l’Associazione S-GATTABUIA promuove il Convegno:
“ Lotte Sociali-Legalità-Libertà personale”
riflessioni su un precario equilibrio.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una diffusione sul piano Nazionale dell’uso della custodia cautelare in carcere quale strumento utilizzato dalle diverse Procure della Repubblica per colpire non solo le lotte sociali come insorgenze di ordine pubblico, ma soprattutto i militanti politici considerati più importanti nell’ottica della prevenzione generale e speciale.
I fatti recenti avvenuti a Roma, con i provvedimenti restrittivi applicati a carico di soggetti noti per la loro militanza nei movimenti di lotta per la casa e più in generale nell’area della sinistra di classe, ci dicono che il “metodo Caselli” si è imposto dalle lotte contro la TAV, costringendo alla privazione della libertà personale decine e decine di attivisti, ad ogni altro momento di conflittualità
sociale.
In altri termini all’ordinamento penale è stato affidato il compito di regolare i conti con qualsiasi istanza di massa che abbia posto la questione della alternativa al centro della propria riflessione e pratica politica, attesa l’assenza di spazio e legittimazione per ogni ipotesi di mediazione a livello istituzionale.
Non si tratta semplicemente della pendenza di processi per reati commessi nel corso di manifestazioni, occupazioni e vertenze sociali; il dato qualitativamente diverso rispetto al passato è costituito dalla applicazione sempre più frequente di misure cautelari fondate sul pericolo di reiterazione criminosa dedotto proprio dalla rilevanza politica pubblica dei destinatari delle stesse ordinanze.
Eppure lo spirito originario dell’attuale codice di procedura penale era di tutt’altro segno: il ricorso al sacrificio della libertà personale dell’indagato / imputato rappresentava secondo il legislatore l’ultima eventualità, l’extrema ratio di un sistema che in base ai principi di proporzionalità ed adeguatezza riservava la misura cautelare, specialmente quelle più afflittive, ai fatti ritenuti particolarmente allarmanti in quanto offensivi di valori e beni giuridici di alta pregnanza costituzionale.
Lo svilimento di questi principi consumato sempre in nome di ipotetiche emergenze, ha condotto la magistratura a considerare l’esecuzione delle misure coercitive una necessaria anticipazione della pena comminabile in esito al giudizio, sulla scorta di una finalità di prevenzione declinata espressamente per impedire la partecipazione alla lotta politica dei soggetti ritenuti più pericolosi.
Ma cosa si intende per pericolosità sociale?
L’esigenza cautelare volta a prevenire il pericolo di reiterazione criminosa è circoscritta da un ambito di valutazione determinato da un lato dalla personalità del soggetto nei cui confronti si intende applicare la misura cautelare, desumibile dai precedenti giudiziari, e dall’altro lato dalle modalità e circostanze di consumazione del fatto per il quale si procede.
In caso di applicazione della custodia in carcere la prognosi sulla sussistenza della reiterazione criminosa può essere formulata positivamente solo quando si tratta di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo ad anni 5. L’intervento della giurisprudenza di merito e di legittimità, unitamente alla deriva securitaria cavalcata da tutte le maggioranze parlamentari che si sono succedute negli anni, ha comportato una progressiva estensione dei criteri in forza dei quali la custodia in carcere può essere disposta: così la personalità del prevenuto viene delibata anche in base ai carichi pendenti o sulla scorta addirittura delle semplici denunce di polizia, mentre le modalità del fatto sono utilizzate anche da sole per qualificare il soggetto come proclive alla reiterazione.
In questo modo le contestazioni ricorrenti relative alla violazione degli artt. 336 e 337 C.P. (violenza e resistenza a P.U.) hanno rappresentato la spada di Damocle pendente sulla libertà personale di decine di militanti, imputati regolarmente per fatti avvenuti nel conflitto sociale quotidiano che li vede opposti all’unico organo pubblico con il quale devono misurarsi: le Forze di Polizia.
Tuttavia se nella maggior parte delle vicende giudiziarie nate dalle mobilitazioni di massa ricorre la contestazione dei delitti di resistenza e violenza a P.U. che rappresentano la massima espressione di tutela del principio di autorità, l’applicazione dei principi di libertà ed uguaglianza sanciti dalla Costituzione deve condurre a rivedere la legittimità di fattispecie incriminatrici la cui sanzione rappresenta il peggiore retaggio del regime fascista e del Codice Rocco ancora in vigore.
Non solo; rispettare l’impianto originario del codice di procedura penale significa ripristinare la corretta procedura di applicazione della misura cautelare restrittiva (arresti domiciliari e custodia in carcere) riservando questa ultima solo ai delitti più gravi, quelli puniti con pena della reclusione superiore agli attuali limiti, da valutare in base all’intera forbice edittale tra minimi e massimi.
Nello stesso senso il pericolo di reiterazione criminosa deve essere limitato per i delitti puniti con pena della reclusione comunque superiore agli attuali anni 5, deducendo la sua rilevanza esclusivamente in base ai precedenti giudiziari del prevenuto, cioè dalla sentenze di condanna irrevocabili in ragione del principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza fino al passaggio in giudicato della Sentenza.
Su questi aspetti è necessario quindi approfondire la riflessione per avviare una forte campagna politica in grado di sottrarre i movimenti di lotti e le soggettività che ne esprimono pubblicamente le proposte organizzative e programmatiche al ricatto della sanzione penale.
Venerdì 10 Aprile dalle 16.30 alle 19.30 presso la Sala della Biblioteca della Chiesa Valdese
via Marianna Dionigi 59 (angolo piazza Cavour)
Introduce e modera: Marco Lucentini, avvocato Penalista del Foro di Roma.
Interverranno:
Avv. Lorenzo Tardella, Ass.ne ANTIGONE:
situazione delle carceri italiane e dei detenuti in attesa di giudizio;
Italo di Sabato, Presidente dell’OSSERVATORIO SULLA REPRESSIONE:
forme della repressione e pratiche di resistenza.
On. Giovanni Russo Spena, Docente Universitario
rapporto tra disagio e repressione;
Valentina Calderone, Ass.ne A Buon Diritto
sistema penale fuori dalle emergenze;
Francesco Tagliaferri, Avvocato e Presidente della Camera Penale di Roma
le proposte di modifica delle misure cautelari personali avanzate dalla avvocatura italiana.
www.sgattabuia.wordpress.com
sgattabuia@gmail.com
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa