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Governo appeso a Pontida

Il primo ha ovviamente ripetuto la scena dell'”assolutamente sicuro che…”, sia che parlasse della tenuta della maggioranza, dell’esistenza di problemi interni, della riforma fiscale o della guerra contro la Libia. A fianco, un Maroni sogghignante rimandava tutto “a Pontida”. Dove, domenica, Umberto Bossi e il vertice del Carroccio faranno i conti con i malumori di una base sempre più in difficoltà con i propri schemi concettuali da quattro soldi. Non a caso, parlando in diretta tv, Maroni ha annunciato che il periodo di detenzione nei Cie per gli immigrati diventerà addirittura di 18 mesi ed espulsioni coattive immediate. Un anno e mezzo di galera solo per essere arrivati in Italia via nave o in altro modo, senza aver commesso alcun reato pervisto dai codici europei e internazionali (quello di “clandistinità”, infatti, è statao cassato dall’Europa come una bestialità immonda); opure il reimbarco verso casa senza alcuna verifica della sussistenza di diritti individuali (tra cui quello d’asilo). Extra legem e in via amministrativa, come dei “buoni” golpisti all’amatriciana.

A Pontida, comunque, si sa già che la Lega porrà almeno tre “paletti” che ritiene discriminanti per la continuità del governo: riforma fiscale, fine della guerra in Libia (per questioni di spesa, mica umanitarie o di diritto internazionale…) e autorizzazione a “sparare” contro gli immigrati sui barconi (o qualcosa di molto simile, spendibile presso una base disorientata). Nessuno di questi tre aut-aut è praticabile. Ergo, il solo fatto di porli significa di fatto dire che l’esperienza di governo è chiusa.

Non è detto però che questo avvenga già il 22, data in cui è previsto un voto di verifica (o di fiducia) per aver imbarcato nella maggioranza il gruppo dei “responsabili”, affidando loro anche alcuni posti di governo e sottogoverno. La Lega, a quel punto, può scegliere se tirare la corda fino a dopo l’estate oppure chiudere subito la partita. Dipenderà da molte cose (senza dimenticare le inchieste giudiziarie che stanno riassalendo da tutti i lati gli uomini di punta dell’entourage berlusconiano). Ma il dado sembra tratto.

La strada per un altro governo è a questo punto spalancata. Impensabile andare al voto con questa legge elettorale e una manovra “lacrime e sangue” da varare. L’ipotesi più probabile, al momento, è una crisi dell’attuale maggioranza e una fase “interlocutoria” in cui l’unica soluzione diventa un “governo tecnico”, detto anche di “salvezza nazionale” e persino “del presidente”. Un esecutivo temporaneo politicamente irresponsabile (senza alcun rappresentate di partito all’interno) ma sostenuto da tutte  – tutte – le formazioni presenti in parlamento (tranne forse i berlusconiani di strettissima osservanza e disposti a morire, politicamente, insieme a lui). Il compito di questo governo si riduce a due punti: la manovrae conomica da 47 miliardi in due anni (senza riforma fiscale, tecnicamente complicata e politicamente insostenibile) e una nuova legge elettorale. Proprio ieri il gotha della borghesia italiana ha presentato una proposta di referendum che sostanzaìialmente reintroduce la preferenza personale e il proporzionale con sbarramento al 4%.

Un governo che non profferirebbe parola sulla modifica delle relazioni industriali imposta dalla Fiat e, in parte, da Confindustria. se non altro per il buon motivo che proprio da Confindustria arriverebbero i “tecnici” chiamati a governare.

Un panorama agghicciante che non tine e in nessun conto il vento del cambiamento rivelato dalle elezioni amministrative e soprattutto dai referendum del 12-13 giugno. Un panorama cui si può rispondere soltanto conflittualmente. Alla greca o alla spagnola, si vedrà.

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