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Il derby di Milano e il “genocidio sociale”

Pierluigi Battista snocciola i capi d’accusa contro il presidente del consiglio. Per citare solo quelli riguardanti l’economia si parla di “lunga e inarrestabile mutazione genetica” del centrodestra che ha spento “ogni afflato liberista nei dogmi di un neo-statalismo invasivo, dirigista, sfrenatamente spartitorio”; “l’estromissione del reprobo Fini … ha posto una pietra tombale su ogni traccia di spirito liberale”; “liberalizzazione è diventata una brutta parola, la privatizzazione addirittura un difetto attribuito alla sinistra”; “il merito, perno e cardine di ogni rivoluzione liberale che si rispetti, si è perduto per strada”; “i lacci e i lacciuoli che soffocano l’economia e la società restano inalterati” mentre “l’elettrizzante follia del ‘milione di posti di lavoro’ si è deformata nella promessa di campi da golf a Lampedusa e nell’acquisto di una casa in loco (a proposito: quel benedetto rogito è stato alla fine firmato?)”.

Ernesto Galli della Loggia si domanda: “Ma davvero si può pensare che dilagare sui telegiornali, promettere ministeri, togliere multe, elargire mance e favori possa rovesciare un risultato che ha cause politiche profonde?” e detta un elenco di misure a costo zero che il governo di centrodestra, qualunque sia il risultato finale di Milano, dovrebbe prendere entro la fine della legislatura: istituire un sistema di controllo delle tariffe assicurative e del prezzo del carburante, togliere alle istituzioni locali meridionali ad alta densità criminale la gestione degli appalti pubblici affidandoli alle prefetture, tenere aperti gli uffici postali sino alle 18, liberalizzare gli orari nel commercio, abolire il numero chiuso dei notai e delle licenze delle farmacie, cancellare l’ordine dei giornalisti, rinverdire il decreto Galasso che vietava di edificare sino a trecento metri dalla linea di costa ed infine il blocco della costruzione delle “mostruose” pale eoliche.

Nel derby di Milano di domenica prossima, per il grande padronato è fondamentale la vittoria di Giuliano Pisapia; e se ciò non dovesse bastare ad abbattere Silvio Berlusconi e il suo governo di ascari, non è esclusa una campagna mediatica pro quorum ai referendum del 12-13 giugno prossimi, anche se ciò dovesse comportare la momentanea rinuncia ai business dell’acqua e del nucleare.

Il presidente del Consiglio non è ritenuto idoneo ad affrontare una fase in cui l’Europa ci chiede drastiche misure economiche per abbattere il deficit. Berlusconi è ormai un uomo sotto assedio, pressato da Confindustria, braccato dalla giustizia, taglieggiato dalle escort per comprare il loro silenzio e politicamente sotto scacco della Lega e di “responsabili” sempre più avidi. Ma Berlusconi, ad esempio, non aumenterebbe mai le licenze di taxi, né abolirebbe il numero chiuso di notai , farmacisti ecc. colpendo una parte della sua base elettorale. Per questi provvedimenti meglio i dirigenti della cosiddetta “sinistra” che, come tutti i neo convertiti, hanno bisogno di dimostrare costantemente la loro ormai incrollabile fedeltà nei principi liberali e liberisti.

Sono però soprattutto i provvedimenti economici non più rinviabili, ormai incombenti, che angustiano i padroni. Su quasi tutti i quotidiani occorre sfogliare almeno una ventina di pagine, e dopo le pernacchie di Bossi, le moschee piene di terroristi islamici e cazzate padane varie, si trova finalmente la notizia con la N maiuscola, e cioè che la Corte dei Conti suggerisce a Tremonti di continuare sulla strada dei tagli alla spesa pubblica per ottemperare ai vincoli europei. I titoli parlano di 35-40 miliardi di euro tanto per cominciare, ma bisogna poi leggere attentamente l’articolo per sapere che dal 2015 in poi saranno necessarie manovre di 46 miliardi ogni anno. Non viene citata una scadenza definitiva delle rate da pagare. Qualche giorno addietro, nel corso di un convegno, Mario Draghi aveva già annunciato che i tagli andranno fatti sulle principali voci di spesa, che tutti sanno quali sono: pensioni, stato sociale, più qualche provvedimento puramente demagogico del genere eliminazione di qualche auto blu, riduzione simbolica del numero dei parlamentari e dei loro emolumenti ecc. tanto per dimostrare che la manovra è equa. La sinistra al completo tace opportunisticamente sulle rate dal 2015 in poi preferendo solo accollare la responsabilità della prima rata agli errori di politica economica di Berlusconi.

 

Come ho già avuto modo di dire e scrivere, per compiere questo genocidio sociale occorre un ampio schieramento politico e un grande consenso sociale, perché nelle moderne “democrazie” occidentali olocausti di simili proporzioni non si possono imporre violentemente, ma conviene costruirli e portarli a compimento col consenso delle vittime. Come per gli internati dei campi di concentramento nazisti che venivano avviati alle camere a gas nella convinzione di andare a fare una doccia purificatrice. Come fu per l’euro, che in un sol giorno dimezzò nel giubilo generale il potere d’acquisto di salari e pensioni, con lavoratori e pensionati contenti di aver evitato guai ben peggiori.

Il blocco sociale che ha appoggiato Fassino a Torino è il prototipo di quello su cui puntano i padroni. Un blocco sociale che va dal pensionato ex comunista ed ex lavoratore FIAT ai cementificatori della città, dalla mafia del TAV alle grandi banche, da Marchionne alla FIOM passando ovviamente per i sindacati collaborazionisti. Un blocco in cui lo zoccolo duro è composto dai vecchi ex PCI convinti che il PD sia un partito di sinistra, e dalla FIOM, in cui la quasi totalità dei dirigenti aderisce a SEL e che, nel gioco delle parti, funge da ammortizzatore politico delle frustrazioni operaie. Ovviamente, all’interno di questo blocco, alla fine gli interessi che predominano sono sempre quelli dei poteri forti della città; agli “utili idioti” e agli ultras della curva di “sinistra” resta la soddisfazione di aver battuto una “destra pericolosa” come quella di Berlusconi e di aver salvato la “democrazia” in Italia.

A questo blocco sociale e politico tenta disperatamente di aggrapparsi la FDS. Se, come dicono tutti, è probabile che il governo Berlusconi non termini la legislatura e che nel 2012 si vada ad elezioni politiche anticipate, è chiaro che ripetendo i risultati ottenuti in queste elezioni amministrative la FDS il parlamento non lo vede neanche col binocolo. Anche perché i risultati della FDS sono stati tutt’altro che entusiasmanti. E in alcuni casi “drammatici”, come a Torino, dove la FDS ha mendicato un posticino nella coalizione di centrosinistra sino all’ultimo giorno utile ricevendo solo calci in culo da Fassino, e rimediando infine all’ultimo minuto un accordo con Sinistra Critica. Questi accattoni della FDS, fanno finta di non capire che in genere il PD li accoglie nella coalizione dove e quando non è sicuro di battere il centrodestra, mentre li scarica dove invece ha i sondaggi dalla sua.

Per la serie “Chi si contenta muore e non lo sa” (Sergio Endrigo, Perché piangi fratello, 1968) si possono invece ascoltare analisi del voto entusiastiche come quella di Oliviero Diliberto che definisce il risultato della FDS “incredibilmente buono”; ciò al fine di dimostrare che i voti della FDS sono indispensabili per la vittoria contro Berlusconi nelle elezioni politiche prossime venture e spuntare un accordo col PD che possa garantire qualche strapuntino istituzionale. Nel frattempo, nell’ennesimo festival dell’unità che è cominciato a “sinistra” col nobile intento di battere la famosa “destra populista”, SEL e IDV dietro suggerimento dell’immortale deus ex machina Bertinotti spingono per un partito unico della sinistra assieme al PD, ma senza la FDS; mentre l’impiegato della FDS Claudio Grassi, preoccupato per il suo posto di lavoro, predica insistentemente l’unità con SEL e IDV per garantirsi una via di fuga in caso i dirigenti nazionali del PD si comportassero come Fassino a Torino.

Se sul chi e sul come verrà spalmata la bolletta europea non vi sono dubbi, e resta soltanto da vedere la composizione della coalizione politica che gestirà tutta l’operazione in nome della responsabilità nazionale dopo i rituali, accorati richiami del presidente della repubblica, rimane da capire chi raccoglierà la bandiera dell’opposizione sociale. E’ difficile immaginare più precisamente gli scenari politici e sociali che potrebbero presentarsi, potrebbe veramente capitare di tutto e di più. Date queste premesse, nella totale assenza di una organizzata sinistra di classe, potrebbe persino presentarsi il caso che sia la Lega Nord sganciata dal berlusconismo a raccogliere la bandiera del malcontento sociale, e non solo quello dei padani duri e puri.

* coautore di “Lotte operaie a Torino”. Figura storica del movimento operaio torinese, ex delegato Flm di Fiat Mirafiori

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