Fascismo è guerra: analogie con il nostro presente
Mussolini scrisse: “Il fascismo respinge il pacifismo che nasconde una rinuncia alla lotta, una viltà, di fronte al sacrificio. Solo la guerra porta al massimo di tensione tutte le esigenze umane e imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che hanno la virtù di affrontarla”
Con il regime fascista il pacifismo doveva sparire
Il fascismo non nascose mai la sua natura e il suo volto bellicista e militarista e di conseguenza guerrafondaio. Poche citazioni sono sufficienti per ricordare il rapporto tra il fascismo e la guerra. Già nel 1919 Mussolini scriveva su Il Popolo d’Italia che l’imperialismo è la legge eterna e immutabile della vita. Mussolini diceva: “Nel dilemma burro o cannoni, dilemma superlativamente idiota, noi abbiamo già fatto la nostra scelta: i cannoni”.
Un incredibile odio e una repulsione viscerale del fascismo contro ogni forma di pacifismo attuato dai pacifisti contro le guerre
All’agente inglese Samuel Hoare nel 1918, il duce dichiara: “Mobiliterò i militanti a Milano ed essi romperanno la testa di tutti i pacifisti che oseranno tenere nelle strade comizi contro la guerra”.
Con il regime fascista il pacifismo doveva sparire. Mussolini stesso nell’enciclopedia Treccani scrisse: “Il fascismo respinge il pacifismo che nasconde una rinuncia alla lotta, una viltà, di fronte al sacrificio. Solo la guerra porta al massimo di tensione tutte le esigenze umane e imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che hanno la virtù di affrontarla”.
Per il fascismo la guerra è una virtù. Per i pacifisti è uno dei crimini più abominevoli contro l’umanità intera
La guerra infatti come valore positivo fu una delle idee guida del fascismo e lo stesso dittatore non dismise mai il suo amore per la guerra, tanto da affermare nel corso stesso del conflitto che la guerra è la cosa più importante nella vita di un uomo, come la maternità in quella della donna.
Lunga fu l’opera del regime per la penetrazione dell’ideologia aggressiva e bellicista della coscienza popolare.
Il militarismo fascista diventava indottrinamento nelle scuole anche con l’ideologia suprematista della “gioventù balilla”
Il militarismo fascista produce tra l’altro la legge per la preparazione militare del paese.
Si stabiliva per esempio, che l’addestramento militare avesse inizio a partire dagli otto anni; si costituiva un ispettorato per la formazione del cittadino soldato e si rendeva obbligatorio l’insegnamento della subcultura militare nelle scuole.
La militarizzazione espansionista e colonialista delle guerre fasciste
La rivista antimilitarista e pacifista “La Pace” durante il fascismo fu persino tolta dalle biblioteche pubbliche. Il fascismo subito fa propria e rivendica la tradizione colonialista italiana. L’orientamento espansionista e militarista è uno dei cardini fondanti del fascismo, “paradossalmente proprio mentre gli altri imperi coloniali minati dai movimenti di liberazione stanno avviandosi sulla via del tramonto” Angelo Del Boca, Gli italiani, pagina 877.
Alcuni cardini fascisti: una grande carica aggressiva, una lunga esperienza delle pratiche di genocidio, il disprezzo per i popoli di colore
Durante il fascismo tra l’altro qualsiasi espressione anticoloniale veniva anche schernita come “simpatia per i barbari”. “Dimenticata da tempo immemorabile la lezione del Risorgimento, lo Stato liberale affidava al fascismo altre eredità non trascurabili: una grande carica aggressiva, una lunga esperienza di pratiche del genocidio, il disprezzo per i popoli di colore, programmi ambiziosi già definitivi nei dettagli, legioni di predicatori dell’espansionismo, i quadri militari amministrativi per le future imprese coloniali.
La dittatura fascista e la supremazia militaresca coloniale
Il fascismo, che pure disprezzerà il lassismo e le rinunce della liberaldemocrazia, non avrà invece nulla da inventare in campo coloniale che lo Stato liberale non abbia già inventato e messo in pratica. Sarà solo più efficiente grazie ai meccanismi della dittatura, alle nuove armi belliche illecite e proibite, ai nuovi mezzi di comunicazione e di propaganda, all’adesione delle masse al mito di un posto al sole. Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa orientale, pagina 280.
Il duce respingeva e puniva aspramente qualsiasi forma di diserzione e di opposizione e obiezione alla guerra
“Per far grande un popolo – dice Mussolini a Ciano che annota in data aprile 1940 – bisogna portarlo al combattimento, magari a calci nel sedere. Così farò io. Non dimentico che nel 1918 in Italia c’erano 540.000 disertori” Ciano G, Diario 1937/1943, Milano 1980, pagina 418.
Con la decisione di conquistare l’Etiopia, Mussolini riprendeva la vecchia e sconfitta aspirazione di Crispi. La poderosa macchina della propaganda del regime, senza alcun contraddittorio, riesce a trasformare una brutale aggressione coloniale in necessaria guerra patriottica.
L’espansione coloniale innata nella volontà di dominio e aggressione del regime fascista
L’Etiopia è l’ultima conquista coloniale della storia e la prima iniziativa di guerra di una potenza europea dopo la prima guerra mondiale. L’avvio di una serie di conflitti che porteranno alla seconda guerra mondiale. L’espansione coloniale era insita nella natura del regime fascista.
La guerra segnerà il culmine del consenso per il regime, ma pure l’inizio del declino e della rovina anche per l’Italia.
Le donne contro la guerra
Nel secondo dopoguerra, si rafforza un impegno contro la guerra sempre più rilevante e capillare
Il fascismo aveva educato le donne a fare i figli per la guerra, invece le donne i figli devono farli per la pace e per un mondo migliore.
Nel secondo dopoguerra, si rafforza un impegno contro la violenza bellicista sempre più rilevante e capillare
Il fascismo aveva imposto alle donne di fare figli per la guerra, invece le donne i figli devono farli per la pace e per un mondo migliore.
Le donne con le loro organizzazioni di massa, come UDI – unione donne italiane, in primo luogo furono le prime nell’immediato secondo dopo guerra ad assumere la difesa della pace quale bene supremo ed attivarsi con un multiforme impegno.
Per l’UDI la centralità della questione della pace è posta nel secondo congresso nazionale a Milano nel 1947 quando i lavori congressuali si chiudono proprio con un comizio per la pace al Castello Sforzesco.
Nel secondo dopoguerra anche l’ONU partecipa all’impegno dei pacifisti per un mondo libero da nazionalismi e suprematismi fascisti
Si rafforza così un impegno contro la guerra sempre più rilevante e capillare, diffuso in tutto il paese. Da ricordare nel novembre 1947 la settimana della pace e la giornata della pace nel 1948. Nel secondo dopoguerra, l’impegno delle donne è caratterizzato dalla raccolta delle firme per abolire la guerra. Alla fine della campagna saranno oltre 3 milioni di firme consegnate al presidente della Repubblica De Nicola nel corso delle importanti assise della pace a Roma e poi a Benjamin Cohen segretario generale dell’ONU a Parigi da una delegazione giunta dall’Italia.
Donne di ogni estrazione sociale contro le guerre e per il disarmo
Alla campagna per la pace, le donne si sono dedicate come a una missione – scrive su L’Unità del 13 marzo 1948 Marisa Rodano – ne sono prova le centinaia di migliaia di firme raccolte. Dai più piccoli paesi di montagna ai grandi agglomerati urbani, casa per casa, villaggio per villaggio. Ne sono una prova le imponenti manifestazioni avvenute in tutta Italia in quei mesi, che hanno riunito in un appassionato dibattito intorno al problema dell’abolizione della guerra, donne di tutti i ceti, di tutte le condizioni, di tutte le categorie.
Il movimento di popolo pacifista con a capo le donne per affermare con coraggio il diniego alla violenza guerrafondaia
È la prima volta che si sviluppa nel nostro paese un così grande movimento di popolo di cui le donne sono iniziatrici e dirigenti. Corteo di donne a Milano e assise di Roma: la più grande manifestazione femminile nazionale per la pace dove sfilano con una coreografica manifestazione le bandiere della pace e ben 50 mila delegate giovani e anziane, operaie e contadine, massaie e intellettuali.
Sono rappresentanti di milioni di altre donne, della maggioranza delle donne di Italia; esse venivano a Roma per testimoniare a tutto il paese della loro raggiunta maturità politica e della loro decisa volontà di lottare per il mantenimento della pace.
Contro ogni guerra l’impegno è diffuso e capillare
Si mettono in atto variegate e creative iniziative da un capo all’altro della penisola, manifestazione di vedove di guerra, corone ai monumenti ai caduti e sulle lapidi di partigiani, cucitura e inaugurazione di bandiere della pace, convegni e incontri, comizi e poi le postine della pace e le visitatrici della pace.
La bandiera pellegrina della pace. Le fiaccolate per la pace e anche le borse di studio per la pace
L’8 marzo del 1950 è celebrato in tutta Italia con iniziative a sostegno della campagna sui cinque punti del comitato mondiale della pace e della “Lettera a Einaudi” con la quale si chiede al presidente della Repubblica che le forze di polizia in servizio alle manifestazioni di lavoratori non siano dotate di armi da fuoco, visti i ripetuti eccidi di lavoratori a Melissa, a Torremaggiore, Montescaglioso a Modena eccetera.
Un ruolo diverso per le donne: il grande impegno pacifista e disarmista
La pace era una condizione per costruire il paese, ma anche per le donne, per poter avere un ruolo diverso in una società diversa. Prima di questa mobilitazione contro i patti di guerra, le donne avevano partecipato all’iniziativa lanciata dall’UDI alla fine del 1947 con le donne per una grande crociata di pace. Sono state raccolte in Italia 3 milioni di firme di donne per il disarmo e per mettere fuori legge le armi nucleari. Le firme raccolte nel corso di questa campagna sono poi state portate all’ONU da una delegazione di donne.
E soprattutto la voglia della pace, della possibilità di vivere in una società in cui i conflitti fossero risolti non con le guerre. E si ricordino le famose bandiere iridate, quelle a strisce colorate con la colomba di Picasso.
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