Un recente sondaggio pubblicato dal Palestinian Centre for Policy and Survey Research (PCPSR) ha interrogato i palestinesi stessi su cosa pensano riguardo al piano di ‘pace’ (cioè di nuova amministrazione coloniale) promosso dal presidente USA Trump. Le risposte che sono state registrate lascerebbero sicuramente spiazzati molti commentatori occidentali, se solo si prendessero la briga di chiedere ai diretti interessati cosa vogliono.
No al disarmo di Hamas, sfiducia dilagante verso Abbas, alla guida dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), sostegno alla formazione di un comitato per amministrare Gaza, ma senza l’esclusione di Hamas e nemmeno dell’ANP, così come a una forza internazionale, ma solo se il suo scopo è difendere i confini di Gaza e non togliere le armi ad Hamas.
Questo, in sunto, il risultato del sondaggio. È bene dare qualche indicazione tecnica, per evitare strumentalizzazioni e propaganda sui dati che stiamo per riportare. Prima di tutto, l’indagine è stata svolta invervistando di persone poco più di 1.200 persone, di cui circa 760 nella Cisgiordania occupata e circa 440 nella Striscia. Le informazioni sono state trasferite su server a cui solo i ricercatori possono accedere, e i loro calcoli hanno un margine di errore del 3,5%.
La PCPSR è un think tank con sede a Ramallah, ha un’esperienza trentennale nella conduzione di sondaggi, cominciata per verificare le opinioni dei palestinesi dopo le novità introdotte dagli Accordi di Oslo nella prima metà degli anni Novanta. Tra i finanziatori delle sue attività c’è stata anche l’Unione Europea, che ha considerato seriamente i dati elaborati dal gruppo di ricerca, anche in anni recenti.
Quello del PCPSR, insomma, non è il profilo di un istituto ‘connivente’ con Hamas e con i ‘terroristi’, come i sionisti nostrani potrebbero tentare di inventarsi. Del resto, poco più di un anno fa l’IDF aveva sostenuto di aver trovato un documento, tra le macerie di Gaza, che dava prova di come i dati del think tank fossero stati falsficati da Hamas. Al solito, uno dei tanti ritrovamenti ‘fortunati’ delle forze israeliane.
Arriviamo ora ai numeri. Stando alle domande poste tra il 22 e il 25 ottobre, il 70% dei palestinesi si oppone al disarmo di Hamas, anche se ciò dovesse significare la ripresa degli attacchi israeliani. È di certo significativo che la contrarietà al disarmo è maggiore nella West Bank occupata, dove circa l’80% degli intervistati ha dichiarato di volere che l’ala armata del gruppo islamico mantenga le armi. Anche a Gaza, comunque, circa il 55% dei palestinesi la pensa così.
Tali opinioni sono evidentemente collegate alla sfiducia rispetto al ‘piano Trump’ e al fatto che Israele decida di fare marcia indietro sulla pulizia etnica. Infatti, il 62% dei palestinesi ritiene che il percorso elaborato dall’amministrazione statunitense non abbia portato alla fine della guerra una volta per tute, e ancora una volta il pessimismo è maggiore in Cisgiordania che a Gaza.
La popolazione palestinese rimane ancora chiaramente divisa sull’attacco del 7 ottobre 2023: per il 53% è stata una scelta corretta. Quello che è certo è che, comunque, Hamas viene vista come un’opzione meno corrotta dell’ANP. Il 35% dei palestinesi sostiene Hamas, mentre il 24% è a favore di Fatah (il 32% non sostiene nessuno dei due partiti o non ha alcuna opinione).
Hamas supera l’apprezzamento dato a Fatah anche nella Cisgiordania, dove teoricamente governa da anni. In generale, è il 60% degli intervistati che si dice soddisfatta della condotta di Hamas – il 66% nella Cisgiordania occupata e il 51% a Gaza -. Ciò si ripercuote anche sulla soddisfazione che riscuote il presidente palestinese Abbas: si ferma al 23%, mentre l’85% dei palestinesi ne auspica le dimissioni. Marwan Barghouti rimane la figura più apprezzata.
Nello specifico del ‘piano Trump’, il 53% degli intervistati si è dichiarato contrario a un comitato di palestinesi non affiliati ad Hamas o all’ANP per governare Gaza, mentre il 45% lo ha sostenuto. Ancora una volta, l’opposizione è molto più alta in Cisgiordania che a Gaza, che ha vissuto gli ultimi due anni sotto le bombe israeliane.
Ma quando ai palestinesi è stata posta la stessa domanda, ma senza prevedere l’esclusione di Hamas e dell’ANP, aggiungendo che la formazione del comitato sarebbe stata legata ai fondi per la ricostruzione, il 67% dei palestinesi ha sostenuto l’idea. Una dinamica simile è stata ricoscontrata quando si è chiesta un’opinione riguardo a una forza di peacekeeping.
L’opposizione a una forza internazionale araba e musulmana nella Striscia varia notevolmente tra West Bank e Gaza stessa: 78% nella prima, 52% nella seconda. Cifre che si riducono notevolemente quando la funzione delle truppe è stata indicata nella difesa dei confini di Gaza e non nel disarmo di Hamas: il 53% degli intervistati a Gaza e il 43% nella Cisgiordania occupata hanno dichiarato di sostenere la forza, in questo scenario.
Insomma, questi dati confermano che c’è un popolo che parla in favore della sua autodeterminazione. Bisogna fare in modo che i nostri governi guerrafondai comincino ad ascoltarlo.
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Francesco
sondaggio interessante.
resta l’unica consultazione della popolazione palestinese sul proprio futuro, ma è un sondaggio, cioè qualcosa che non serve nulla.