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Se il sogno diventa realtà

Qualche giorno fa ci auguravamo che la Grecia decidesse di “camminare sulla testa dei re”.
Ora è avvenuto.
Più che camminare, con il plebiscito per l’oxi il popolo greco ha deciso di calciare in faccia ai re, con la gioia rabbiosa di chi sa di lottare per la sopravvivenza.
Cosa succederà nei giorni a seguire è impossibile da prevedere. La prima decisione spetta alla Bce: nel caso in cui decida di non versare nuovi fondi alle banche elleniche, per queste sarebbe impossibile riaprire martedì e significherebbe quasi sicuramente l’uscita della Grecia dall’euro. Sarebbe una soluzione molto violenta, ma estremamente rappresentativa di ciò che sono l’Unione Europea e le sue politiche: quale migliore immagine per descrivere l’UE, di quella di una banca centrale indipendente (e ovviamente anche slegata da qualunque criterio rappresentativo), che decreti, tramite la propria azione (da un punto di vista giuridico non è possibile cacciare un paese dalla moneta unica) l’uscita di un paese dall’euro, poiché ha rifiutato di sottoporsi alle politiche scellerate ed omicide della troika (sottoponendo questa decisione al proprio popolo per ben due volte nel giro di 5 mesi)?
Se la Bce non sceglierà questa via, tutto dipenderà dalla possibilità di trovare un improbabile accordo. Ciò che è sicuro è che Tsipras ora non può firmare nessun memorandum che preveda misure di austerità. A suo favore peraltro giocano le esternazioni del Fmi, che probabilmente sperava di spostare l’ago della bilancia a favore del sì (ingenui), sul fatto che il debito pubblico sia insostenibile e debba essere tagliato. Il nuovo mandato che Tsipras ha ricevuto è diverso dal precedente: porre fine all’austerità, costi quel che costi. Il popolo greco si schiera con Eraclito e preferisce l’ignoto, piuttosto che la morte sicura.
Al di là dei possibili scenari futuri, ci sono già due elementi fondamentali da evidenziare.
I media mainstream, nei giorni scorsi, hanno provato a dipingere un paese diviso lungo linee emotive, secondo la tipica narrazione del melodramma televisivo, in cui le divergenze di vedute si giocavano in famiglia o nei gruppi di amici lungo linee emozionali. Il risultato del referendum, e i dati dei seggi delle singole zone (pare che nelle aree più popolari il no abbia raggiunto circa l’80%) ci dicono che la spaccatura si trova su un altro piano, un piano sconosciuto, addirittura innominabile, per gli annacquati intelletti da soap-opera: il piano di classe.
Lo si era già notato, guardando all’apparenza delle piazze per il sì e per il no, lo si nota ancora di più adesso.
Se la classe medio-alta preferiva comunque una situazione di stabilità, i settori popolari, già martoriati, hanno saputo individuare molto chiaramente nella firma di un nuovo memorandum un nemico di classe che avrebbe sancito la fine di qualunque loro speranza di ripresa. A questo livello va sottolineato anche il piano generazionale: i giovani hanno capito che con la continuazione delle politiche degli anni passati non vi può essere alcun futuro, ma solo povertà e desolazione. Le misure di austerità hanno prodotto estrema avversione nei settori popolari, chiarificando quali siano i loro effetti ed i loro bersagli: ancora una volta il discorso della “tecnocrazia” si rivela infame sovrastruttura. Nelle misure imposte dalla Troika non vi è nulla di tecnico (e che tecnica incapace quella che ottiene i risultati opposti a quelli previsti!), ma vi è un preciso piano politico, che mira alla ridefinizione dei rapporti di classe e della divisione internazionale del lavoro all’interno dell’UE.
Il secondo elemento riguarda il fallimento delle pratiche governamentali e disciplinari messe in campo dalla Troika. La loro pervasività e violenza sono state enormi e hanno sviluppato un vero e proprio terrorismo mediatico e finanziario. Ciò che stupisce è che il popolo greco ha saputo sottrarsi e respingere con forza e determinazione queste pratiche.
Il ruolo chiave è stato giocato dalla condizione materiale della popolazione; emblematica di ciò la risposta di un greco intervistato sui limiti posti al ritiro di contanti, il quale ricordava all’intervistatore che oramai sono davvero pochi i greci che possono permettersi di spendere più di 60 euro al giorno.
Questo ci dice che, qualora le condizioni materiali diventino davvero disastrose, la situazione risulta molto difficile da gestire anche per chi possa realizzare pratiche governamentali capillari. Il popolo greco ha subito sulla propria pelle anni di attacco criminale ai propri diritti ed alle proprie condizioni di vita (chi sia abituato alla narrazione a-logica della televisione, e necessiti della materialità del sangue per percepire la fisicità di questa violenza, pensi agli 11000 suicidi commessi dall’inizio della crisi). Esso ha ora saputo respingere con forza il tallone di ferro che voleva schiacciarlo definitivamente.
Cosa accadrà da oggi pomeriggio è impossibile da prevedere. Il popolo greco ha urlato rabbiosamente la propria volontà, ossia la rottura del meccanismo di dominio dell’Unione Europea. Ora sta a Tsipras e Varoufakis, ma anche a tutti coloro che hanno costruito sistemi di solidarietà popolare, rompere la gabbia e creare l’alternativa al pensiero unico neoliberista. Il popolo greco ha dimostrato di avere intelletto vivace e cuore saldo; speriamo che coloro che lo rappresentano sappiano essere all’altezza.

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