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Vertice di Bruxelles, Berlusconi, l’opposizione italiana

La prima, gravissima, conferma è quella relativa al carattere ormai essenzialmente “golpista”, sovra ordinatore, dell’Unione europea, del Consiglio europeo e della Banca centrale europea relativamente agli Stati, ai governi e ai parlamenti dei paesi aderenti all’Ue. Come già accadde platealmente lo scorso 5 agosto, quando una “lettera d’intenti” di Trichet e Draghi impose brutalmente al governo italiano la rettifica – in senso duramente antisociale – della manovra economica, così questo vertice di Bruxelles ha imposto a Berlusconi un nuovo giro di vite contro i pensionati e i lavoratori italiani.  Questa volta è stato il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, a chiedere a Berlusconi, senza indugi e senza infingimenti formali, “che entro mercoledì 26 ottobre il governo italiano compia ogni sforzo per consolidare i conti e rilanciare un progetto di crescita”. Entro mercoledì 26, ha minacciato Van Rompuy, nel vertice del 23 ottobre: tre giorni di tempo per un’ulteriore torsione antisociale della manovra economica complessiva. La minaccia al governo italiano – al mondo del lavoro italiano – è stata naturalmente ripetuta con la stessa enfasi ultimativa nel breakfast tra van Rompuy, il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso, Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi, al quale è stato detto chiaramente che l’Italia é ormai come la Grecia e dall’Italia l’Ue si aspetta gli stessi tagli sociali e gli stessi sacrifici greci.

Berlusconi non ha potuto far altro che assentire, promettere impegni scritti relativamente alle controriforme da avviare, accettando il mercoledì 26 ottobre come giorno dell’ultimatum, una “caporetto” durante la quale offrire ai nuovi principi europei la testa dello Stato italiano. Come accadde lo scorso 5 agosto, anche in questo 23 ottobre il parlamento italiano è stato completamente svuotato di senso e di ruolo e il “golpe” dell’Ue ha imposto sul campo un nuovo ordine e un nuovo potere in Italia: il potere della BCE e dell’unità del capitale transnazionale europeo, che agisce sotto le spoglie del Consiglio europeo. D’altra parte, il fatto che l’Italia ( come gran parte degli altri paesi dell’Ue) è ormai guidata da “ un altro potere”, esterno a sé, non è un’elucubrazione dei comunisti: è stata una giornalista de “Il Messaggero”( Rossella Lama ) lunedì 24 ottobre, a porre questa domanda a Daniel Gros, direttore del Ceps, Centro studi per le politiche europee : “ Nei prossimi giorni lavoreremo a braccetto affinché l’Italia faccia quanto promesso”, avverte il presidente del Consiglio Ue van Rompuy. Il governo è commissariato? ”. Questa la domanda – rivelatrice – della Lama. E questa la risposta, ancor più rivelatrice, di Gros: “ Lo è dalla famosa lettera spedita questa estate dalla BCE…”.

La seconda, dura conferma dal carattere strategico proveniente dal vertice di Bruxelles è quella relativa alle scelte concrete e iperliberiste a cui viene chiamato il governo italiano e che Berlusconi naturalmente ha già accettato di portare avanti; mercoledì 26 ottobre, infatti, il governo italiano porterà in dono all’Ue un ulteriore attacco ai lavoratori, ai pensionati e allo stato sociale: cancellazione degli assegni di anzianità e prolungamento dell’età pensionabile a 67 anni, oltreché vastissime dismissioni e privatizzazioni sia degli immobili e dei beni dello Stato che dei terreni agricoli pubblici.

La terza conferma proveniente da Bruxelles è relativa alla tassazione sui patrimoni: nel breakfast tra Berlusconi, Barroso, van Rompuy, Merkel e Sarkozy sembra che la via alla patrimoniale, in Italia, sia stata esclusa, “in relazione alla fragilità del capitalismo italiano e alla necessità di avviare politiche di sostegno allo sviluppo imprenditoriale”. E che particolarmente osteggiata sia stata la proposta Amato sulla patrimoniale, cioè una patrimoniale straordinaria ( volta a ridurre di un terzo il debito pubblico, con un gettito di 650 miliardi di euro) da applicare su di un terzo degli italiani più ricchi.

Assieme alle conferme, alle linee di tendenza già conosciute dell’Ue, dal vertice di Bruxelles provengono alcune – seppur relative – “novità”: primo, è la stessa Ue, gli stessi van Rompuy e Barroso a “sfiduciare” il governo Berlusconi, evocando la necessità di un nuovo governo, più affidabile sul piano della credibilità internazionale e delle risposte positive alle richieste monetariste della BCE. La stessa sfiducia al governo Berlusconi è stata platealmente esplicitata dal duo Merkel-Sarkozy, un duo che ormai tende a non nascondere più di tanto il desiderio di un nuovo e più “affidabile” governo italiano. E che questo desiderio abbia basi materiali ed uno specchio su cui riflettersi lo si riscontra, in Italia, dalle posizioni assunte non solo da Veltroni ma da altre parti importanti del PD e dallo stesso Casini, che proprio in relazione al vertice di Bruxelles hanno rilanciato l’idea di un nuovo governo italiano, un esecutivo di larghe intese volto ad assumere e praticare con più vigore le linee guida dell’Ue in materia di risanamento e rilancio ( ma a partire dalla difesa del solo profitto) dell’economia.

Altra “novità” : è sempre più forte il tentativo di incolpare l’Italia di un’eventuale crollo dell’euro. E’ del tutto evidente che questo tentativo di colpevolizzazione si presenta come un’ ulteriore e più sofisticata pressione per ottenere dal nostro Paese le politiche messe a fuoco dalla BCE. Chiare, a questo proposito, sono le affermazioni dell’economista Daniel Gros, già citato presidente del Ceps. “ La sopravvivenza dell’euro dipende da quello che farà l’Italia, che con il suo terzo debito pubblico del mondo è troppo grande per essere salvata dall’Europa. Deve salvarsi da sola…”. Naturalmente, mettendo a ferro e fuoco il welfare e attaccando ancor più il lavoro. L’evocazione di Gros, peraltro, è chiara, quanto strumentale: se il governo italiano non imporrà ulteriori sacrifici ai lavoratori, l’euro si schianterà e l’Italia si assumerà la responsabilità storica di tanto disastro…

In sintesi: da questo vertice di Bruxelles emergono, per l’Italia, tre questioni fondamentali: la reiterata durezza e determinazione iperliberista dell’Ue, un “soggetto” continentale che appare essere sempre più chiaramente governato da dei “chicago boys europei”, segnati – come quelli americani – da un carattere reazionario e neoimperialista; “l’esigenza”, da parte dei dirigenti massimi dell’Ue, di liberarsi di Berlusconi; la volontà di partecipare alla costituzione di un nuovo governo italiano, più “serio” sul piano internazionale quanto più affidabile per i progetti della BCE.

Che la sinistra italiana e l’opposizione parlamentare non siano in grado di costruire una degna opposizione sociale, politica e istituzionale sia ai diktat dell’Ue che alle manovre economiche del governo è un dato inquietante ( da questo punto di vista, l’assenza dei comunisti e della sinistra di classe sia al Senato che alla Camera è un’assenza particolarmente pesante). Come inquietante è il fatto che buona parte delle forze della possibile alternativa a Berlusconi si dichiarano pronte, governando, ad interpretare meglio i voleri della BCE.

Sarà per questo, poi, che parti non secondarie delle opposizioni, anche rispetto all’ultimo vertice di Bruxelles, siano tanto inclini a mettere in rilievo e stigmatizzare lo scherno e l’ironia della Merkel e di Sarkozy su Berlusconi, quanto a rimuovere il nuovo attacco sociale insito nel progetto di cancellazione degli assegni di anzianità e all’ elevazione dell’età pensionabile a 65 anni. Come dire: noi saremmo ben più seri, nello stile politico, di Berlusconi e più “seriamente” omogenei a questa Ue. Cosa, questa, che sarebbe un disastro: per ogni possibile disegno di cambiamento, per le stesse forze dell’alternativa, per gli interessi dei lavoratori e gli interessi di massa. Questa Ue, infatti, non và servita: va profondamente, profondamente cambiata. Trasformata, se sarà possibile, in un’Europa dei popoli.

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