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Atene ha pianto, Roma non ride. E’ ultimatum

Se il governo italiano entro lunedì non assicurerà, per iscritto, che cambierà la manovra di bilancio e farà scendere il deficit invece di aumentare la spesa, partirà l’offensiva di tutti gli apparati di comando dell’Unione Europea contro l’Italia, esattamente come avvenuto per la Grecia. Praticamente è un ultimatum, il primo.

Con una lettera durissima – assai più di quanto fin qui si era immaginato il governo – la Commissione europea ha indicato nel dettaglio la “deviazione senza precedenti nella storia del Patto di stabilità”. Testualmente è scritto nella lettera che gli scostamenti dell’Italia dai diktat europei sembrerebbero configurare “un’inosservanza particolarmente grave degli obblighi di politica finanziaria definiti nel Patto di Stabilità e Crescita”, di cui all’Articolo 7(2) del Regolamento (UE) n. 473/2013”. Una conferma ulteriore che i problemi di sopravvivenza e autonomia decisionale di un paese sulle priorità di spesa dipendono dai Trattati europei.

La lettera sarà sul tavolo dei commissari martedì prossimo, e i “kommissar” firmeranno la bocciatura formale della manovra di bilancio italiano. Infine l’Eurogruppo il 5 novembre prossimo, avallerà politicamente la decisione dei commissari. Non solo.

Per Bruxelles il bilancio italiano punta a “un non rispetto particolarmente serio degli obblighi del Patto”, a causa di “una espansione vicina all’1% e ad una deviazione dagli obiettivi pari all’1,5%”.

Gli effetti della lettera e dell’ultimatum di Bruxelles si sono già palesati con lo spread, che questa mattina ha superato quota 337, a un passo dai 340 punti base. Tutti gli analisti concordano che lo schizzare in alto di quello che è ormai diventato un paradigma, è dovuto alla bocciatura da parte dell’Unione Europea della manovra di bilancio del governo italiano.

All’ultimatum della Ue ha risposto Di Maio da Figline Valdarno, dove è andato a trovare gli operai della Beckaert che hanno ottenuto la cassa integrazione. E qui ha detto una cosa giusta e una che presuppone coerenza e lungimiranza superiori a quelle fin qui dimostrate. La prima: “Voglio dire a quei signori (Junker e Moscovici, ndr) venite con me nelle fabbriche e nelle piazze e venite a dire a questa agente che non hanno diritto al lavoro e alla pensione”. La seconda: “Un paese come l’Italia, che è la seconda potenza manifatturiera d’Europa e contribuente netto, non può accettare ultimatum, quindi non lo considero un ultimatum”.

Sta in questo la contraddizione e la tragedia con cui Di Maio e il governo devono fare i conti.

Si è palesata anche in Italia, dopo la Grecia, la contraddizione tra i diktat dell’Unione Europea e le condizioni materiali di vita della gente. In Grecia, due governi, uno moderato e uno di sinistra, hanno provato a negoziare con i “kommissar” ma senza aver ottenuto alcun risultato né speranza di negoziato. E allora occorre imparare, e in fretta, dalla storia di questi ultimissimi anni.

O il governo lunedi accetta di piegare la testa, come avvenuto in Grecia anche dopo il coraggioso referendum che disse Oxi (NO) ai diktat di Bruxelles, e quindi si continueranno a praticare esclusivamente le politiche di austerità “lacrime e sangue”, oppure ci si mette apertamente di traverso rendendone consapevole l’intero paese e mandando messaggi nella stessa direzione alle forze popolari e antiausterity negli altri paesi.
Ma la compagnia di giro di questo governo non appare all’altezza. Ha in pancia il fetore della Lega – che abbaia contro Bruxelles ma pensa alla tasca delle imprese – incluse di quelle che praticano a tutto spiano l’evasione fiscale – ed a scatenare la rabbia popolare solo contro immigrati e poveri. Ha in pancia una nuova classe dirigente pentastellata assolutamente senza visione strategica e inadeguata a fronteggiare un nemico strutturato come gli apparati e la visione dell’Unione Europea. Ha interlocutori in Europa che emanano lo stesso fetore della Lega e sono già pronti ad allinearsi ai desideri della borghesia europea (vedi il “governo amico” dell’Austria o quelli dell’Europa dell’est).

Sul piano oggettivo staremmo meglio della Grecia per mettersi di traverso – l’Italia è più grande, più ricca, più condizionante anche nel contesto europeo – ma stiamo peggio della Grecia sul piano della soggettività politica capace di affrontare questa sfida quando se ne è presentata l’occasione. La “sinistra” è completamente fuori gioco. O è allineata con i diktat dell’Unione Europea o si ritrae davanti allo scontro per la paura delle parole, la subalternità ideologica al modello lib/lab europeo e lo scarsa fiducia nella propria indipendenza politica.

L’unico soggetto politico che ha cominciato a porsi il problema è Potere al Popolo. In ritardo sui tempi (le cose vanno ogni giorno maledettamente più veloci), spesso rallentato da resistenze old style e avvitamenti sulle questioni statutarie, ma se l’è posto. Il lavoro per ricomporre e organizzare il nostro “blocco sociale” è immenso, ma solo se capiamo esattamente in che direzione è necessario e possibile andare potremo fare l’indispensabile salto dall’”acquario” dell’ex sinistra radicale al mare tempestoso della lotta per cambiare davvero le cose. E la rottura contro i diktat dell’Unione Europea è un passaggio obbligato di questo percorso.

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4 Commenti


  • augusto paris

    carao Cararo
    oggi ed ora si deve appoggiare Di Maio, almeno proviamo a ricostruire qualcosa, di effettivo
    io ho votato PAP,
    Ma vi prego aiutiamo i cinque stelle.
    Di Maio è coraggioso ed onesto e qualche risultato lo sta portando a casa, avra i limiti ma come si dice a Roma.
    OGNI MEJO E MEJO e qualosa è mejo di niente
    O aspettiamo per ottenere qualcosa la rivoluzione di PAP?


    • Redazione Contropiano

      Caro Paris, quello che riteniamo urgente da fare, adesso e non aspettando la rivoluzione, lo abbiamo detto, scritto e agito da mesi, in alcuni casi da anni. Sabato saremo in piazza chiedendo le nazionalizzazioni dei servizi e delle infrastutture strategiche. Di Maio ha evocato la questione ma poi si è persa. Da mesi stiamo raccogliendo le firme per un referendum sull’adesione o meno dell’Italia ai Trattati europei. Il M5S il referendum sull’euro lo ha evocato tempo addietro ma poi si è perso. Analogamente lo stiamo facendo sull’art.81 che ha introdotto l’obbligo di pareggio di bilancio in Costituzione al quale si richiama il Quirinale per impedire ogni scostamento della spesa pubblica. Anche questo obiettivo è stato evocato e poi si è perso. O sei maggioranza di governo e quindi procedi sugli obiettivi annunciati oppure hai voglia a tirare per la giacchetta qualcuno. Moscovici, Junker e i loro cani da guardia hanno fatto capire chiaro e tondo che non c’è più tempo, è tempo di scelte decisive e dirimenti, qui ed ora


  • yak

    Appunto, mi pare che si faccia fatica a individuare Bruxelles e la BCE come nemico di gran lunga principale. La manifestazione di sabato è stata giustamente convocata perché si imbocchi con decisione la strada delle nazionalizzazioni, ma su FB leggo un manifesto di PaP che la qualifica a grandi caratteri come manifestazione contro il governo. Per andare a parare dove? Per spianare oggettivamente la strada a un governo Cottarelli o di qualche altro quisling, o “del presidente”? Vedo molta ambiguità su questa cosa. In un momento come questo, in cui PD e soci, grande ( e piccola) stampa, televisioni etc. stanno pompando schifosamente perché salga lo spread, intervenga la troika, si verifichi un “golpe bianco”. preferisco che al governo rimangano questi, e non sono il solo, ve lo garantisco


    • Redazione Contropiano

      il fatto che non si abbia oggi la forza per andare a governare noi non significa affatto che, allora, si debba essere “neutri” davanti a questo governo sennò arriva quello della Ue (Cottarelli o chi per lui). Bisogna uscire dalla logica dei tifosi, quella secondo cui se sei “contro Tizio” allora sei “per Caio”. Abbiamo l’ambizione di giocare in proprio, per vincere su Tizio e Caio…

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