Dietro la geopolitica che contrappone la Russia all’Occidente – e le tensioni etniche che lacerano l’est e l’ovest ucraino – un altro retroscena per comprendere questo conflitto sempre più intenso è la competizione di grande valenza economica per il petrolio e il gas naturale dell’Ucraina.
La crisi che attanaglia l’Ucraina ha gettato le relazioni transatlantiche nel suo punto più basso dai tempi della Guerra Fredda e minaccia di portare l’Ucraina all’interno di un conflitto armato con conseguenze potenzialmente terribili per il Paese e l’intera regione.
La presunta ingerenza di Mosca in Ucraina orientale e la precedente annessione della Crimea hanno provocato rimproveri da tutto il mondo e molti commenti internazionali riguardanti la crescita della divisione tra Est e Ovest. Ma un aspetto di cui abbiamo meno sentito parlare è la lotta economica per il petrolio e il gas naturale ucraini. Secondo alcuni, è questa la vera causa dell’attuale crisi e del braccio di ferro geopolitico tra Est ed Ovest.
L’Ucraina ha la terza più grande riserva di shale gas d’Europa con 42 mila miliardi di metri cubi, secondo la U.S. Energy Information Administration. Mentre per anni le compagnie petrolifere statunitensi hanno pressato per lo sviluppo dello shale gas in paesi come Gran Bretagna, Polonia, Francia e Bulgaria solo per essere respinte da una significativa opposizione dei cittadini e dei legislatori locali preoccupati per gli impatti ambientali dell’estrazione di shale gas – compresi i terremoti e le contaminazioni delle acque sotterranee causate dalla fratturazione idraulica o “fracking” – c’è stata molto meno opposizione in Ucraina, un Paese che negli ultimi anni è stato coinvolto in numerose dispute sul gas con la Federazione Russa.
L’azienda statale russa Gazprom, che controlla circa un quinto delle riserve mondiali di gas, fornisce oltre la metà del gas annualmente usato in Ucraina e circa il 30% di quello europeo. Ha spesso usato questo fatto come leva politica ed economica su Kiev e Bruxelles, tagliando le forniture di gas più volte negli ultimi dieci anni (negli inverni 2005-2006, 2007-2008, e ancora nel 2008-2009), portando a carenze di energia non solo in Ucraina, ma anche nei paesi dell’Europa occidentale. Questa leva, tuttavia, si si è trovata davanti a una sfida nel 2013 quando l’Ucraina compì passi avanti nella rottura della sua dipendenza dal gas russo.
Il 5 novembre 2013 (solo poche settimane prima che le dimostrazioni di Maidan cominciassero a Kiev), Chevron aveva firmato un accordo di 50 anni col governo Ucraino per sviluppare petrolio e gas nell’Ucraina occidentale. Secondo il New York Times: “Il governo ha riferito che Chevron avrebbe speso 350 milioni di dollari nella fase esplorativa del progetto e che l’investimento totale avrebbe potuto raggiungere i 10 miliardi di dollari”
Annunciando l’accordo, il Presidente Viktor Yanukovych aveva detto che esso “consentirà di soddisfare completamente il fabbisogno di gas e, nello scenario più ottimistico, esportare energia entro il 2020”; Reuters ha definito l’accordo come “un ulteriore passo nel percorso per una maggiore indipendenza energetica dalla Russia”.
Gli Stati Uniti hanno offerto il loro supporto diplomatico, mediante Geoffrey Pyatt, l’Ambasciatore USA in Ucraina, che affermò: “Sono molto determinato a cooperare con il governo ucraino per rafforzare l’indipendenza energetica dell’Ucraina.”
L’Assistente al Segretario di Stato USA per l’Europa, Victoria Nuland, ha parlato a una conferenza internazionale di affari sponsorizzata da Chevron il 13 dicembre 2013, subito dopo il suo ritorno da Kiev dove aveva distribuito biscotti e panini ai dimostranti di Maidan. Nel suo discorso, esortava l’Ucraina a firmare un nuovo accordo con il FMI che avrebbe “inviato un segnale positivo ai mercati privati e avrebbe accresciuto gli investimenti stranieri diretti, che sono così necessari in Ucraina. [Questo è importante per portare l’Ucraina] sulla strada per rafforzare un ambiente stabile e prevedibile che gli investitori richiedono”.
Malgrado stabilità e prevedibilità non siano proprio le parole che la gente assocerebbe all’Ucraina di oggi, le compagnie energetiche occidentali hanno continuato nelle manovre per i diritti aziendali sui depositi di shale gas in Ucraina. Lo scorso autunno, funzionari erano in trattativa con un consorzio guidato da ExxonMobil per la ricerca di idrocarburi al largo della costa occidentale Ucraina sul Mar Nero.
Il 27 novembre, il governo ucraino ha firmato un ulteriore accordo di “produzione-condivisa” con un consorzio di investitori guidati dalla compagnia energetica italiana Eni per sviluppare idrocarburi non convenzionali nel Mar Nero. “Abbiamo attratto investitori che nell’arco di 5-7 anni massimo raddoppieranno la produzione interna di gas dell’Ucraina” aveva detto Yanukovych subito dopo l’accordo.
Nel momento della caduta di Yanukovych in febbraio, Chevron e il governo ucraino stavano negoziando un accordo operativo per lo sviluppo dello shale gas nell’Ucraina occidentale, e il portavoce di Chevron Cameron Van Ast affermò che le negoziazioni sarebbero proseguite malgrado Yanukovych avesse lasciato il paese. Van Ast: “Continuiamo a finalizzare i nostri accordi operativi congiunti e il governo continua a supportarli”.
Royal Dutch Shell è anche coinvolta, avendo firmato l’anno scorso un accordo con il governo di Yanukovych per esplorare delle scisti in Ucraina orientale. Parlando della Crimea, numerose compagnie petrolifere, incluse Chevron, Shell, ExxonMobil, Repsol e anche Petrochina hanno mostrato interesse nello sviluppo dei suoi asset energetici offshore.
Credendo che i campi onshore e offshore della Crimea saranno all’altezza delle aspettative, queste società hanno enormemente espanso le loro esplorazioni del Mar Nero al largo della penisola di Crimea. Alcuni analisti pensano che una delle motivazioni di Vladimir Putin per l’annessione della Crimea è stata l’assicurare il controllo di Gazprom sugli asset energetici al largo della Crimea, oltre ad assicurarsi la continuità d’uso della Crimea come base della Flotta Russa del Mar Nero.
È chiaro che tutte queste compagnie petrolifere e di gas – sostenute dai rispettivi governi, inclusi Federazione Russa e Stati Uniti – sono profondamente imbrigliate nella crisi ucraina, con molto denaro investito e molto in gioco. Data la loro sproporzionata influenza sul futuro dell’Ucraina, dovrebbe essere tenuto a mente che la principale responsabilità di qualunque azienda è aumentare i margini di profitto per i suoi azionisti, non necessariamente promuovere democrazia o sovranità dei paesi in cui si trovano a operare.
Questo è in particolare il caso di Chevron e Shell, entrambe implicate in gravi violazioni di diritti umani in Nigeria. Chevron è stata accusata del reclutamento e della fornitura delle forze militari nigeriane coinvolte nel massacro dei manifestanti ambientalisti nel Delta del Niger, ricco di petrolio, e Shell ha affrontato accuse di complicità nella tortura e altri abusi contro il popolo Ogoni nella Nigeria meridionale.
Con questo in testa, il popolo ucraino – sia ad est che a ovest – potrebbe voler ripensare il significato di “indipendenza energetica” e se il futuro a cui ambiscono possa essere davvero raggiunto riponendo le speranze nella benevolenza delle compagnie straniere petrolifere e di gas.
* da globalresearch.ca
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa