«Non dimentichiamoci che i problemi occupazionali incidono sulle condizioni di salute. La perdita del lavoro ha conseguenze negative sull’organismo e può costituire causa di malattia seria».
Il ministro della salute, Renato Balduzzi, riesce nel miracolo di sostenere un argomento folle dicendo una cosa vera, peraltro negata ogni giorno dalle scelte del governo di cui fa parte.
In pratica, Balduzzi sostiene che l’Ilva non andrebbe chiusa come ha deciso il giudice perché, se è indiscutibilmente vero che a Taranto i tumori sono il 30% più numerosi che nel resto del territorio nazionale, è anche vero che perdere il lavoro fa ammalare. Una constatazione che non è stata neppure sollevata dallo stesso Balduzzi quando ha deciso, con tutto l’esecutivo Monti, l’abolizione dell’art. 18 e l’attuazione di una lunga serie di misure deflazionistiche che stanno facendo – come previsto – diminuire l’occupazione in generale mentre si precarizza quella residua.
Se Balduzzi fosse un semplice opinionista il suo “pezzo” verrebbe rifiutato da un direttore serio (sono ormai introvabili, purtroppo), perché c’è un limite al ridicolo e alle spiegazioni “ad hoc” che si contraddicono a vicenda. È meglio morire di tumore o di fame? A questo si riduce la “brillante” intervista generosamente ospitata dal Corriere della sera.
Il fatto che Balduzzi sia il ministro che dovrebbe vigilare sulla prevenzione e sull’efficienza del sistema sanitario è semplicemente un incubo. Che potrebbe essere facilmente dissolto se lo stesso ministro accettasse sorridendo di spostarsi con tutta la sua poltrona al centro dell’Ilva di Taranto. Così, per qualche mese…
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