«È stimata la salvia tonica, stimolante, antispasmodica e sudorifera, al quale ultimo scopo più particolarmente dal popolo è usata in scottatura, nelle tossi, e nelle malattie reumatiche, e a questo effetto si preferisce una varietà di essa a foglie più piccole, e di odore più grato meno acuto, detta Salvia di Spagna».
Così si scriveva un paio di secoli fa della salvia (quella adoperata in cucina) che oggi, almeno da un decennio, viene studiata e utilizzata contro le malattie neurodegenerative quali l’Alzheimer. Il Journal of Psychopharmacology pubblica uno studio britannico, Northumbria University, sull’ estratto di Salvia lavandulaefolia che aveva dimostrato di inibire la colinesterasi (enzima) e migliorare le funzioni cognitive, proprio come la officinalis.
Nelle persone, dice lo studio, migliora la performance della memoria e dell’attenzione e riduce la fatica mentale. Vi è da dire che l’olio essenziale (di entrambe le salvie) è un potente inibitore dell’acetilcolinesterasi umana, un altro enzima implicato nell’efficienza della trasmissione nervosa.
Susan Farr, professoressa di Geriatria – Saint Louis University School of Medicine negli Stati Uniti -, afferma che gli estratti di rosmarino e menta possono migliorare l’apprendimento e la memoria; in pratica gli estratti riducono il declino cognitivo nella fase iniziale della malattia di Alzheimer.
Lo studio sperimentale, pubblicato sulla rivista Bioscience Thecnology, ha osservato e valutato (positivamente) alcune sostanze antiossidanti delle due piante molto utilizzate in alimentazione. La questione non è affatto nuova, soprattutto per la potenziale efficacia nel ridurre il declino cognitivo negli anziani; uno studio scientifico sull’efficacia della polvere delle foglie secche di rosmarino sulla performance cognitiva pare abbia già dato esito positivo.
L’estratto di rosmarino ha azione antinfiammatoria, antiperglicemizzante, facilita la perdita di peso e si usa nei disturbi metabolici. Nell’uso esterno, si usa nella pulizia del viso; rosmarino, tiglio e camomilla, da far bollire in acqua, per vaporizzarli sul viso con suffimigi.
Parliamo del tè in riferimento alla demenza e alla memoria; rispetto al tè nero quello verde – non fermentato – ha meno caffeina e più polifenoli, con elevate capacità antiossidanti, antinfiammatorie, antimutageniche e anticarcinogeniche.
Secondo una ricerca effettuata nel Regno Unito, il tè verde sembra proteggere dalle demenze senili, ma anche da problemi oculari, dall’ictus e, secondo un ultimissimo studio sperimentale, sembra che il tè verde possa prevenire e ostacolare la progressione della malattia di Alzheimer.
Todd Schachtmann, professore di Scienze psicologiche al College of Arts and Science all’Università del Missouri e autore dello studio, si è basato su di un componente (il maggior polifenolo) del tè verde l’epigallocatechina-3-gallato (EGCG) sulla funzione della memoria e sull’accumulo e il deposito della proteina beta-amiloide che si trova sulle placche dei malati di Alzheimer.
Nella sperimentazione finale, a opera di un team di biochimici, la somministrazione per via orale dell’estratto contenente EGCG ha dimostrato che può ostacolare la progressione dell’Alzheimer; lo studio è stato pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease.
Prof. Roberto Suozzi
Medico e Farmacologo Clinico
- Sottolineo alcune cose: non sono un “medico alternativo”, nè “non convenzionale” e tanto meno omeopata o altro. Quando discuto o parlo di erbe, piante medicinali lo faccio in maniera totalmente scientifica, basandomi anche sulla mia esperienza diretta e concreta che ho avuto anche sui miei pazienti; esperienza che dura da trenta anni. I farmaci sono indispensabili ma essi, come le erbe, debbono essere utilizzati dopo accurata diagnosi e con critrio e giudizio. Accanto alle medicine “forti” è possibile utilizzare anche elementi naturali, piante, così come la natura le offre e, in diversi casi, queste possono sostituire il farmaco di sintesi. Fondamentale è la salvaguardia e il recupero delle Medicine Tradizionali, un immenso “Laboratorio” che attualmente conosciamo poco. Penso alle popolazioni Masai e al popolo Kuna di Panama, agli studi sul cacao, e ai medici cubani che hanno una medicina all’avanguardia. Questo percorso sulle piante medicinali, sulle scienze che ho chiamato FITOMEDICINA (già dal 1994), è un rapporto interdisciplinare ove fondamentale è l’apporto della cultura. Non vi è progresso della Medicina senza progresso della cultura. E’ giunto il momento di riappropriaci di tutto, dei farmaci delle piante delle piante e ora che i “poveri, gli oppressi” di riprendono la loro alimentazione ricca di frutta e verdura un alimentazine impropriamente chiamata “mediterranea”.
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