Abbiamo un decreto speciale, formalmente contro i raduni musicali autoprodotti conosciuti come Rave, una condanna spropositata contro un anarchico che è arrivata all’esame della Corte Costituzionale e cinque ragazzi che rischiano condanne assurde rispetto al fatto commesso.
Sullo sfondo una società in cui impoverimento e disagio sociale crescono esponenzialmente da anni, “grazie” a risposte del potere vanno verso l’aggravamento di questa contraddizione.
Adesso uniamo i puntini di questi quattro fatti. Che cosa ne ricaviamo? Sostanzialmente che questa società somiglierà sempre di più ad una caserma, sia dentro che fuori.
All’esterno, la scelta degli ultimi governi di farsi coinvolgere in una guerra conforma “l’accasermamento” dell’Italia nello scontro in corso a livello globale tra i due nuovi grandi blocchi: quello euroatlantico e quello euroasiatico.
Le cronache della guerra quotidiana, che continua nella faglia ucraina, fa somigliare i telegiornali a quelli del “1984” orwelliano. Non ci sono ancora le riunioni per la “manifestazione dell’odio”, ma poco ci manca.
All’interno c’è una guerra di classe dall’alto – nel senso dei ricchi contro i poveri – in corso da anni e che ha perso ormai ogni freno inibitorio nelle scelte, nei contenuti e nel linguaggio. Persino il Papa fa fatica nel cercare di limitarne gli eccessi.
I dati ufficiali ci dicono quanto sia cresciuta ogni anno la platea dell’impoverimento – aggiungendovi anche quelli che un lavoro ce l’hanno, ma guadagnano troppo poco – e l’area del disagio sociale, ormai estesa anche a settori che fino a qualche anno fa si percepivano come “ceti medi”.
Specularmente i ricchi si sono arricchiti ancora di più e la voracità della loro appropriazione privata della ricchezza ha polverizzato anche il presunto “effetto sgocciolamento” verso il basso con cui, per decenni, è stata magnificata l’inamovibilità del dominio borghese sulla società.
Il governo in carica cavalca allegramente questa brutale polarizzazione sociale salvaguardando gli interessi materiali solo dei propri elettori e agitando la clava dell’ordine e della legalità, della severità delle condanne e delle punizioni. Una logica perfettamente sovrapponibile a quella delle “leggi contro i poveri” della prima Rivoluzione industriale, facendo sostanzialmente regredire – agli albori – la storia della civiltà in Occidente.
Del resto è proprio il modello occidentale ad aver rimosso e riposto in cantina gli elementi progressivi del proprio sviluppo.
La contrapposizione tra Giardino e Giungla – intendendo con essi l’Occidente contro il resto del mondo – sintetizza la fase storica in cui ci troviamo a vivere ed agire.
Di conseguenza, ogni seme dissonante nel “Giardino” va estirpato, tanto più se passa da un sempre meno tollerato “dissenso” delle opinioni alla denuncia delle responsabilità politiche.
Come disse Don Gallo “se aiuto i poveri dicono che sono un santo, se chiedo perché ci sono i poveri dicono che sono un comunista”.
Fin quando i ragazzi di Ultima Generazione hanno fatto incazzare migliaia di automobilisti bloccando il Raccordo Anulare di Roma, le loro azioni di denuncia sull’infarto ecologico del pianeta venivano ritenute irritanti, ma accettabili. Così come quando hanno imbrattato alcune opere d’arte…
Ma quando hanno preso di petto i palazzi simbolo del potere politico hanno rotto l’incantesimo, la narrazione greenwashing per cui saremmo – dall’ultima delle vittime al primo degli speculatori – tutti egualmente “ambientalisti” e tutti egualmente “colpevoli”.
Hanno insomma cominciato a rendere evidente che c’è un mondo che chiede di intervenire per fermare il disastro e qualcuno che, pur di mantenere la fonte dei propri guadagni, è disposto a portare l’umanità intera in quell’abisso. E i governi proteggono questi ultimi…
Quindi quei ragazzi vanno puniti “severamente”. Con misure, procedure e ipotesi di reato fuori da ogni “proporzionalità” con le forme – assolutamente pacifiche – della protesta.
Perché risulti chiaro a tutti che il Potere può fare qualsiasi cosa voglia, e nessuno dei sottoposti deve neanche pensare a protestare.
La società-caserma che ha in mente il governo Meloni e il suo entourage di “fascisti dentro” è il dato con cui occorre fare i conti, e sarebbe un errore sottovalutare le conseguenze sulla democrazia e le libertà politiche di uno Stato in via di “de-costituzionalizzazione”.
La stessa insistenza sul “presidenzialismo” è solo la punta dell’iceberg di un processo di smantellamento dell’assetto costituzionale in corso peraltro da anni.
Il “pilota automatico” sull’economia e la politica internazionale è stabilito dai vincoli della Ue e della Nato. Al governo “nazionale” resta mano libera sui meccanismi della vita politica interna ed è a questi che si dedicheranno i volenterosi carnefici della democrazia così come l’abbiamo conosciuta e come sta cambiando volto.
Basta infatti alzare gli occhi dal nero panorama politico italiano per vedere che lo stesso processo sta avanzando a grandi passi in tutto l’Occidente neoliberista.
Migliaia di attivisti ambientali sono stati negli ultimi mesi arrestati, inquisiti, perquisiti, denunciati in Gran Bretagna, Germania ed altri paesi. Non importa più che tu sia un violento o un seguace di Gandhi, semplicemente “non devi disturbare chi fa i soldi”. Meloni sta lì per quello, e lo dice continuamente…
Quella contro l’infarto ecologico diventa insomma una lotta vera e propria, contro un nemico non più astratto (l’”opera dell’uomo”) ma chiaramente identificabile: il capitalismo, le imprese, i governi.
Lo stesso nemico che ci rende ogni giorno più poveri, sfruttati, senza difese individuali o collettive.
Unificare queste lotte non è soltanto un bisogno di chi crede che questo mondo vada radicalmente cambiato, e al più presto. E’ nell’ordine normale delle cose. Ce lo stanno dicendo gli stessi governi occidentali, con la loro ottusa azione repressiva.
Abbiamo a che fare con dei servi pericolosi e cattivi, che sono – e si sentono – a fine corsa. Prendiamone atto e diamoci razionalmente da fare.
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