L’intreccio di interessi speculativi e incapacità istituzionali nella vicenda del palazzone sgomberato a Roma, potrebbe diventare un caso di accademia, con l’aggravante di una irresponsabilità che avrebbe potuto scatenare una nuova e lacerante guerra tra poveri proprio nelle zone terremotate del reatino.
Mercoledi mattina in Prefettura (alla vigilia dell’operazione di ieri) si era tenuta una riunione del Comitato Provinciale per la Sicurezza e l’Ordine Pubblico. Alla riunione, oltre alla Prefetta di Roma, Basilone, hanno partecipato il comune con l’assessore al patrimonio e alle politiche abitative (ormai con un piede fuori dalla giunta comunale, in serata verrà dimesso dalla sindaca Raggi, ndr), e il Segretario generale della Regione. L’oggetto dell’incontro era trovare una soluzione all’”emergenza” creata con lo sgombero del palazzone di Piazza Indipendenza proprio dalle decisioni adottate nei giorni precedenti dalle autorità riunite intorno al tavolo in Prefettura.
A fare pressioni per lo sgombero del palazzo era IDEA Fimit S.G.R., la società che ha in gestione l’immobile.
Nel 2011 la Sgr immobiliare, Idea Fimit, lo aveva acquistato per 75 milioni da una società che curava la liquidazione della Federconsorzi. Le Sgr sono le cosiddette Società Gestione Risparmio prosperate come funghi con la finanza creativa e le cartolarizzazione degli immobili, anche pubblici. I 75 milioni con cui la società ha comprato il palazzone (nove piani più due interrati) provengono da uno dei fondi gestiti da Idea Fimit: il Fondo Omega, sottoscritto da investitori istituzionali e da fondi pensione (fra i quali quello dei dipendenti Sanpaolo). Il progetto era quello di ristrutturare l’edificio, per ospitare centri direzionali di aziende italiane ed estere o anche un grande albergo, ma il progetto va in porto e il palazzone resta vuoto e inutilizzato fino all’ottobre del 2013 quando viene occupato – in questo caso – da rifugiati provenienti dal Corno d’Africa in possesso di permesso di soggiorno e asilo politico. Nello stesso giorno, i movimenti di lotta per la casa occupano anche altre palazzine abbandonate in diversi quartieri della Capitale, la giornata di lotta verrà ribattezzata “Tsunami tour”.
Per avere un’idea di chi stiamo parlando, occorre sapere come si muove la Sgr Idea Fimit. Nel 2012 Idea Fimit si e’ aggiudicata la gara indetta dall’Ama, l’azienda che gestisce i rifiuti di Roma, per la gestione di parte del proprio patrimonio immobiliare. Idea Fimit gestira’ un patrimonio costituito da 56 immobili, tutti situati nell’ambito territoriale del Comune di Roma, con destinazione prevalentemente d’uso uffici, del valore complessivamente stimato tra i 140 ed i 160 milioni di euro. Idea Fimit sgr nell’aprile del 2016 acquista e affida al nuovo fondo da lei gestito, il Fondo Trophy Value Added, due immobili in pieno centro storico a Roma ceduti dal gruppo Scarpellini. Si tratta di uno dei cosiddetti “Palazzi Marini”, un immobile cielo-terra di oltre 8.500 mq, situato tra via del Pozzetto e Piazza San Silvestro, e dell’ex Hotel Bologna di via Santa Chiara, circa 5.500 mq a ridosso del Pantheon e utilizzato dalla Camera dei Deputati. Non solo la Idea Fimit come gestore del fondo Milan Developent 1 di GWM Group, a luglio di quest’anno ha acquistato il progetto e dell’area sulla quale sorgerà la nuova sede di Eni a San Donato Milanese ed aveva sottoscritto un contratto preliminare con Edison per la vendita e il riaffitto della sede milanese di Foro Buonaparte 31 e 35, operazione da 272 milioni di euro. Insomma stiamo parlando di speculatori immobiliari di carriera che acquistano, vendono, incassano plusvalenze o rifilano perdite a chi investe con loro.
Recentemente la Idea Fimit sgr ha affittato alla Sea Servizi Avanzati l’immobile di Roma (da cui però dichiara di non aver percepito alcun compenso, essendo l’edificio occupato). Il Comitato per l’ordine e la sicurezza convocato dal prefetto Paola Basilone riunito mercoledi, aveva deciso che sarebbe stata la società che gestisce l’edificio sgomberato, la Sea Servizi Avanzati, a garantire alle persone che vivevano in via Curtatone un alloggio per sei mesi, senza costi per il Comune.
Ma le abitazioni in questione si trovano nella zona di Rieti e non a Roma. Una proposta che ogni persona di buon senso avrebbe scartato, sia come destinatario sia come amministratore di un territorio. Pensate infatti quale sarebbero state le reazione al trasferimento di un’intera comunità di rifugiati in degli alloggi situati in un territorio (Rieti) i cui abitanti, proprio a distanza di un anno dal terremoto, si trovano ancora senza casa. Una decisione che avrebbe innescato una devastante e lacerante guerra tra poveri tra rifugiati e terremotati, uno sguazzo per razzisti, destra e “spiriti animali” di ogni risma. Il Comune dal canto suo ha messo a disposizione temporaneamente 80 posti (per 60 uomini e 20 donne) nelle strutture Sprar di accoglienza di Torre Maura e Boccea (adibite ai rifugiati che arrivano con i barconi e inserite nei piani di emergenza nazionale per l’accoglienza) che avrebbe assicurato ospitalità solo ad una parte dei rifugiati accampati all’esterno della struttura. La stessa polizia nel 2014 aveva “censito” 566 persone che vivevano nel palazzone occupato.
I rifugiati nel frattempo sgomberati e accampati nei giardini di piazza Indipendenza, rifutando questa proposta (che tra l’altro avrebbe diviso i nuclei familiari con minori) in questo hanno dimostrato maggiore lungimiranza delle autorità e delle società immobiliari .
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