E i contratti…
La dottrina Marchionne è il punto di arrivo di un lungo percorso. Puntano al potere assoluto sul lavoro. Una «lotta di classe dall’alto» che pesa nei posti di lavoro e sulla vita della gente. L’impossibilità di decidere e votare sulle proprie scelte è un vulnus alla democrazia di cui molti si sono accorti tardi; e solo perché colpisce oggi parti importanti del sindacato confederale. E’ una denuncia che facciamo da tanto tempo, inascoltati. Sul terreno dei diritti democratici, non è che un vulnus è grave se fatto contro la Fiom o la Cgil, mentre se è contro il sindacato di base non fa niente. La democrazia o è per tutti o non c’è per nessuno.
C’è però un salto di qualità…
Indubbiamente. Ora viene fatto su vasta scala. Nel pubblico impiego la Cgil è stata trattata esattamente come l’Usb. Ho visto molte trattative in cui, a un certo punto, entravano Epifani, Angeletti e Bonanni e i ministri. L’accordo era stato fatto altrove, e ci dicevano «prendere o lasciare». È una pratica cui la Cgil ha partecipato per decenni. Ora si rivolge contro di lei, Domani magari persino contro i «complici» di Cisl e Uil. Si sa, l’appetito vien mangiando…
Ma lo sciopero funziona ancora?
Da sempre lo utilizziamo con una certa parsimonia. Spesso le nostre iniziative sono fatte di occupazioni, salite sui tetti, performance non sempre prettamente sindacali. Ma, davanti a una richiesta che sale dal paese (dai meccanici, dai precari, dagli studenti, ecc), era importante un momento generale. Il problema non è chi lo proclama, ma se lo facciamo vivere nei luoghi di lavoro, se si riprende parola con forza. In più, vogliamo difendere lo stesso diritto di sciopero. I tentativi di limitarlo o disinnescarlo hanno ormai una lunga storia. Oggi siamo al dunque.
Che vuol dire «generalizzato»?
C’è il tentativo abbastanza evidente di nascondere questo sciopero; come a dire che se non lo dichiara la Cgil non ha senso. Ma se c’è un’esigenza vera, e organizzazioni con una massa critica sufficiente – lo abbiamo dimostrato con il 17 ottobre 2008, ecc – si può tentare di bloccare il paese. C’è un rapporto con parti consistenti dei movimenti; studenti, senza casa, migranti, «sindacato metropolitano». È il movimento a doversi dotare di una propria capacità d’azione. Indipendente, sennò non ha forza.
Di là i complici, di qua i conflittuali. Prevarrà l’abitudine alla divisione o la necessità di unità?
La tenuta della Fiom, nella vicenda Fiat, per noi è stata importante. Abbiamo condiviso la data del 28 gennaio. Non c’è più un sindacato confederale tutto «concertativo» e con categorie «inquadrate». C’è un fatto nuovo: una categoria storicamente importante prende una posizione diversa e occupa uno spazio identico a quello del sindacato di base. Tutti siamo costretti a ripensare noi stessi nella nuova fase. Un certo modo di fare sindacato di base probabilmente ha fatto il suo tempo. Dobbiamo chiederci se è ancora la risposta giusta o se invece dobbiamo iniziare a ragionare in termini di relazioni tra sindacati del conflitto sociale.
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