Cerchiamo di sottrarci al rumore di fondo e proviamo a guardare da fuori il nauseabondo pasticcio europeo aperto da Salvini con la “chiusura dei porti” alle navi delle Ong con migranti a bordo.
In estrema sintesi: al rifiuto italiano – che viola diverse leggi internazionali e ovviamente la più antica “legge del mare” – ha fatto seguito la mossa di marketing del neopresidente spagnolo Suarez e un inedito scontro con la Francia a colpi di “vomitevole”, che non è esattamente il linguaggio diplomatico normale. Specie tra paesi membri delle stesse alleanze (Nato, Unione Europea, ecc).
C’è un lato “nazionale” particolarmente orrendo con tutte – praticamente tutte – le formazioni politiche improvvisamente tornate “nazionaliste” dure e pure nel rispedire al mittente francese le critiche più aspre. Anche LeU si è unita a questo coro, rivelando una volta di più la sua natura complice e corriva. Parzialmente diversa la posizione del Pd (e tutti i giornali mainstream, a partire da Repubblica), che ha continuato ad attaccare il governo e basta, offrendo così l’immagine di un partito servile nei confronti di “stranieri” percepiti come alquanto boriosi. Del resto, se il linguaggio della politica è arrivato a coincidere con quello da stadio, non c’è da stupirsi se la dialettica si restringe alla reazione da tifosi acefali.
Nel frattempo, i 629 migranti a bordo della nave Aquarius sono stati in larga parte trasferiti su navi militari italiane, comunque in viaggio verso l’agognata Valencia, nel sud della Spagna. Quasi 1.000 migranti raccolti in mare da un’altra nave – la Diciotti – sbarcheranno invece senza fanfare né scandalo a Catania. Non c’era altra soluzione, visto che si tratta di una nave militare del “nostro” paese e quindi la retorica salviniana non aveva appigli.
Diciamo che così, però, si chiarisce ancora meglio l’intento solo propagandistico del ruspante leader leghista. Fermare le ondate di migranti è praticamente impossibile, nonostante il lavoro sporco subappaltato ai carnefici libici del “governo” Serraj, e quindi il suo obiettivo vero è di fatto eliminare la presenza delle Ong, fin qui unico filtro civile tra i migranti in mare e il loro “trattamento militare” (in partenza e in arrivo). A voler essere cattivi, insomma, si cerca di togliere di mezzo possibili testimoni…
In questa vicenda, com’è palese, non c’è nessuno che abbia una minima parvenza di ragione; né che sia mosso da “intenti umanitari”. La Francia di Macron, e prima ancora quella di Sarkozy, può essere incolpata di tutto senza sbagliare mai il bersaglio. E’ lei a respingere i migranti su tutti i confini (famoso lo sconfinamento dei flics a Bardenecchia). E’ stata lei a voler abbattere Gheddafi e distruggere lo Stato libico, creando quel vuoto di potere in cui si sono infilate milizie tribali, l’Isis e Al Qaeda. Lo ha fatto per difendere fino alla fine il suo residuo potere coloniale, incentrato sulla funzione del Franco Cfa, minacciato dal progetto gheddafiano di una “moneta unica africana” (oltre a un satellite per le telecomunicazioni in grado di rendere autonomo il continente anche su questo piano). Dalla Francia sono state portate innumerevoli azioni di guerra nell’Africa sahariana e subsahariana (in Mali, Niger, ecc), alla riconquista di bacini di uranio e altri minerali rari ma strategici. E da cui fuggono a centinaia di migliaia gli antichi residenti.
Sulla serietà della critica macroniana al governo grillin-leghista basta citare un piccolo episodio di ieri: il presidente dell’Assemblea di Corsica, l’indipendentista Jean-Guy Talamoni, ha proposto con un tweet di accogliere l’Aquarius in uno dei porti dell’isola, ripresa anche dal presidente del Consiglio esecutivo corso, Gilles Simeoni. Il governo centrale, con il segretario di Stato agli Esteri, Jean-Baptiste Lemoyne, si è comportato esattamente come Salvini: “Il porto più sicuro per Aquarius è tra Malta e l’Italia, non è la Corsica”.
Diciamo che mai come in questo caso, come si dice a Roma, il più pulito c’ha la rogna. Non saremo certo noi a metterci a fare il tifo per Tizio o Caio…
Ma questa è l’Unione Europea reale. Chi aveva creduto nella favola dell’”Europa”, della fine dei conflitti interni, delle magnifiche sorti e progressive, è ora costretto a svegliarsi e prendere atto della realtà. E’ una sovrastruttura di trattati e tecnocrati che bada unicamente alla protezione degli interessi economici dei “mercati” e del paese dominante, ma è completamente indifferente – anzi: ostile – alle popolazioni. Figuriamoci ai migranti…
Al momento, il fasciorazzista Salvini sembra il mattatore assoluto, quello che ha “battuto i pugni sul tavolo” e segnato un punto. Ma il gioco europeo è un tantino più complesso, e se ne accorgerà – il governo intero, dunque anche questo ingombrante primattore – già a fine mese, quando i capi di stato e di governo si vedranno per approvare oppure no una serie di proposte franco-tedesche di revisione o riscrittura di trattati, in vista della creazione di una “Europa a due velocità”.
Ai tavoli di discussione ci sono molti dossier aperti, tutti molto più importanti – economicamente parlando – della “questione migranti”. Ovvero sull’argomento su cui l’Unione appare più slabbrata, inconsistente, incapace di trovare una quadra. Salvini ha segnato il punto sul dossier meno rilevante, insomma. E probabilmente ha esaurito in un colpo solo il bonus di contrattazione che l’Unione deve concedere a qualsiasi governo nazionale, specie se nuovo e con programmi potenzialmente dannosi per la governance continentale.
Vedremo presto, insomma, se la “flessibilità” richiesta sui conti pubblici sarà concessa, e in che misura. E quindi quali effetti una eventuale “chiusura sui conti” – ben più rilevante di quella dei porti – avrà sui margini disponibili per realizzare almeno in piccola parte le promesse elettorali.
Salvini si è fatto molti nemici in un colpo solo, a Bruxelles. Per quanto grande sia il peso dell’Italia – too big to fail – il risiko leghista si troverà davanti ora molti nein, più di quanti ne abbiano trovato i predecessori. I vincoli di bilancio diventeranno più stringenti, comunque, con l’entrata a regime del Fiscal Compact. Per realizzare anche solo lametà di quanto promesso servirebbe un progetto ben ragionato di “rottura” del quadro Ue-ista – da destra, ovviamente – che palesemente questo governo (tre governi in uno, abbiamo detto) non ha e non può avere.
Ma non ci sarà da gioire se questa nauseabonda Unione avrà la meglio sul fasciorazzista, così come non c’era nulla da festeggiare quando la stessa Unione costrinse Berlusconi ad abbandonare il ponte di comando, nel 2011. Se il più pulito c’ha la rogna, la nostra unica speranza è nello sviluppare una soggettività popolare radicalmente contro tutta questa roba.
Cominciamo sabato, a Roma, con la prima manifestazione nazionale contro questo governo.
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