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Berlusconi era e si conferma una “tigre di carta”

Quello che sembrava un Moloch imbattibile, che stava portando al nuovo fascismo etc.. in realtà sta crollando sotto il peso delle sue contraddizioni maturate in un blocco sociale ed elettorale incapace di aprire vere prospettive avanzate per un paese a capitalismo maturo come il nostro. E’ nelle contraddizioni che si sono accentuate con l‘incalzare della crisi che ha smontato pezzo a pezzo il blocco berlusconiano – dagli ex fascisti di An fino ad una Confindustria in crisi di identità passando per i ceti popolari della Lega – che ora si trova la certificazione di morte non presunta ma reale.

Si è evidenziato dunque che Berlusconi è stato una tigre di carta, così come appaiono chiare le difficoltà che attraversa la nostra borghesia nazionale sempre più scompaginata dalla competizione globale e dalla costruzione di una Unione Europea che richiede una classe dirigente in grado di sostenere tale processo; una qualità questa che non appartiene certo ai nostri confindustriali.

Occorre sottolineare come non sia estranea a questa incapacità, quella politica che ha puntato sulla divisione dei sindacati confederali, cioè su quelle strutture che in realtà hanno garantito nei decenni passati la pace sociale in questo paese. Il tentativo di fare fuori la Cgil dal consesso concertativo – con la crisi di Berlusconi – entra in crisi esso stesso, altra prova di una borghesia strutturalmente inadeguata, capace solo di aumentare le proprie contraddizioni.

Sullo specifico dell’importante esito referendario, il dato più rilevante che va evidenziato e sul quale riflettere, è che questo risultato è stato costruito e sostenuto dai movimenti di base, come hanno mostrato le riuscite manifestazioni fatte nei mesi passati con la totale assenza dei partiti e segnatamente del PD. E’ stato un percorso che si è enormemente rafforzato dopo l’incidente nucleare in Giappone, dimostrazione concreta dell’avventurismo delle lobby nucleariste.

Il PD, con cautela, ora rivendica il proprio ruolo ma lucra sul risultato referendario chiedendo le dimissioni di Berlusconi e candidandosi a gestire l’alternativa di governo del paese, sebbene sia noto a tutti che le privatizzazioni sono state il cavallo di battaglia del PD e dei passati governi Prodi.

Da questo contesto emerge un dato obiettivo da analizzare bene e con il quale bisognerà fare i conti nei prossimi mesi. Siamo dentro un passaggio politico che rimette in discussione gli equilibri degli ultimi dieci anni nel nostro paese, ma che non indica affatto una via d’uscita chiara anche per le stesse forze del centrosinistra. Non è chiaro come potranno essere messi assieme gli interessi dei settori popolari con quelli confindustriali e dei poteri forti europei, i quali stanno chiedendo di nuovo lacrime e sangue; la guerra di Libia pone seri problemi nelle relazioni tra i “vincenti”; non si sa se si andrà alle elezioni e neppure se il centro si alleerà con il centro sinistra. Sul dopo-Berlusconi le nebbie sono fitte.

Dentro queste nebbie c’è però un faro che orienta i naviganti, un faro che è in realtà il vero vincitore di questa fase di scontro politico-istituzionale ed è il Presidente della Repubblica Napolitano. Infatti negli ultimi mesi è riuscito a cuocere a fuoco lento la maggioranza di governo, a conquistarsi un ruolo sempre più politico, a gestire i conflitti sulle leggi ad personam, a orientare la politica nazionale e perfino quella internazionale, supplendo a un Berlusconi ormai ridicolizzato a livello mondiale. Insomma Napolitano è oggi la faccia “credibile” del paese. Questo dato, stranamente sottaciuto, è in realtà l’unico punto di ripresa di un ruolo del nostro paese sul piano economico, nella dimensione europea ed in quella internazionale.

Naturalmente sappiamo cosa possa voler dire in prospettiva questo ruolo di Napolitano in termini di politiche sul bilancio pubblico, di ripresa del controllo sociale attraverso i sindacati confederali, di intervento internazionale – come ha ben dimostrato nella vicenda della guerra in Libia – dove il Presidente della Repubblica è intervenuto più volte per spingere in avanti un governo chiaramente in difficoltà, sull’orlo della paralisi politica e dello sputtanamento internazionale. Napolitano è allo stato delle cose l’unico che può garantire un tentativo delle forze antiberlusconiane, non sappiamo ancora in quale forma e con quali alleanze, di gestire la crisi economica e sociale nel modo più razionale possibile. Ovviamente dal loro punto di vista.

Siamo di fronte ad un passaggio reale e dunque le forze di classe hanno una sfida, peraltro interessante, da affrontare. Superato l’antiberlusconismo di maniera si riproporranno nei prossimi mesi le vere contraddizioni con cui fare i conti dentro una costruzione europea che diviene sempre più feroce e che tende a mangiare i propri figli. Passata la fase di legittima gioia per la “liberazione” da Berlusconi (ma non è detto che lo sia anche dal “berlusconismo”), bisognerà capire come nella evoluzione delle contraddizioni si continuerà a costruire uno spazio politico e sociale autonomo capace di raggiungere la propria maturità in un contesto istituzionale che obiettivamente rende la vita difficile ad ogni espressione politicamente indipendente dalle compatibilità con gli interessi delle classi dominanti.

* rete dei comunisti

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