«L’unico motivo valido per chiedere il congedo dal fronte è la pazzia, ma chiunque chieda il congedo dal fronte non è pazzo». Se applicate il famoso paradosso di Comma 22 (romanzo di Joseph Heller) ai precari italiani, che succede? Succede che viene fuori il Comma 23. Ed ecco la storia dei precari di Italia Lavoro Spa, società strumentale del Ministero del Lavoro, oltre 700 uomini e donne «a progetto» che si occupano di «stabilizzare» altri lavoratori. Altri, perché loro non li stabilizza nessuno. Ma all’improvviso, un lampo di sole, una speranza, una luce in fondo al tunnel. Proprio così, la riforma Fornero (che alla fin fine sarebbe il loro datore di lavoro) stabilisce che i lavoratori a progetto in mono-committenza vanno considerati lavoratori dipendenti. Grande festa presso gli stabilizzatori che sperano di essere stabilizzati. Invece no. Intanto, per non saper né leggere né scrivere, da Lavoro Italia dicono che lì non si possono fare assunzioni (grazie alla Finanziaria del 2010). Cioè, la riforma Fornero non si può applicare ai lavoratori precari della signora Fornero. E poi invece, studia e ristudia, compulsa le carte, scava tra le pieghe della legge, ecco che sì, hurrà, la riforma Fornero si può applicare anche a loro. Basta leggere attentamente il Comma 23 dell’articolo 1, ultime righe. Là dove si dice che sì, va bene, ‘sti disgraziati di precari che lavorano come dipendenti andranno assunti, ma… «Fatte salve le prestazioni di elevata professionalità». Wow! Ecco il trucco. Ora si tratta solo di mettersi d’accordo su quali siano le prestazioni di «elevata professionalità» con qualche sindacato compiacente, tipo Cisl e Uil, per non fare nomi, tagliando fuori la Cgil. E poi dicono che Marchionne non ha insegnato niente! Riassumendo: riforma Fornero, comma 23: «Per i precari che lavorano come dipendenti essere assunti è un diritto, ma se sono 700 e forniscono prestazioni di elevata professionalità quel diritto non c’è più». I casi sono due. O la Fornero non applica la riforma Fornero, oppure la applica molto bene, ed è una riforma col trucco. In ogni caso, i precari restano precari. Non è per questo che abbiamo chiamato i tecnici?
da “il manifesto”
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