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Covid 19. Boom di polmoniti prima dell’emergenza. A Bergamo la Procura vuole vederci chiaro

La magistratura di Bergamo vuole vederci chiaro sul boom di polmoniti registrato in quella zona tra dicembre e gennaio. I magistrati stanno indagando su come hanno reagito le autorità sanitarie regionali e ospedaliere di fronte all’anomalo picco di infezioni polmonari ed hanno acquisito le circolari emanate dal ministero con i criteri scelti per procedere con il tampone e quindi individuare i casi di coronavirus.

Nelle linee guida del 22 gennaio si raccomandava di considerare un caso sospetto anche “una persona che manifesta un decorso clinico insolito o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato senza tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio, anche se è stata identificata un’altra eziologia che spiega pienamente la situazione clinica”.

Nella circolare emessa invece cinque giorni dopo, il 27 gennaio, i casi sospetti, oltre ai sintomi dovevano anche avere “una storia di viaggi nella città di Wuhan (e nella provincia di Hubei), Cina, nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia” oppure aver “visitato o ha lavorato in un mercato di animali vivi a Wuhan e/o nella provincia di Hubei, Cina”. Quindi chi non era stato nell’Hubei non doveva essere ritenuto un malato sospetto di coronavirus.

Ma, da alcuni dati, emerge come dei segnali di una anomala impennata di infezioni polmonari si fossero verificati nella bergamasca quando il mondo ancora ignorava del tutto il nome e l’esistenza del coronavirus.

Tra novembre e gennaio infatti ci sono state 110 polmoniti “sospette” all’ospedale di Alzano Lombardo, finito poi al centro dell’inchiesta della Procura di Bergamo, che indaga sulla gestione del pronto soccorso durante l’emergenza Coronavirus.

Stando ai dati, le polmoniti sono state 18 a novembre, per poi passare alle 40 di dicembre e altre 52 a gennaio.

Dal confronto tra i ricoveri del 2019 e quelli del 2018 emerge inoltre che sono state “196 le polmoniti non riconosciute nel 2018, 256 tra gennaio e dicembre 2019”. Il 30% in più. Su questi dati, riferisce il quotidiano L’Eco di Bergamo, sta investigando la locale Procura “sia per indagare sulle procedure messe in atto all’ospedale di Alzano Lombardo nei giorni roventi dell’emergenza, sia per ricostruire se e come sono sfuggiti questi casi sospetti”.

Già a maggio alcuni medici di famiglia avevano reso pubbliche le anomalie che avevano registrato tra la fine dello scorso anno e quello in corso. “A noi medici di famiglia lombardi sono capitati tanti casi strani già da gennaio. Abbiamo pensato che potesse essere o una complicazione dell’influenza per i non vaccinati oppure che il vaccino non avesse funzionato bene in alcune persone. Il sintomo principale era una tosse micidiale” ha dichiarato in una intervista Pietro Poidomani, medico di famiglia del comune di Cividate al Piano, nella bergamasca, un dei comuni flagellato dal Covid-19.

Il dott. Poidomani è stato tra i primi a raccontare che il Covid da quelle parti aveva fatto la sua apparizione ben prima del fatidico 20 febbraio: c’era già da metà gennaio, se non da prima. “Sono il medico di Cividate più anziano, lavoro qui da 35 anni: conosco le persone e in questi contesti le cose strane si notano subito”.

Ad allarmare il medico era stata questa tosse che in alcuni soggetti non andava mai via: “Durava anche una settimana, dieci giorni e non si riusciva a risolvere in nessun modo. Nel dubbio quelli che sembravano più gravi li abbiamo mandati a fare delle radiografie al torace da cui emergevano quei segni tipici della polmonite interstiziale. Li abbiamo curati come avremmo curato qualsiasi altra polmonite”.

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