industriale “Kontinuum”, in affari con la cerchia di Porošenko e in contrasto con l’altro oligarca Igor Kolomojskij. Alla Rada, il vice presidente della frazione “Blocco Porošenko”, Aleksej Gončarenko si è opposto alla costituzione di una commissione d’inchiesta sui fatti di Mukačevo, come richiesto da altre forze e, a differenza dei sostenitori di Jatsenjuk, accusa di tutto Pravyj sektor <che usa le armi contro i propri concittadini, a 1.500 km dal fronte>, dove invece, evidentemente, ci sono “invasori stranieri”. <E’ un’infamia di fronte al mondo> ha detto Gončarenko <usare le armi alla frontiera occidentale>: non lo è affatto usare razzi e mortai contro i civili alla frontiera con la Russia!
Come che sia, le azioni e le dichiarazione di Pravyj sektor sono chiare: <Buttar giù Porošenko è pienamente possibile, nonostante che quest’anno sia meno verosimile che non l’anno scorso, quando solo la manifesta viltà di Jatsenjuk impedì il colpo di stato>. Che Jatsenjuk sia dalla parte di Pravy sektor (e viceversa) si è visto una volta ancora ieri, allorché il premier ha dichiarato che le accuse della formazione neonazista all’indirizzo della polizia, di essere legata al contrabbando e alla corruzione, sono pienamente fondate.
E, al di là della contrapposizione armata tra cordate oligarco-politiche, balzata in primo piano coi fatti di Mukačevo, alcuni osservatori mettono in rilievo anche la non remota possibilità della nascita di una Repubblica popolare transcarpatica, con la partecipazione di Pravyj sektor. Secondo il colonnello-generale ucraino Vladimir Ruban, citato oggi da  Novorossija, <gli attori di questa contrapposizione armata cominciano ad alimentare un contrappeso al conflitto all’est. Pravyj sektor, pur fuori della legge, ci sta difendendo, mentre i legislatori, per legge, ci derubano e non ci permettono di legalizzare le armi. Le armi devono stare in ogni casa, accanto al frigorifero. La situazione in Transcarpazia e in generale nel paese è indicativa. Coloro che hanno rubato, ora hanno paura di perdere ciò che hanno accaparrato> Non a caso, già sabato scorso, all’inizio della sparatoria al confine con l’Ungheria, rappresentanti di Pravyj sektor avevano parlato di voler dar vita a una “Repubblica del popolo”: evidentemente a modo loro e secondo gli intendimenti del colonnello Ruban! L’ipotesi non è affatto giudicata peregrina, considerata sia la posizione geografica della regione – ai confini con Ungheria, Slovacchia e vicina a Romania e Polonia – sia la composizione etnica della popolazione, in cui una larga percentuale di russi convive con ucraini, slovacchi, polacchi e ungheresi. Quante decine di migliaia di giovani si sono sottratti alla coscrizione e, pur di non andare a combattere nel Donbass, sono espatriati in Ungheria! Resterebbe a vedere quali forze potrebbero avere la meglio e quale carattere potrebbe assumere tale “Repubblica del popolo”.
E se fuori dall’Ucraina si comincia a parlare di Pravyj sektor e dei battaglioni “volontari” – il cui “romanticismo” ci è stato inoculato anche dalla nostra stampa di regime – come di un Frankenstein creato a Washington e Bruxelles e che ora non si riesce a fermare, c’è da chiedersi se veramente si intenda fermare il mostro, che può risultare utile per perfezionare le lotte intestine all’entourage golpista. In fondo, la “infamia di fronte al mondo” che teme Gončarenko, non preoccupa così tanto a Ovest, dove l’Ucraina non è che un mezzo a proprio uso e consumo. Hanno voglia, oggi, i deputati della Rada, di prendersi a pugni e di gridare che, a causa <della banda armata di Pravyj sektor, in Europa guardano all’Ucraina come alla Somalia, alla Siria, alla Libia>. Cos’è oggi l’Ucraina di euromajdan?

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *