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Alessandro Dal Lago, un ricordo militante

Alessandro è stato uno studioso affermato dell’Università di Genova ma è stato – per molti di noi che hanno avuto la fortuna di leggere i suoi numerosi lavori editoriali – un compagno attento e rigoroso a tematiche e snodi teorici e culturali che sono stati centrali nel dibattito politico degli ultimi decenni.

I suoi studi hanno spaziato ed indagato a fondo il tema della migrazione/immigrazione, i processi di trasformazione autoritaria dello stato,  delle sue istituzioni e delle relative politiche disciplinari particolarmente l’aspetto dei “fronti interni” come condizione speculativa a quella rappresentata dall’ aggressione verso l’esterno (le guerre!).

Tra i meriti di Dal Lago c’è quello di aver reso “popolare e fruibile” l’elaborazione di Michel Foucault – senza scadere nella banalizzazione – la quale resta un punto fermo per comprendere la pervasività molecolare dei dispositivi di repressione, di controllo sociale e di annichilimento delle molteplici dissonanze contraddittorie che si producono continuamente nelle moderne società capitalistiche.

Dal Lago ha dispiegato le sue elaborazioni lungo l’arco di diversi decenni, collaborando a numerose riviste che hanno contribuito alla storia del pensiero critico nel nostro paese (da AlfaBeta a Aut/Aut fino ad interventi su testate e siti di organizzazioni comuniste ed anticapitaliste) senza il timore di scontrarsi con l’ingessata accademia di una “sinistra” sempre più integrata e compatibilizzata al pensiero unico dominante e all’adorazione acritica del “mercato”.

Mi piace ricordare come, da compagno militante, ho apprezzato molto ed ho – soprattutto – imparato dalle sue disamine relative a fenomeni come quello del “tifo ultras” o del “decoro urbano”, che costituiscono due tematiche forti della narrazione contemporanea del nostro tempo e degli stili di vita metropolitani.

Ricerche ed approfondimenti mai impressionistici o, tantomeno, eclettici ma sempre ancorati ad un lavorio di indagine ed inchiesta sul campo capace di cogliere aspetti complessi ed inediti che, puntualmente, sfuggono all’informazione deviante del capitale e dei suoi variegati cantori apologetici.

Infine mi pare utile sottolineare come Alessandro Dal Lago – qualche anno fa – nel momento in cui veniva costruito concretamente il personaggio/mito di Roberto Saviano attraverso un uso ed un intreccio perverso e fuorviante delle questioni attinenti la devianza, la spettacolarizzazione dell’antimafia e di una nuova forma feticistica ed assolutizzante delle categorie della “giustizia” seppe, attraverso un libro, autenticamente controcorrente, (Eroi di Carta) destrutturare tale vergognosa operazione attirandosi – ovviamente – le ire e gli strali dell’establishment della nostra Italietta.

Per cui, riposa in pace Alessandro. Hai saputo lasciare una traccia ed un ricordo utile nella tua vita.

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3 Commenti


  • Eros Barone

    In occasione della sua scomparsa desidero rinnovare, anche se il mio punto di vista è diverso dal suo, tutto il mio apprezzamento per il ‘pamphlet’ che Alessandro Dal Lago, studioso dei processi culturali e sociologo, ebbe a dedicare in tempi non sospetti – correva l’anno 2010 – agli “Eroi di carta”: una stroncatura impietosa di “Gomorra”, il ‘bestseller’ sulla camorra che ha spopolato, a livello mediatico, in questi ultimi anni. Nell’ambito della cultura di estrazione marxista, solo Alberto Asor Rosa aveva avuto il coraggio di espungere Saviano dalla sua “Storia europea della letteratura italiana”, ma con “Eroi di carta” Dal Lago sviluppava una demistificazione critica impietosa di quel ‘bestseller’, entrando nel merito, decostruendo e ricostruendo quel testo, individuando le forzature stilistiche e le incongruenze logiche, denunciando la confusione tra l’io narrante, l’io autore e l’io reale e dimostrando, attraverso un’analisi sia formale che contenutistica, la natura culturalmente di destra dell’opera di Saviano.
    Perciò, la critica demistificante di Dal Lago dimostrava non solo che il mito costruito su Saviano è un mito ritagliato su un “eroe di carta”, non solo che è un “cattivo scrittore”, ma anche, e tale verità va ribadita, che è il rappresentante di un banale populismo e di un altrettanto banale moralismo, per nulla riscattati da quella vocazione ecumenica che ha spinto non pochi esponenti della sinistra, sprovveduti o in malafede, ad esaltare questo “eroe di carta”. Sennonché il limite più grave di “Gomorra” è l’impoliticità che emerge dalla rappresentazione semplicistica della camorra come male assoluto, limite che legittima la vanificazione di ogni responsabilità politica (Saviano non elogiava forse il ministro Maroni, uno dei personaggi più detestabili fra quelli che hanno rivestito la carica di ministro degli Interni?). Ecco perché non si poteva, e non si può non condividere la sacrosanta reazione di Dal Lago di fronte alla retorica “anestetizzante e distraente” sull’eroismo profusa a piene mani dall’autore di “Gomorra”. Ecco perché Dal Lago si chiedeva giustamente: “Non ci sono bastati i Borrelli e i Di Pietro?”.
    “Le mafie,” concludeva Dal Lago, memore della massima brechtiana secondo cui fondare una banca è un crimine peggiore di quello che si compie svaligiandola, “hanno un enorme potere. Spadroneggiano nei loro territori, fanno affari con le aziende e le banche, si ramificano nel resto del paese, si espandono all’estero. E in qualche misura influenzano il potere politico. Ma non sono il potere. Quand’anche le mafie fossero ridotte all’impotenza, il bel paese continuerebbe ad essere governato da altri poteri, meno sanguinari e pestiferi e non di meno decisivi”.


  • ANNA

    “Eroi di carta” ha contribuito ad estendere ed approfondire la mia ripulsa per il personaggio Saviano. Sono molto addolorata per la morte di Dal Lago


  • Johnny

    Onore al Compagno deceduto.

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