Questo, però, non deve sorprendere. A manifestarsi, nella “giornata romana”, è stata un’insorgenza sociale la quale, per sua natura, è ricca di voce ma povera di linguaggio.
Impensabile, pertanto, che una qualche forma di sintesi politica da quell’esplosione prendesse forma. A parlare, e non avrebbe potuto essere altrimenti, sono state tutte quelle realtà che fanno parte della cornice politica. In maniera piuttosto netta si sono delineate due posizioni.
Da un lato l’asse Bernocchi, Casarini, Vendola che, proprio in quel frangente, hanno compiuto un ulteriore passo verso la fondazione di quel “partito della collaborazione di classe” tenuto a battesimo, questo va sottolineato con forza, con l’inizio dell’aggressione imperialista alla Libia. Il pieno appoggio fornito da queste formazioni alla guerra imperialista sul piano internazionale non ha potuto che tradursi, sul piano locale, nel “partito della delazione”. Come tanti novelli Noske in pectore, dentro la crisi, non potevano che porsi immediatamente al servizio delle classi dominanti. I plausi che, se la partita fosse andata secondo i loro piani, stavano per ricevere da banchieri e industriali ne sono una non secondaria esemplificazione. Del resto non è una novità.
Come nella Germania del 1918 tutti si fecero socialisti nell’Italia del 2011 tutti si fanno indignati basta che, questo è il punto, il potere politico rimanga saldamente tra le mani della borghesia imperialista. A tali condizioni un qualche posto nel sottobosco governativo potrebbe essere dato persino a “sovversivi” quali Bernocchi e Casarini mentre, a Vendola, un sottosegretariato, anche in virtù del suo felice rapporto con il fascismo israeliano, non lo negherebbe alcuno.
La “giornata romana”, se non altro, ha permesso di mettere definitivamente a nudo il ruolo apertamente controrivoluzionario che questi leader e le loro formazioni politiche si accingono a svolgere. Non dimentichiamoci mai che sono stati proprio personaggi e forze politiche di queste fattezze a fare scempio degli spartachisti. Non dimentichiamoci mai che personaggi simili hanno armato prima e protetto poi le mani degli assassini di Karl e Rosa. Costoro vanno smascherati, denunciati, contrastati e combattuti in ogni contesto di classe. Non sono l’ala destra del movimento proletario ma agenti attivi della borghesia imperialista. Sono nemici di classe, non compagni che sbagliano.
Una seconda posizione, ben diversa dalla prima, si è però altrettanto velocemente delineata. Senza cadere nell’infantile entusiasmo della rivolta per la rivolta, in molti hanno iniziato a ragionare sulle indicazioni che la “giornata romana” oggettivamente si porta appresso. Centrale, o almeno così sembra, è il riconoscere il ritardo insieme alla necessità e all’urgenza di costruire un organismo politico di classe in grado di agire da partito. Un organismo in grado di dare rappresentanza politica a quelle masse proletarie e subordinate che oggi sono obiettivamente fuori da ogni cornice politica. In altre parole in molti sembrano aver, se non compreso, di certo intuito come la questione dell’esclusione sociale si ponga, oggi, tutta dentro la materialità della classe. A differenza del mondo di ieri, dove i socialmente esclusi si collocavano al di fuori dei processi lavorativi e di valorizzazione del capitale, oggi è il modo di produzione capitalista stesso che genera produttori socialmente esclusi e quindi ben distanti da quella condizione marginale, e in fondo politicamente inessenziale, ai quali classicamente i mondi dell’esclusione rimandano. L’organizzazione politica di queste masse è il nodo che, qui e ora, occorre sciogliere. La strada del riot è un vicolo cieco ma senza l’organizzazione politica è lì che necessariamente le masse andranno a infilarsi.
Avevamo scritto, poco prima del 15 ottobre, che quella scadenza doveva essere vista in funzione dell’accumulo di forza. Un passaggio, importante ma non risolutivo, di una “lotta di lunga durata” dentro gli scenari sempre più inquietanti che la crisi prefigura. Sembra sensato affermare che, in quella giornata, di forza ne è stata espressa non poca. Si tratta, ora, di raccoglierne tutto il potenziale. Organizzarlo e disciplinarlo. Occorre porre, in maniera ordinata, sotto assedio il Governo europeo delle Banche e delle Multinazionali mentre, sul piano locale, far sì che nelle piazze si ponga all’ordine del giorno la caduta del regime per questo, i tempi per l’organizzazione, si fanno sempre più stretti.
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Unità Popolare
Più che “accumulo di forze” ci sembra un accumulo di errori e debolezze .
Se si riuscirà a fare un Partito vero, ci sarà anche un “servizio d’ordine” ( che è una forza politica e non militare ) che eviterà a cretini ed ingenui di seguire provocatori prezzolati .
C’è poco da dibattere quando non si riesce a far manifestare, contro le Banche e questo Governo , decine e decine di migliaia di persone.
Qualcuno pensa che le Banche si combattono rompendogli le vetrine delle agenzie ?
Lo può continuare a pensare, ma bisogna impedirgli di farlo .
Unità Popolare – Basilicata
Angela
da piazza Tahrir:
http://www.youtube.com/watch?v=OEyDvbXNLh8