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“La Cgil è pienamente responsabile del disastro abbattutosi sui lavoratori”

La crisi economica che investe il nostro paese si sta abbattendo con crescente brutalità sulla condizione delle classi popolari. Non solo non vi è alcun segnale che indichi una reale inversione di tendenza della congiuntura economica, ma anzi gli effetti drammatici della crisi inducono un
crescendo dei processi di smantellamento del patrimonio industriale e produttivo del paese.
La siderurgia, l’elettrodomestico, le telecomunicazioni, il settore ferroviario, la produzione di
autobus, la microelettronica, la cantieristica e la stessa Fiat grazie alle colpevoli politiche di
privatizzazioni, liberalizzazioni, disimpegno delle multinazionali e assenza di investimenti su
prodotti e processi rischiano drammatiche ristrutturazioni quando non la stessa scomparsa.
Si impone da subito una vertenza generale per la nazionalizzazione della siderurgia e per la ricostruzione di un intervento pubblico in economia.
La Fiom giudica negativamente e contrasterà duramente il piano che il Governo Letta sostiene di
dismissioni di aziende del gruppo Finmeccanica.
Il ricorso alla delocalizzazione, alla ristrutturazione e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali hanno
traguardato livelli mai raggiunti prima. La disoccupazione di massa è un dato ormai strutturale mentre per tutti e tutte coloro che ancora hanno un’occupazione cresce l’intensità dello
sfruttamento su carichi, orari e ritmi.
La stessa cancellazione delle pensioni operata dalla brutale controriforma Fornero ha aumentato
l’orario di lavoro di fatto su base della vita lavorativa, con la conseguente riduzione ulteriore
dell’occupazione a tutto svantaggio delle giovani generazioni a cui viene preclusa ogni speranza per il presente e il futuro. La precarietà è divenuta, anche grazie alla riscrittura dell’art. 18 e alla legge Bossi-Fini che va abrogata, condizione generale del lavoro.
 

Il Governo delle larghe intese Pd-Pdl, in totale continuità con quelli di Monti e Berlusconi, ha assunto il rigore di bilancio e le politiche d’austerità come vincolo inviolabile della propria iniziativa, alimentando così la spirale recessiva, la spoliazione di diritti e tutele del lavoro, lo smantellamento dello stato sociale ed un impoverimento generale delle classi popolari.

La dimensione della crisi è tale che la stessa fragile repubblica parlamentare è messa in discussione
dal crescente presindenzialismo di Giorgio Napolitano, umiliata dai diktat dell’Unione europea che
cancellano la sovranità nazionale e corrosa dal consociativismo di un ceto politico corrotto, screditato e incapace di rispondere ai bisogni del paese. Centrodestra e centrosinistra coprono litigando sulle vicende giudiziarie di Berlusconi, la loro totale sintonia sulle politiche economiche e sociali, alimentando così sfiducia, rassegnazione e passività nel paese.
Per il movimento sindacale, per la Cgil è l’ora di un bilancio rigoroso e privo di infingimenti e
reticenze.
Le pesanti controriforme contro il lavoro, dalle pensioni all’art. 18, sino alle devastanti manovre
economiche dei governi sono state approvate nella totale assenza di contrasto sociale.
Il sindacato, la Cgil, è pienamente responsabile del disastro che si è abbattuto sui lavoratori.
Sull’altare della difesa del governo tecnico e cancellando ogni autonomia dal partito democratico,
la Cgil ha assistito passivamente al più pesante e violento attacco al mondo del lavoro dal dopoguerra ad oggi.
E’ ora di cambiare radicalmente.
L’accordo del 28 giugno 2011 che ha accolto le deroghe al contratto nazionale, legittimando cosi la
contrattazione peggiorativa, ha contribuito ai processi di impoverimento e indotto alla competizione al ribasso senza limite alcuno tra imprese, sindacati,territori,categorie e lavoratori.
La contrattazione ha così cambiato segno, divenendo il cuore dell’iniziativa padronale di spoliazione
di salari e diritti.
La ricostruzione di una contrattazione acquisitiva che risponda cioè ai bisogni di chi lavora passa
inderogabilmente dall’uscita, dalla non applicazione dall’accordo del 28 giugno.
Per la Fiom, per la sua storia e la sua pratica contrattuale degli ultimi 10 anni la democrazia nel
rapporto con i lavoratori, nella costruzione delle scelte e nella consultazione sui suoi atti negoziali è
divenuto elemento imprescindibile.
Per questa ragione la Fiom ha raccolto, alcuni anni addietro, decine di migliaia di firme nei luoghi di
lavoro a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare sulla rappresentanza e sulla
democrazia, tuttora depositata in Parlamento, che consegnava ai lavoratori il diritto di scegliere
liberamente la propria rappresentanza e di votare sugli accordi.
L’intesa del 31 maggio 2013 delimita la rappresentanza alle sole organizzazioni firmatarie degli accordi, concede il voto dei lavoratori sugli accordi ma senza escludere che lo stesso si svolga sotto il ricatto consentito dalle deroghe al contratto nazionale ed alla legge esattamente come accaduto a Pomigliano e Mirafiori. Infine attraverso l’esigibilità degli accordi si sono accettate le sanzioni sullo sciopero in cambio dei diritti sindacali.
Il No Fiom agli accordi Fiat e la resistenza al modello Marchionne non sarebbero stati possibili nelquadro delineato da quest’accordo. Il combinato disposto dell’accordo del 28 giugno e di quello del 31 maggio minano la possibilità stessa di una contrattazione difensiva e impediscono quella rivendicativa. Essi sono parte integrante delle politiche d’austerità sul versante sociale,entrambi gli accordi vanno pertanto superati.
Così come occorre rompere ogni vincolo, ogni limite alle politiche economiche e sociali imposto dalla Bce e dalla Ue al nostro paese. Senza questa rottura nessuna delle tante rivendicazioni sindacali, se non si vuole mantenerle semplici enunciazioni, è possibile. L’assemblea nazionale delle delegate e dei delegati Fiom propone a tutte le organizzazioni sindacali la costruzione di una piattaforma rivendicativa, discussa e approvata nei luoghi di lavoro, che avvii una grande vertenza, a partire da uno sciopero generale, contro le politiche d’austerità del governo, per un nuovo intervento pubblico in economia, per la nazionalizzazione della siderurgia e dei settori strategici, per una redistribuzione del lavoro attraverso una poderosa riduzione degli orari a parità di salario, per il blocco dei licenziamenti, la riconquista delle pensioni e delle tutele distrutte dalle controriforme dei governi.

La Fiom chiama i lavoratori e le lavoratrici alla massima partecipazione alla manifestazione del prossimo 12 ottobre in difesa della Costituzione e alla manifestazione dei movimenti prevista per il
prossimo 19 ottobre a Roma.
Il congresso della Cgil è chiamato a misurarsi con la necessità di una rottura netta e radicale delle scelte fatte in questi anni. Ogni lavoratore e ogni lavoratrice dovrà poter decidere se proseguire con il rispetto dei limiti e delle compatibilità imposte dall’Unione Europea, dagli accordi
interconfederali, o se rompere con le stesse e rimettere al centro i bisogni del lavoro.
Le mobilitazioni dei lavoratori Greci, portoghesi,spagnoli,sudafricani solo per citarne alcuni, il
protagonismo delle nuove generazioni che è esploso nelle piazze della Turchia, dell’Egitto, del
Brasile testimoniano che esiste un’umanità che non si rassegna a subire passivamente le
vergognose ingiustizie sociali e le disuguaglianze che attraversano il pianeta.
E’ da qui che occorre ripartire, dalla ripresa del conflitto sociale, dalla ricostruzione di rapporti di

forza che impongano davvero ai governi la centralità del lavoro.

* Documento presentato all’assemblea nazionale dei delegati della Fiom a Rimini.  Il documento presentato dalla Segreteria nazionale, è stato approvato con 489 voti a favore, quello presentato da Sergio Bellavita ha raccolto 37 voti a favore, 2 voti sono stati di astensione

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