Viene considerato molto importante il cambiamento di paradigma, prima nella mentalità e conseguentemente anche nelle attività pratiche: per questo vengono forniti corsi ache di 15 giorni o pochi mesi per attivisti che vogliano rendere più solida la loro formazione. Questi corsi sono chiusi, cioè i partecipanti limitano al massimo i contatti con l’esterno; e viene considerato fondamentale il cambiamento umano dei partecipanti. In questa ottica esistono anche corsi dedicati esclusivamente alle donne.
Questi corsi sono fondamentali per la riuscita della rivoluzione del Rojava, perché, secondo questa visione, i problemi della società devono essere risolti in primo luogo modificando l’atteggiamento e il modo di pensare dei componenti della società.
Perwarde
Perwarde è una parola curda che significa qualcosa di simile alla parola inglese “education”. Perwarde è ogni occasione in cui si possa imparare qualche cosa. Significa che l’addestramento militare è perwarde, che le lezioni di lingua sono perwarde, che i corsi di politica sono perwarde, che i corsi universitari sono perwarde. Quello di cui vogliamo descrivere qui è quindi il sistema educativo nel suo complesso, dalle scuole a quelli che forse noi potremmo chiamare “corsi di formazione”
Le scuole
Il primo luogo fuori dalla casa, appositamente dedicato all’apprendimento, sono ovviamente le scuole. Qui in Rojava, esse fino a pochi anni fa erano in mano allo Stato Siriano, ma adesso piano piano si sta cambiando. Zenar è insegnante a Kobane e spiega “Nel cantone di Kobane i primi 6 anni di scuola sono stati riformati: si studia in lingua kurda in testi kurdi. In città, però, ci sono poche scuole. A fronte di 7200 bambini in età di scuola elementare, le scuole sono 7. I libri di testo sono difficili da reperire, quelli che arrivano dalla Turchia vengono fermati al confine: per questo non possiamo dipendere dall’estero, dobbiamo riuscire a stampare i nostri libri qui, e le grosse stamperie mancano. In più, mancano gli insegnanti di curdo, è adesso che ci stiamo specializzando.” Zenar sta seguendo un perwarde di un mese all’accademia di lingua per migliorare le sue competenze, un corso aperto a tutti, non solo agli insegnanti. Viene insegnata storia, filosofia, ma non solo. Per quanto riguarda la pedagogia, racconta: “Prima, nelle scuole Statali, gli insegnanti picchiavano i bambini. Il problema è che molti insegnanti ancora pensano che ricorrere alle mani sia l’unico modo per farsi ascoltare dai ragazzi: per questo è necessario che loro partecipino ad un perwarde. Prima, non c’era alcun legame tra studente e insegnante, l’insegnante si trovava semplicemente al di sopra degli alunni: questa situazione va cambiata radicalmente. L’insegnante deve essere per gli alunni come un padre o una madre, deve esserci rispetto e amicizia reciproca. Per sviluppare questo atteggiamento stiamo studiando.” Spiega Zenar che l’insegnante dovrebbe creare un rapporto di conoscenza reciproca con le famiglie: “ogni settimana c’è l’assemblea con le famiglie: ci serve per conoscerle e renderle partecipi del processo educativo, per responsabilizzarle. Inoltre, noi insegnanti andiamo a fare visita alle famiglie degli studenti, per comprendere meglio il contesto da cui arrivano, per conoscere la loro storia ed il loro background.” un altro aspetto fondamentale dell’approccio educativo del Rojava è la responsabilizzazione degli alunni e alunne: ciascuno ha il suo compito, ognuno impara ad essere responsabile per qualche cosa “i compiti vengono dati a rotazione: c’è il coordinamento della classe, ci sono gli studenti che decidono per i posti a sedere, ci sono i responsabili delle pulizie, quelli che decidono quali disegni appendere ai muri… devono sentire la scuola come un posto loro, come la loro seconda casa.” anche per le pulizie di tutta la scuola vengono dati dei compiti agli studenti: “ogni giorno una classe è responsabile delle pulizia dell’edificio scolastico e del cortile” conclude Zenar.
Helin sta studiando in una scuola per diventare insegnante, ed è di Qamislo. Conferma in buona parte quanto detto da Zenar, “il cuore della pedagogia che studiamo qui è la vicinanza al bambino, è il fatto di volergli bene, di capire i suoi bisogni, non come nelle scuole dello Stato. E vengono assegnati diversi compiti all’interno del gruppo-classe per fare imparare agli studenti cosa sia la disciplina.” Helin spiega anche lo stato della riforma scolastica nel cantone di Cizire: “l’anno scorso, in classe prima si studiavano metà delle materie in curdo e metà delle materie in arabo; mentre le altre classi avevano semplicemente 5 ore di lingua curda settimanali. Da quest’anno le prime 3 classi sono state riformate: agli arabi viene insegnato in arabo, mentre ai curdi in curdo, in modo da fornire un’educazione nella propria lingua madre a tutti gli studenti. Per le altre classi, resta il sistema per cui ci sono 5 ore di lingua curda alla settimana.” Zenar, sulla riforma scolastica nel cantone di Kobane, invece afferma: “nella città di Kobane non sono presenti al momento persone di etnia araba, per cui, non dobbiamo dividere le classi tra arabi e curdi. Ci sono alcuni armeni, ma hanno il loro sistema educativo autonomo.” Pone poi l’esempio della città di Gire Spi, liberata da poco: “li è diverso perché praticamente non ci sono curdi ma solo arabi: è sotto richiesta della popolazione araba che insegniamo un’ora alla settimana di lingua curda, perché possano impararla almeno un po’.” E conclude: “il programma è quello di terminare la riforma del sistema scolastico, dalla scuola elementare all’università, entro 5 anni: cioè, secondo i piani attuali, nel 2020 scuole, istituti e università dovrebbero essere riorganizzati.”
Come dicevo, Helin frequenta un corso per diventare insegnanti, e spiega “siamo qui ogni giorno dalle 8 alle 12 del mattino, siamo qui per diventare insegnanti di scuola elementare, non è necessario aver completato il ciclo di studi nelle scuole dello Stato per prendere parte a questi corsi; ma per diventare insegnanti è necessario partecipare a questo corso in questo istituto.” Sama completa: “qui ci sono 8 classi di circa 30 persone ciascuna, per un totale di un po’ meno di 250 persone, dai 18 ai 35 anni. Prima il corso per diventare insegnanti durava 6 mesi, ora un anno, ma in futuro durerà 2 anni. Il primo mese si rinforza la lingua curda, e poi per altri 8 mesi si studiano diverse materie: matematica, inglese, storia, filosofia, conoscenze popolari, computer…” Raperin conclude: “Alla fine del corso c’è un esame generale su quanto studiato, se gli studenti non passano l’esame non diventano insegnanti. Dopo, se uno vuole, può specializzarsi in una delle materie affrontate. C’è un istituto come questo in ogni città del cantone, tranne la città di Qamislo, dove ce ne sono due.”
È da ricordare inoltre, a proposito del sistema educativo, l’apertura dell’università di Afrin questo autunno.
Esistono, all’interno del cantone, onnumerevoli corsi pratici, ogni associazione ha il suo. Per esempio, prima di entrare a far parte del gruppo che lavora sul cinema, la komina film a rojava organizza un corso di cinema. Per esempio, ci sono scuole dove nel pomeriggio si fanno corsi di lingua curda (due/tre volte alla settimana) per chi non sa leggere o scrivere. Ci sono corsi di ecologia, organizzati dalla commissione per l’ecologia, ci sono corsi di giornalismo, organizzati dal sindacato dei giornalisti. Chiaramente, per frequentare questi corsi non è necessario pagare. Ho preso qui alcuni esempi in proposito, ma nel leggerli tenete presente che sono appunto solo alcuni esempi, i corsi di questo tipo sono numerosi e varu.
Il primo esempio, quindi, è quello dei corsi fatti dalle şarerdariye, il corrispondente delle nostre municipalità. Le şarerdariye sono le istituzioni che organizzano la vita nelle città, per esempio fanno il piano regolatore, gestiscono la canalizzazione dell’acqua, le pulizie, le strade, eccetera.
La şarerdariya di Qamislo organizza corsi di 20 giorni per persone che lavorano in questo tipo di istituzioni. “ci sono turni rivolti a chi fa le pulizie, a chi si occupa della difesa, dell’informazione… i corsi durano 20 giorni, e poi, dopo 2-3 giorni di pausa, si inizia con il corso successivo.” Spiega Hacer “All’interno di quei 20 giorni ci sono 10 giorni specifici dedicati al lavoro che i partecipanti compiono all’interno della şarerdariya, anticipati da 10 giorni dedicati allo studio della storia, della filosofia, del ruolo delle donne, del sistema del confederalismo democratico. Adesso il corso è rivolto agli architetti, ci sono circa 50 partecipanti, di cui circa la metà donne.”
Başra, responsabile delle şarerdariye del cantone di Cizire e quindi anche del corso, spiega: “abbiamo notato notevoli miglioramenti nei partecipanti a questi corsi. Prima erano fermi e freddi, avevano bisogno di uno che dicesse loro cosa fare, aspettavano ordini e non riuscivano ad agire per conto loro. Dopo questo perwarde i partecipanti hanno più chiari quali siano i loro compiti, non aspettano più che arrivi qualcuno a dire loro cosa fare.”
Ardan fa parte dell’unione dei giovani del Rojava (YCR), e spiega come anche il loro gruppo organizzi corsi e perwarde. Oltre ai normali corsi di teatro, musica, sport, eccetera, c’è un’accademia dei giovani del Rojava vicino Remilan “il nostro corso è per la difesa del cewhari (letteralmente, “nucleo”: viene utilizzata questa parola per indicare ciò che di bello c’è all’interno degli esseri umani e della società, quello che rende le cose ciò che sono). Consiste per metà in un corso di teoria, di filosofia, di storia e di ideologia politica; per l’altra metà è un corso su come usare le armi.” Questo corso è pensato perché i giovani possano essere parte delle forse locali “HPC” (hezen parastina cewhari (o civaki), cioè le difese di quartiere). “nei corsi deve necessariamente essere presente anche una parte di teoria” continua Ardan “perchè uno deve sapere cosa difende, deve sapere perché difende la sua società: se alzi il fucile senza avere una base ideologica sei debole, perché se non sei sufficientemente motivato hai paura, e non ce la fai. Questi giovani devono essere capaci di difendere la società da tutti gli attacchi, non solo contro gli attacchi armati… devono capire quali sono i valori sociali da difendere.”
È chiaro come alla base quindi, più che la conoscenza pratica, ci sia il fatto non solo di imparare le motivazioni, le ragioni che portano ad agire in un certo modo. Un cambio di mentalità, prima di tutto.
Accademie
Nel cantone di Cizire ci sono almeno 3 accademie che offrono corsi annuali, con la possibilità di rimanere n loco a vivere in maniera comunitaria. Esse sono l’accademia Mesopotamia, dove si studia sociologia; l’accademia di diritto, dove si studia appunto diritto; e l’accademia di arte e cultura.
L’accademia per l’arte e cultura si trova a Tirbespiye (piccola città a est di Qamislo), nell’edificio del centro culturale. “Qui facciamo 7 ore di lezione al giorno più 2 ore di studio individuale la sera. Una volta alla settimana, la sera, si guarda un film: per ora, se si tratta di film turchi o inglesi li traduciamo in tempo reale, ma in futuro li doppieremo.” Spiega Roni, il responsabile. “Questo è il primo anno in cui quest’accademia ha aperto, per cui abbiamo solo 60 studenti, quando ci sarebbe posto per 100. Ci sono 4 case in cui possono dormire qui in paese, e in più altre 20 persone dormono nell’accademia.
Questa accademia presenta diverse sezioni: “ci sono 5 percorsi di studio” dice Roni “nella sezione che studia musica ci sono corsi di solfeggio, note, teoria musicale, strumento, storia della musica; nella sezione che studia cinema le materie sono camera, regia, scenario, cinema internazionale e cinema curdo; nel corso di pittura si studia la pittura a penna nera, ad olio, ad acquerello, e scultura; nella sezione di teatro si studia scenario, recitazione, storia del teatro; e nella sezione di danza si imparano le danze tipiche delle 4 parti del kurdistan, i costumi tradizionali, e ritmo. In più, ci sono alcune lezioni che sono uguali per tutti, come quelle di lingua curda, di storia dell’arte, di filosofia, ed alcuni seminari (come per esempio geografia, ecologia, sociologia eccetera.” “c’è anche un giardino qui fuori, piantiamo pomodori, peperoni, melanzane, eccetera: anche queste sono conoscenze non devono essere perse.” Parlando degli obiettivi che quest’accademia si pone, Roni è molto chiaro: “l’arte e la cultura ci servono per creare una nazione (non uno stato) democratica. Il nostro è un movimento per la cultura, vogliamo creare artisti rivoluzionari: il primo passo è recuperare la cultura curda che era stata persa a causa dell’assimilazione e dei genocidi.” Poi spiega meglio: “il sistema capitalista ci vuole appiattire tutte e tutti alla sua non-cultura: per questo la pratica di recuperare le nostre tradizione e le conoscenze popolari è in se’ stessa una forma di resistenza. La nostra concezione di arte non è legata ai soldi: l’idea di collegare la cultura ai soldi è propria del sistema borghese, gli artisti che formiamo qui sono per la società e per il popolo, non servi dei soldi.
Qui sono arrivati studenti e studentesse da tutti i cantoni del Rojava: da Afrin, Shengal, Kobane, e da Cizire: sono qui non solo per imparare l’arte ma per poi essere organizzati in un sistema comunale e democratico, perché poi possano essere agenti di cambiamento all’interno della loro stessa società.” Roni poi elenca i progetti pratici che verranno messi in atto dopo la fine del corso: “vogliamo fare un’orchestra, dei corti, una tourneè di teatro, esposizioni di quadri, doppiare film in curdo, eccetera. Chi non verrà impiegato in questo diventerà insegnante a sua volta.” Roni, molto motivato nella difesa dell’arte conclude “l’arte è azione diretta per la libertà, prchè essa è il respiro del popolo, perché essa rappresenta la vita nuova.”
L’accademia del diritto si trova in un edificio relativamente piccolo, di due piani, posto tra l’accademia di lingua curda e quella di sociologia (academiya mesopotamiya). In una stanzetta si trovano alcune persone: “in questa stanza spiamo quelli del turno vecchio, seguiamo alcune lezioni ma soprattutto stiamo alla direzione e forniamo lezioni” spiega Kader “qui le lezioni durano 6 mesi, seguite da 6 mesi di pratica. Studiamo principalmente diritto, ma non solo: mentre nell’istruzione statale i saperi erano estremamente parcellizzati, qui noi studiamo un po’ di tutto, pur concentrandoci sul diritto. Abbiamo conoscenze di giustizia sociale, filosofia, filosofia del diritto, storia, civilizzazione, filosofia di Ocalan, eccetera.”
Sempre Kader, poi, spiega come viene approcciato l’argomento giustizia società: “per come ci è stato insegnato prima, il giudice fa giustizia secondo le leggi. Noi, invece, vogliamo agire in base alla giustizia sociale: la base del nostro lavoro è riuscire a risolvere i problemi mettendo d’accordo i contendenti. Quando avviene un diverbio, negli Stati viene risolto ricorrendo al giudice. Qui invece, il primo passo che i contendenti fanno quello di recarsi nella propria comune. Se li il problema non viene risolto, ci si rivolge alla casa del popolo. Se anche qui non si trova soluzione, si va all’assemblea cittadina. Solo successivamente, se non si trova nessun tipo di soluzione che possa mettere d’accordo i contendenti, ci si rivolge al consiglio per la risoluzione dei probelmi” che, aggiungo io, è qualche cosa di abbastanza simile al nostro tribunale, ma su cui non scriverò in maniera approfondita in questa sede.
Nucin, studente di origine siriaca, aggiunge: “dobbiamo riuscire a valutare in accordo con i valori della società; ma anche la società va educata perché possa riconoscere quali sono i suoi valori, i valori che la tengono unita, che ne fanno una società giusta, senza classi e senza schiavi, che le permettono di progredire.”
Sores descrive con più precisione l’organizzazione giornaliera “ci sono 30-35 prtecipanti, dai 19 ai 30 anni, per la maggior parte donne. Il programma giornaliero è il seguente: alle 5.45 ci svegliamo, dalle 6 alle 7 si fa un po’ di sport, dalle 7 alle 7.30 c’è la colazione, le lezioni sono dalle 7.30 alle 11.30, poi pausa pranzo fino alle 14.30, dalle 14.30 alle 17 o 17.30 secondo le esigenze c’è di nuovo lezione, alle 18 guardiamo il notiziario, alle 18.30 c’è la cena, dalle 19.30 alle 22 ci sono seminari, film o studio individuale, e per le 23/23.30 siamo tutti a dormire e si fa silenzio per essere riposati per il giorno successivo. Durante il corso non possiamo accedere ai telefoni o a internet, e ogni 15 giorni ci sono 2 giorni di pausa, in cui possiamo andare a trovare la famiglia, usare il telefono eccetera.”
Kader, poi, torna a spiegare la filosofia secondo cui si svolgono le lezioni, facendo un paragone con il sistema dello Stato siriano. “Prima, stavo all’università dello Stato: la verità, al di fuori dei libri, non veniva esplorata. Gli studenti non erano motivati a porre domande o critiche, non erano spinti a dire la loro opinione, veniva chiesto loro solo di imparare a memoria. Ci veniva proposta una sola verità, un solo pensiero, in quel modo non potevamo capire cosa fosse giusto e cosa no. Ci veniva insegnato per dogmi.” le differenze con questo tipo di educazione sono numerose: “Qui siamo spinti a dire ciascuno il suo pensiero, a discutere in maniera aperta. Siamo motivati a discutere su tutto, anche su ciò che avevamo imparato per dogmi: Dio, la religione, le donne, lo Stato…” non c’è più un’una verità assoluta e statica. “Uno dei problemi della religione è che pone dei dogmi indiscutibili, e questo crea dei confini tra gli esseri umani. Qui sono benvenuti cristiani, yazidi, musulmani, saratustriani, atei, eccetera.” poi, accenna alla filosofia che sta dietro a questa pratica. “I conflitti sono una cosa buona, quando permettono agli esseri umani i progredire. Senza conflitti non possiamo progredire. Però non tutti i conflitti permettono agli esseri umani di progredire. Faccio un esempio: se in quest’accademia sono presenti degli arabi, c’è un conflitto costruttivo nel momento in cui io mi avvicino a loro con la volontà di conoscere e di comprendere, e loro fanno altrettanto. Ma se mi avvicino a loro pensando che tutti gli arabi sono cattivi, che non voglio avere nulla a che fare con gli arabi, beh, il conflitto non fa progredire nessuno, anzi, crea distanze. Faccio un altro esempio: a scuola, nella scuola dello Stato siriano, la mia insegnante era curda. Nonostante questo ci impediva di parlare la lingua curda in classe, neanche poche parole tra noi studenti: dovevamo parlare solo arabo. Questo è un conflitto negativo, perché punta a distruggere la tua identità, non ad arricchirla.”
“gli studenti vengono qui per loro volontà, in seguito a un loro desiderio. Quello che è chiaro è che il sistema del confederalismo democratico e dell’autonomia democratica sono aperti, fatti dagli esseri umani e per questo è essenziale che gli esseri umani imparino” conclude.
Perwarde “chiusi”
Ci sono poi, e a mio giudizio sono i più interessanti, i corsi che si concentrano nella parte che riguarda la storia e la filosofia. Tutti i perwarde, ma questo tipo in particolare, sono uno dei nodi centrali attorno a cui si sviluppa la rivoluzione del Rojava, perché questa è innanzitutto una rivoluzione nel modo di pensare e di vedere il mondo, che porta ad un cambiamento nell’atteggiamento e nelle pratiche, oltre che un cambiamento nelle strutture sociali: l’idea che in molti esprimono qui è che le due cose non possono essere scollegate. Dicono in Rojava che imporre un sistema alternativo con la forza, senza cambiare il modo di vedere le cose, senza cambiare il paradigma con cui si analizza la realtà, è inutile. Dicono, e forse hanno ragione, che il primo luogo dove il Potere che vogliamo combattere affonda le proprie radici, è il nostro pensiero. Che la sua arma più forte è il nostro atteggiamento nei confronti della vita. Dicono, e forse hanno ragione, che se la massa degli schiavi non si ribella, è anche perché non riesce a pensare come un paradigma diverso sia possibile, una delle ragioni è che non riesce ad immaginare un mondo senza schiavi e senza padroni. Dicono, e su questo penso che abbiano ragione, che il modello dello zigurrat, proposto per la prima volta dai sumeri, con i suoi scalini e prime divisioni in classi della società, è la base su cui poi è stata costruita quella che noi chiamiamo civiltà. Dicono che dobbiamo fare proprio un grosso sforzo, per eliminare una mentalità vecchia 5000 anni. Per questo, dicono, perwarde, perwarde, perwarde.
In questa categoria rientrano certamente i perwarde organizzati dai YCR per la difesa cewhari descritti prima, e quello della scuola di diritto. Ma non sono i soli, perché ce ne sono, della durata di 15 giorni o qualche mese, organizzati per tutti e tutte coloro che vogliono partecipare a questa rivoluzione; perché possano comprendere esattamente per che cosa stanno lottando. Probabilmente, è una delle cose che mancano ai movimenti anticapitalisti europei che mi è capitato di conoscere. È per questo che sto spendendo tante parole per descriverli, perché in certi momenti sogno che anche in occidente possa nascere qualcosa di simile ad un’accademia in cui si possano discutere e confrontare diverse visioni rivoluzionarie, libertarie o anticapitaliste. Per tornare a crederci, e per creare alleanze.
Torniamo in Rojava. Nell’academiya Star, nella città di Remilan, c’è il perwarde autonomo delle donne. L’accademia esiste da 3 anni, il perwarde dura 20-25 giorni, e partecipano gruppi di donne attive in diversi campi: in un turno ci sono quelle della sicurezza interna, un altro turno è dedicato a quelle che lavorano nell’istituzione per le famiglie dei martiri, una volta quelle di yeketiya star eccetera. Arjin spiega “Questo è un perwarde autonomo delle donne. È dedicato alle donne e costruito da donne. Le donne sono autonome anche nel perwarde perché questo permette loro di costruire la propria volontà: in tutte le rivoluzioni passate non c’è mai stata l’autonomia delle donne” questo atteggiamento è importante perché troppo spesso le donne vengono educate per fare contenti gli uomini: imparano che devono servire un uomo, o essere “belle” per attirare uomini, e via dicendo. M’è stato raccontato, in altre occasioni, come proprio in questo perwarde autonomo una volta una donna si sia alzata ed abbia detto “questo prwarde è la prima cosa che faccio per me, prima quello che facevo era sempre per altri.” Arjin si spiega meglio: “se siamo solo donne la fiducia di farcela diventa più forte, e riusciamo a capire meglio noi stesse”.
Spiega Arjin che questo perwarde è chiuso, cioè le partecipanti non hanno accesso a internet o telefono, e per la durata del corso restano in accademia. “abbiamo scelto di tenerlo chiuso perché lontano dai problemi famigliari o del mondo esterno che distraggono, abbiamo visto per esperienza che la gente impara meglio. E poi perché qui non ci sono solo lezioni ma facciamo principalmente scuola di vita. Queste donne devono riuscire a trasferire nella vita quello che imparano. È un tempo in cui ripensano la propria vita, quali mancanze ci sono state, quali scopi vogliono proporsi. Non si tratta semplicemente di imparare delle nozioni ma anche e soprattutto di trasferirle nello stile di vita.” le domando se sia riuscita a individuare qualche effettivo cambiamento nelle donne che effettuavano il perwarde, e risponde: “i cambiamenti principali visti sono questi: le donne escono di qui con maggiori conoscenze; acquistano fiducia nel fatto che effettivamente un cambiamento sia possibile, oltre che la volontà di portare avanti questo cambiamento. In altre parole, sono in grado di portare avanti una lotta.” poi si spiega meglio: “spesso le donne arrivano qui vedendo che alcune cose sono sbagliate, ma non sono in grado di opporvisi. Credono di essere le sole a soffrire, ma il fatto di metterle tutte assieme fa loro comprendere che la sofferenza di una è uguale alla sofferenza di tutte, e così scatta il meccanismo di sorellanza, che le rende unite e forti.” “cambiando le donne, poi, di riflesso si cambia anche l’uomo: prima gli uomini non ci stavano, non accettavano che le donne potessero essere attive in politica o imbracciare le armi; ora molti hanno capito, e accettato.”
Dopodichè, Arjin dedica due parole per descrivere l’importanza del perwarde “non è una cosa che serve solo al Rojava, ma per tutti e tutte! Quando la società presenta dei problemi, essi devono essere risolti prima di tutto nella testa degli esseri umani, la prima cosa da cambiare è il modo di pensare. Se non mi fermo a pensare, non posso lottare, ma nemmeno vivere, perché non so quale sia il mio scopo. Alla base del cambiamento ci deve essere un cambio di mentalità: un esempio è appunto l’implementazione del ruolo delle donne.”
Alla fine di questo lungo scritto, non spenderò più di qualche parola riguardo il perwarde che anche io ho frequentato. Credo di essere già stata sufficientemente lunga. Volevo però ricordare alcuni compagni e compagne, compagni e compagne, che erano li con me. Sadiya è una ragazza proveniente da un piccolo villaggio, co-sindaco del suo piccolo villaggio, da cui è uscita pochissime volte; lei si lamentava perché non era capace di scrivere in curdo, e solo poco in arabo, e questo le dispiaceva immensamente, e cercava in tutti i modi di studiare e farsi aiutare. Ricordo quanto insistevamo perché anche lei si alzasse in piedi a dire la suo opinione, e come alla fine avesse acquistato fiducia in se stessa. Sevin è co-presidente della şarerdariya del cantone di Kobane. Raccontava di essere tornata alla sua terra il 20 novembre di un anno fa, qando a Kobane c’era ancora la guerra, mentre la sua famiglia stava ancora nel Kurdistan turco. Sevin, nella Kobane ancora non liberata, se non c’era nulla da fare, andava ad insegnare lingua curda alle poche famiglie di civili presenti: anche Sevin stava nel perwarde a studiare con noi. Hejar (che invece avete sentito nominare nel pezzo riguardo Hasake), alla fine del perwarde, sosteneva che se non era in grado di abbracciare tutte, senza escluderne nessuna, le persone che stavano facendo il perwarde con lui, una volta fuori non sarebbe mai stato davvero un bravo rivoluzionario; perché se non riesci ad abbracciare coloro che compongono la società di cui fai parte e che vuoi cambiare, se non riesci a volere loro sinceramente bene, non sei un buon rivoluzionario
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