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Il doppio arco della crisi

Proponiamo qui l’acuta sintesi giornalistica di Alberto Negri, uno dei non tanti viaggiatori dell’informazione. Con gli occhi aperti e la mente sgombra dalle “appartenenze” lavorative.
 
 

Il doppio arco della crisi che agita il Mediterraneo

Alberto Negri

La guerra civile in Siria e la questione del nucleare iraniano non sono soltanto una sfibrante riedizione della Guerra fredda tra Mosca e Occidente. C’è qualche cosa di più: siamo in presenza di un “doppio arco della crisi”, per seguire una celebre definizione negli anni 70 del consigliere di Carter Zbigniev Brzezinski, che coinvolge l’Europa meridionale, il Mediterraneo, i Balcani, quel Medio Oriente allargato che non è soltanto una porta girevole dove accedere con le pipeline al gas e al petrolio.
La crisi dell’euro è accompagnata da un’instabilità politica senza precedenti interna agli Stati e internazionale. L’Europa deve, o dovrebbe, affrontare, proprio mentre inizia il semestre di presidenza Ue di Nicosia la questione di Cipro e della Turchia, , che è diventata ancora più acuta per le dispute sui giacimenti di gas offshore. La stessa Turchia, via di fuga dei profughi e di ingresso degli aiuti alla guerriglia, potrebbe trovarsi direttamente coinvolta nel conflitto con Damasco.
La Siria è un nodo imbarazzante per l’Occidente che non ha intenzione di intervenire militarmente ma rischia di lasciare scivolare il Paese in una guerra civile dagli effetti imprevedibili in tutta la regione. A questo si aggiungono le primavere arabe. Dopo il “golpe bianco” dei militari in Egitto e le controverse elezioni presidenziali è probabile che si apra al Cairo una stagione di instabilità con la possibile ascesa delle ali estreme, sia nel campo degli islamici che dei militari.
La Libia, piombata in una sorta di anarchia con 60 gruppi armati sostenuti da clan e tribù, si prepara a elezioni assai incerte: quella stessa Europa che un tempo criticò l’intervento di Bush in Iraq, a Tripoli si è comportata quasi allo stesso modo e sta ignorando la deriva libica. Nella stessa Tunisia il partito islamico Ennhada deve tenere testa ai radicali salafiti, intenzionati a minare lo Stato laico.
Eppure il Mediterraneo nella sua accezione allargata potrà costituire in futuro, così come è stato in passato, un polo di sviluppo di grande rilievo. Il Pil dei Paesi mediterranei esclusa l’Europa ammonta a 1.444 miliardi di dollari, il 2,5% di quello mondiale. Dal 2005 al 2010 in termini reali è aumentato del 23%, quasi il doppio della media mondiale. Quest’area di 285 milioni di abitanti vanta una ricchezza superiore all’India che ha 1,1 miliardi di abitanti o alla Russia (140 milioni).
Quello della sponda Sud è un mercato destinato ad aumentare per le dinamiche demografiche: 100 milioni di cittadini in più nei prossimi vent’anni. E’ anche un mercato giovane: l’età media in Europa è di 40 anni, in Nordafrica di 24. Il 30% della popolazione sulla sponda Sud ha meno di 14 anni. Ma pure la disoccupazione è la più alta del mondo: il tasso di partecipazione dei giovani nordafricani al mondo del lavoro è del 38% contro una media mondiale del 50 per cento. Ed è chiaro che arriveranno qui a cercar lavoro: secondo le stime dell’Ilo nei prossimi anni i lavoratori in Europa saranno per il 40% dalla sponda Sud.
Insomma il Mediterraneo è un mare di problemi ma anche di opportunità. Oggi però c’è un malessere ancora più insidioso, alimentato dalla crisi economica e dalla disgregazione sociale: l’affermazione dei partiti nazionalisti radicali e dei neo-nazisti, non solo in Grecia ma anche nel resto dei Balcani dove non si sono rimarginate le ferite delle guerre e delle pulizie etniche degli anni 90. L’Europa non deve solo salvare l’euro ma contrastare le tendenze fasciste e lanciare segnali concreti verso la sponda Sud, dove si espandono le tendenze islamiste, che aspetta invano, da oltre un anno, gli aiuti promessi.
Siamo nel mezzo di un doppio arco di una crisi che non è soltanto economica e monetaria, come si è tentato di accreditare al G-20 di Los Cabos, ma deve affrontare il vuoto di autentici progetti politici: questo, per l’Europa e il Mediterraneo, è uno dei sintomi peggiori, uno spread che potrebbe diventare incolmabile tra la povertà di idee della leadership europea e l’emergenza da affrontare.

 

da Il Sole 24 Ore

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