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Piazza e Statuto. Uno, naturalmente

Da domani gli aderenti a Potere al Popolo – ormai quasi diecimila – saranno chiamati a esprimersi sullo Statuto del movimento. Lo faranno attraverso una piattaforma online, dopo averne discusso in decine di assemblee territoriali e in presenza di due proposte diverse. L’approccio a questa modalità ha suscitato qualche apprensione, soprattutto tra gli attivisti meno “digitali”, ma c’è sempre una prima volta per ogni cosa.

E’ evidente che quella del 6-7-8-9 ottobre non sarà solo una votazione sullo Statuto. E’ un passaggio politico necessario a consolidare un movimento che molti pensavano (e forse si auguravano) si sarebbe sciolto dopo il non certo entusiasmante risultato elettorale del 4 marzo.

Ma così non è stato. Al contrario, la spinta che aveva portato a presentare Potere al Popolo alle elezioni è diventata qualcosa di più e di più solido di un semplice “cartello elettorale”. Già questo è stato sufficiente a scombinare le consuetudini e le liturgie di una certa “sinistra”, con cui la premessa del primo Statuto (Indietro non si torna) intende realizzare una totale e reale discontinuità.

Basta solo questo per comprendere come in discussione non ci siano solo le “regole”, ma la sostanza, la funzione, la natura e l’indipendenza politica di Potere al Popolo.

Secondo i sostenitori della bozza di statuto Indietro non si torna serve un movimento politico e popolare capace di agire nella realtà sociale del paese, fondato quindi sulle e sugli attivisti, su una attitudine fortemente orientata all’intervento politico/sociale. Non è invece utile, ed è stato quasi sempre dannoso, un “comitato elettorale” in cerca di buone occasioni, che si forma o si risveglia solo quando si preparano le urne.

In qualche modo, questa diversa “attitudine al fare” intende togliersi dalle spalle “la scimmia” della sconfitta, lo scetticismo pessimistico e l’impotenza di fronte alla regressione complessiva imperante nel paese; dove si è invece chiamati ad agire politicamente e con urgenza.

Questa spinta viene talvolta strumentalmente definita come “settaria”, perché tiene a distanza ogni richiamo della foresta sull’”unità della sinistra” a prescindere dal che fare, come fosse un valore in sé che protegge da guai peggiori. Niente di più sballato. L’indipendenza politica, una visione aggiornata della rottura rivoluzionaria e la sedimentazione sociale sono i presupposti per ogni confronto e per ogni alleanza necessaria. Il suo contrario – l’unità subordinata, la sindrome del “meno peggio”, la rinuncia all’intervento sociale e territoriale – ha portato la “sinistra” nella palude in cui si dibatte senza uscirne fuori da almeno un decennio. Lontana dal blocco sociale storico e individuata dal popolo come estranea, se non addirittura nemica per aver applicato l’austerità imposta dall’Unione Europea o non averla seriamente contrastata.

Approcci diversi, a volte neanche chiaramente esplicitati, che non hanno consentito una sintesi su uno Statuto comune a tutte le componenti e le anime di Potere al Popolo. Ci si è provato per quattro mesi, non per un giorno.

Il primo Statuto delinea almeno approssimativamente una struttura decisionale senza troppi passaggi intermedi, che mette la base degli attivisti di fronte alle proprie responsabilità nelle scelte, inclusa quella dell’elezione diretta dei portavoce nazionali e dei membri del coordinamento nazionale. Ci sembra la formula più adatta, sia alle dimensioni attuali del movimento, sia alla volontà di mettere in moto energie e fantasia.

Nel secondo Statuto viene invece a nostro avviso riproposta una struttura di funzionamento e di decisione molto tradizionale, fondata su strutture di delegati ad ogni livello, con le ben note “viscosità” che si vengono a creare intorno a singoli o gruppetti che si percepiscono come “dirigenti”. E’ una strutturazione, questa si, “da partito”, anche se, visti i tempi e i feroci ridimensionamenti avvenuti negli anni, sicuramente più da “partitino”.

Nelle assemblee territoriali e anche sui social network, in realtà, si è dibattuto molto sullo Statuto 1 (Indietro non si torna) e assai meno della seconda proposta. E’ una constatazione obbiettiva, nulla di più. Al massimo, di fronte all’ipotesi certo non ottimale di doversi misurare su due proposte diverse, si è insistito sulla necessità di arrivare a uno “statuto condiviso”. Senza che però se ne potesse tracciare la forma concreta.

Dopo quattro mesi di confronto il rischio – evidente – era quello di ritrovarsi in una sorta di gioco dell’oca, in cui la strutturazione effettiva di Potere al Popolo viene riportata ogni volta alla casella di partenza.

Un rischio debilitante sempre, ma ancora più serio quando – come ora – si va lavorando alacremente per preparare l’assemblea nazionale del 20-21 ottobre e la grande manifestazione del 20, la prima e unica contro questo governo a tripla trazione.

Del resto ognuno sa – nulla è segreto, nel dibattito della “sinistra” – che il “non scioglimento” di PaP successivo alle elezioni del 4 marzo ha creato malumori e sofferenze, quasi esclusivamente nelle organizzazioni politiche abituate da sempre al “dalemone elettorale”. Documenti e prese di posizione contro Potere al Popolo, o contro il proseguimento della partecipazione del proprio partito a questo movimento, sono apparsi quasi subito. Quasi 200 dirigenti nazionali e locali del Prc, per esempio, si riuniranno sabato a Firenze per ribadire “Rifondazione: ieri, oggi, domani”, contro la linea tenuta fin qui dalla segreteria del loro partito.

Quando si mette in moto qualcosa che prova a rispondere a esigenze non soddisfatte – la rappresentanza politica del nostro blocco sociale – è del tutto normale che ci sia dubbio, sofferenza, incertezza nel corpo militante abituato ad altre pratiche e movenze. E’ del tutto normale che si pensi di poter fare di nuovo quel che si conosce meglio. Ma è anche il modo per ripetere gli stessi errori, crediamo.

Sbaglieremo certamente ancora, ma che siano almeno errori nuovi, da cui imparare qualcosa che non sapevamo.

Per questo – e con molta decisione – diciamo oggi più che mai che Indietro non si torna!

 

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