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Candidate sindaco. Stereotipi o punto di vista alternativo

In questo articolo del Corriere della Sera vengono riportate anche le interviste a Bianca Tedone – Candidata sindaco Potere al popolo Milano e a me a proposito di cosa significhi essere giovani e donne in politica.

Per noi di Potere al Popolo la politica è un elemento di emancipazione e riscatto individuale e collettivo, un riscatto ancora più urgente proprio per i giovani e per le donne che sono i soggetti che stanno pagando più a caro prezzo i costi di questa crisi.

Nell’articolo ho attaccato l’utilizzo delle quote rosa come paravento per pulirsi la coscienza senza accompagnarle ad un reale protagonismo delle donne né a politiche sociali di uguaglianza sostanziale, mentre invece in PaP non solo i nostri organismi sono paritari, ma sono tantissime le compagne in prima fila per difendere gli interessi di tutti gli sfruttati e le sfruttate.

Non è un caso che nella prossima tornata elettorale nelle 5 città metropolitane Potere al Popolo candidi o appoggi 4 donne…

Qui il link all’articolo completo: https://27esimaora.corriere.it/…/candidate-sindache…

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Giovani intraprendenti, oltre gli stereotipi, per diventare sindache. Ma c’è chi deve rinunciare

Vinci: «Per la vecchia politica ero troppo giovane e donna»

A Isernia, Federica Vinci sarebbe stata tra le candidate sindache più giovani d’Italia se non avesse ritirato la sua candidatura due mesi prima delle amministrative di ottobre. Quando si è presentato il civico Piero Castrataro, la copresidente del partito transazionale europeo Volt ha deciso di fare dietrofront. «Io e il mio partito ci siamo posti una domanda – dice–.

Vogliamo fare una battaglia identitaria e portare avanti Federica Vinci che è consapevole di avere solo 28 anni e ha ancora tanta strada da fare oppure dare una chance a Isernia e unire tutta la coalizione intorno a un sindaco che può portare unità al centrosinistra?».

Decidere non è stato facile ma oggi, lo ribadisce senza mezzi termini, la considera la scelta giusta. «Sarebbe stata una battaglia che avrei fatto da sola contro tutti– ammette, – non sarei riuscita a mettere d’accordo la coalizione proprio perché per tutta quella vecchia politica ero troppo giovane e donna». Giovane e donna, pregiudizi sottili che si sgretolano subito a leggere il suo curriculum.

Laureata in amministrazione pubblica internazionale alla Sciences Po a Parigi e Community Organizing ad Harvard, Vinci è stata selezionata dalla Fondazione Obama per partecipare al programma Obama Leader Europe come leader emergente in Europa.

Dopo aver studiato all’estero, torna nella sua città e decide insieme a due ragazzi di parlare con le persone per creare attivismo civico. L’obiettivo: riconnettere la politica ai cittadini e ai loro bisogni. Da tre diventano sette, poi 15, quindi 45. Sono tutti giovani pronti a offrire un’alternativa politica. Vinci è candidata sindaca per tre mesi poi cambia rotta. Si mette da parte e fa la capolista, ma «è stata una scelta di responsabilità».

Clemente: Mi hanno chiesto di fare un passo indietro ma ho detto no

A non voler rinunciare alla corsa elettorale è Alessandra Clemente , 34 anni, avvocata e unica candidata sindaca di Napoli. «Anche a me in questa lunga corsa a Palazzo San Giacomo è successo che altre forze politiche mi chiedessero di fare un passo indietro per favorire uomini e poter vincere contro l’opposizione– ammette –. Noi donne nella politica non siamo rappresentate quanto meritiamo».

Non ci sta Clemente ad assumere ruoli di partecipazione, lei indicata dall’attuale sindaco di Napoli Luigi De Magistris, punta alla leadership. Ha la voce sostenuta quando racconta il motivo per il quale, dopo otto anni come assessora, accetta di candidarsi.

La prima parola che pronuncia è riscatto. Nel 1997 sua madre muore in un agguato criminale di camorra. La sua, lo dice decisa, è la storia della trasformazione di un dolore personale in impegno collettivo, poi sociale, quindi politico. Non lo nega: oltre a chi le attribuisce il valore della concretezza e del merito, c’è chi reputa il suo «un sogno troppo grande in quanto donna e giovane». Etichette già lette.

Neanche le offese sono mancate. Per alcuni avrebbe alterato le immagini dei suoi manifesti con Photoshop. Ma smentisce: «Non ho modificato niente, nessun uomo si è mai dovuto giustificare per una foto–afferma –, noi donne dobbiamo essere giudicate per azioni e pensieri, non per l’aspetto fisico». Il consigliere di Fratelli D’Italia Marco Nonno ha detto che le ricordava «il personaggio dei Muppet, la signorina Piggy».

«Qualcuno vuole esercitare un potere su di noi facendoci credere di essere sbagliate per l’aspetto fisico», aggiunge Clemente. Anche quando ha sostituito De Magistris per assistere alle celebrazioni al giorno della Memoria, si è sentita discriminata. Per l’assessore alla Legalità della Regione Campania, Mario Morcone, al posto del primo cittadino c’era: «una simpatica ragazza bionda». Prima le polemiche, poi le scuse.

Sganga: «C’è un tetto di vetro che impedisce alle donne di raggiungere i vertici»

Eppure gli insulti a Clemente non sono un caso isolato. Anche i manifesti di Valentina Sganga, candidata sindaca del Movimento 5 Stelle a Torino, sono stati imbrattati con un’offesa sessista. Sarebbe successo lo stesso se fosse stata un uomo?

«Sì e no. Se fossi stata un uomo sicuramente avrebbero imbrattato i miei manifesti. Fa parte della campagna elettorale, purtroppo. Come è infatti successo a tanti, Stefano Lo Russo compreso. Però no, non sarebbe successo e non è successo nello stesso modo e con le stesse intenzioni», ci risponde.

«Quello rivolto a me è stato un attacco non perché candidata, ma soprattutto come donna – specifica–, dato che utilizzare parole simili come insulti è doppiamente svilente: si vorrebbe offendere la persona che le riceve e si denigrano anche tutte quelle donne che praticano la prostituzione in una società che la tollera come soddisfazione di “bisogni” del genere maschile. E non dimentichiamoci che troppo spesso molte di queste donne sono solo vittime di sfruttamento e schiavitù».

Valentina Sganga ha 35 anni, una laurea magistrale con lode in Scienze del governo e dell’amministrazione. Adesso, dopo cinque anni come consigliera, vuole «portare avanti il lavoro» fatto della sindaca pentastellata Chiara Appendino perché «un solo mandato non basta».

«Mi rammarica ma non mi sorprende che le candidate sindache siano la minoranza», aggiunge. «Esiste il tetto di vetro che impedisce alle donne di raggiungere posizioni di vertice, sia all’interno dei partiti che delle istituzioni – ammette–, l’inserimento delle quote rosa sta lentamente cambiando questa situazione».

Collot: «In campo per creare un sistema differente e alternativo»

Per Marta Collot, 27 anni, in corsa con Potere al Popolo per diventare prima cittadina di Bologna, le quote di genere rischiano invece di essere «bandiere o foglie di fico». Parla in modo articolato e coinciso quando spiega la sua scelta. «Alla mia generazione viene effettivamente privato il futuro», dice.

La ragione della sua candidatura? «Creare un sistema differente e alternativo». Quella a cui si riferisce è una forza di rottura. Per lei è naturale prendere posizione e scendere in campo. Alle elezioni regionali dell’Emilia Romagna aspirava a diventare governatrice.

Laureata in Conservatorio e in musicologia all’Università di Bologna, musicista e insegnante in una scuola. Di Potere al Popolo è la portavoce nazionale. «Giovane, precaria e dalla parte degli sfruttati», si definisce su Instagram. Perché «la politica la faccio da sempre», sottolinea.

«Le donne di questa classe politica non hanno fatto mezzo passo verso un’uguaglianza sostanziale», critica. L’emancipazione femminile? «Sembra che debba passare attraverso la competizione, la vera uguaglianza non si ottiene calpestando chi è sotto di noi ma con un riscatto collettivo di tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici del Paese».

Tedone: «In Italia lo spazio politico è demonizzato dal maschile»

Critica la competizione tra giovani anche Bianca Tedone, 28 anni, candidata sindaca a Milano e come Collot militante di Potere al Popolo. Laureata in giurisprudenza, studiosa di Filosofia e attiva nel volontariato, Tedone lavora all’Università Statale di Milano. Considera il mondo della formazione e dell’università «privilegiati» quando invece dovrebbero diventare «strumento di emancipazione».

In una precedente intervista con il Corriere della Sera aveva criticato il «femminismo elitario e di comodo». È netta nello spiegarlo: «mi riferivo per esempio a questa questione delle quote rosa nelle società quotate. Parla a pochissime donne privilegiate con uno stipendio stellare, non alla maggioranza che ha un lavoro precario».

Accosta la lotta alle condizioni di vita e materiali delle donne al termine femminismo. «Non mi stupisce più di tanto che in Italia ci siano poche candidate: lo spazio è demonizzato dal maschile», aggiunge. Per Tedone sulle donne ricade il peso dell’emergenza abitativa della carenza dei servizi pubblici, così «si parte in condizioni svantaggiate nella possibilità di prendere parola e attivarsi anche nello spazio politico».

Falavigna: «Il cambiamento per la parità deve partire dagli uomini»

Anna Falavigna, 33 anni, candidata sindaca con la coalizione civica Insieme a San Giovanni Lupatoto, comune di 25mila abitanti in provincia di Verona, preferisce invertire il punto di osservazione. «Il cambiamento per la rappresentanza delle donne nella politica deve partire dagli uomini: ci sono loro adesso– dice–, devono dare spazio, proporle e spingerle». Così è successo a lei.

Lo chiama «padre politico» Remo Taioli, l’ex sindaco de La Margherita che le «ha insegnato tutto». Consigliera comunale dal 2017, inizia la corsa elettorale grazie al supporto di molti uomini, ribadisce. «Le donne devono imparare a buttarsi. Nella ricerca di eventuali consigliere ho notato un po’ di diffidenza: gli uomini non hanno mai dubbi sull’essere all’altezza – dichiara–, la maggior parte delle donne con cui parlo invece ha una serie di perplessità eppure sono persone laureate e impegnate nel lavoro. Bisogna che si autoconvincano di essere in grado».

Avvocata e mamma, Falavigna ammette di aver ricevuto alcuni suggerimenti «maschilisti» per attirare consensi: «Mi hanno detto: ‘dillo che sei madre, le donne che devono far conciliare lavoro e famiglia si fideranno di più di te’». Tra le righe c’è una sorta di rivalità al femminile, aggiunge ed esorta: «dovremmo imparare dagli uomini a essere più solidali tra noi».

Gli stereotipi si tramandano e incidono sulle decisioni politiche. «I congedi di paternità non sono riconosciuti ai liberi professionisti. Poi il padre che dopo lavoro sta con il bambino o la bambina diventa bravo», esemplifica. Prima di terminare la telefonata, Falavigna chiede di essere indicata come candidata sindaca. Al femminile. In molti l’hanno criticata per aver applicato questa scelta sui manifesti. Donna, giovane, mamma ed eventuale sindaca.

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