L’intervento di Karla e Kamo sul 15 ottobre che abbiamo pubblicato qualche giorno fa sul nostro giornale, ha sollevato – com’era giusto – commenti diversi. Del resto abbiamo previsto uno spazio “interventi” proprio per sollecitare il confronto anche e soprattutto al di fuori dei confini, spesso troppo stretti, di organizzazione. E in tanti, essendo esclusi proprio dai media mainstream, stanno utilizzando questo spazio di dibattito per intervenire con valutazioni, commenti o interventi veri e propri.
Come ogni lettore di giornali o di siti sa, gli “interventi” non sono “editoriali”. Non necessariamente rappresentano, come dicono i giornali mainstream, il punto di vista della redazione. Possono essere condivisi in parte, totalmente o quasi per nulla; ma sono stati evidentemente considerati “interessanti”, “stimolanti discussione”. Al limite anche “un po’ provocatori”. Se non si amano le discussioni ingessate, sono semplicemente necessari.
Piero Bernocchi, non l’unico dei nomi citati nell’intervento, se n’è invece risentito molto. Pubblichiamo anche la sua nota apparsa sulla lista del “Coordinamento 15 ottobre”. E ci sia consentita qualche pacata considerazione.
La prendiamo larga. In Italia, grazie a Berlusconi, e in Occidente (grazie a molti altri soggetti pensanti, think tank o ideologi vari), nell’ultimo ventennio si è fatta strada una retorica che chiameremo “vittimismo aggressivo”. In pratica, consiste nel dichiararsi “vittime” di un attacco violento, intollerante, insopportabile in occasione di qualsiasi divergenza di opinione; per farne poi discendere la “necessità” di mettere al bando (nel migliore dei casi) il/i responsabili di quell’attacco. Certo, è difficile raggiungere le vette del Cavaliere o di alcuni suoi cortigiani (Cicchitto, Stracquadanio, Belpietro, solo per citarne alcuni), ma questo modo di fare ha fatto scuola. “Tira” sia in televisione che sulla carta stampata, ma anche sul web o qualsiasi altro media. E’ diventato “senso comune”. “Si fa così…”
Se ne serve anche il buon Piero, con cui ci accomunano 40 anni di attività politica, dissensi aspri, convergenze temporanee, visioni diverse. Senza che mai sia volato un solo schiaffo tra noi.
Ci sorprende e quasi ci diverte – dunque – il fatto che stavolta abbia preso cappello in modo così viscerale e vittimistico, fino a dipingersi come “possibile vittima di un pestaggio”. Se non avessimo guardato per anni gli sketch di Beppe Braida ci saremmo arrabbiati. Ma siamo ormai vaccinati…
Si indigna per essere stato avvicinato a Noske, e lo si può capire. Però, detto amichevolmente, non è carino nemmeno sentirsi catalogati come assaltatori dei palazzi o sabotatori di manifestazioni che abbiamo contribuito a costruire. Basta leggersi l’editoriale “15 ottobre. Fatti, cause, conseguenze” per avere la “posizione ufficiale” della Rete dei Comunisti. Se avessimo avuto una posizione diversa, l’avremmo espressa nero su bianco. Come facciamo sempre.
Non è simpatico neppure affermare come “notorio” che un sindacato (l’Usb) – risultato di un processo unificante ancora incompiuto del sindacalismo di base, cui anche Bernocchi ha fino a un certo punto partecipato per poi tirarsene fuori – sia schiacciato su una posizione politica particolare. Come ognun sa, per aderire a un sindacato (Usb o Cgil, in questo, differiscono poco) non occorre presentare una tessera di partito. Certo, si tengono lontani i fascisti e assimilabili, ma non molto di più. Sappiamo che i Cobas hanno un’idea molto più “simbiotica” del rapporto tra sindacato e partito. La conosciamo, la comprendiamo, ma non è la nostra. E Piero lo sa. Perché creare confusione di proposito?
La redazione di Contropiano online
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Qui di seguito l’intervento di Piero Bernocchi dei Cobas
Un ignobile articolo sul sito di Contropiano
Carissimi/e,
non pensavo più di usare questa lista. ma oggi è successa una cosa che a noi pare di una gravità inaudita e, almeno per quel che mi riguarda, senza precedenti. E’ la risposta più brutale e ignobile a chi in questi giorni, a partire da Anna e da tanti/e altri di voi, si domandava se fosse ancora possibile ricostruire una qualche unità all’interno del Coordinamento 15 Ottobre. Nel sito di Contropiano, giornale della Rete dei Comunisti (è un segreto di Pulcinella che questa formazione costituisce da sempre il “braccio politico” della RdB, oggi parte costituente principale dell’Usb) – che nelle settimane scorse aveva continuamente pubblicato e diffuso resoconti delle nostre riunioni per il 15 che accusavano i promotori di S.Giovanni di essere al servizio del centrosinistra per depotenziare e riassorbire la protesta – è comparso questo ignobile scritto, una vera dichiarazione di guerra nei confronti miei, di Luca Casarini e delle rispettive “formazioni politiche”.
In esso il sottoscritto e Casarini (e “le loro formazioni politiche”) sono dichiarati “nemici di classe…personaggi e forze politiche simili a Noske e a quelli che hanno armato prima e poi protetto le mani degli assassini di Karl e Rosa (n.d.s. Liebknecht e Luxemburg) e che hanno fatto scempio degli spartachisti..che hanno dato un pieno appoggio alla guerra imperialista in Libia..e che lo hanno tradotto sul piano nazionale nel partito della delazione al servizio delle classi dominanti..e che vanno combattuti (n.d.s. manu militari?) in ogni contesto di classe come agenti attivi della borghesia imperialista“. C’è poi la accusa, già fatta circolare ossessivamente in questi giorni, sui posti nel “sottobosco politico governativo” che ci sarebbero stati promessi dal centrosinistra, e che è stata il leit-motiv di coloro che, sulla base di questa folle tesi, per un mese hanno bollato la proposta di concludere a P.S.Giovanni come scelta di “collaborazione di classe” e di resa alla borghesia e al centrosinistra.
La pubblicazione del lurido scritto mi pare una testimonianza decisiva e inappellabile sul ruolo svolto da questa gente nell’ultimo mese e sull’insanabilità del conflitto scagliatoci contro in tale periodo. L’aggressione è personificata ma è diretta alle nostre “formazioni politiche”. Per quel che mi riguarda neanche i gruppi armati degli anni’70 e ’80, malgrado io non ci andassi leggero nei loro confronti, avevano mai scritto o fatto circolare cose di tale virulenza nei miei confronti, che ovviamente invitano alla aggressione fisica anche in forme pesanti, come meriterebbero “assassini alla Noske” o “nemici di classe” con le mani sporche di sangue delle Rose e Karl odierni. Mi pare ovvio che, come COBAS, noi ne trarremo le immediate conseguenze in ogni sede, troncando ogni rapporto con gente del genere e invitando alla massima vigilanza nei confronti di chi osa farci minacce di tale gravità. Ma mi pare altrettanto scontato che nessuno/a può sottovalutare la faccenda. Se gente che è stata nel Coordinamento pubblica materiale infame come questo, che di fatto invita a “combattere” (data la furia e le accuse, questo significa “con ogni mezzo”) i Noske odierni, non può non sapere che sta facendo una dichiarazione di guerra nei nostri confronti, mio, di Casarini, dei Cobas, di Global Project, di Uniti per l’alternativa e, aggiungerei, di tutti coloro che si sono battuti per una gigantesco corteo di massa verso S.Giovanni, con accampate connesse. Domani scriveremo una risposta dettagliata in merito come COBAS e la diffonderemo tra voi e in ogni lista utile. Per il momento, spero che la vostra indignazione sia pari alla mia e alla nostra. Un abbraccio, Piero
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Qui di seguito l’intervento di Karla e Kamo
Dopo Roma. Appunti per un bilancio
di Karla e Kamo
A una settimana dalla “giornata romana” diventa possibile tratteggiare le prime linee di un possibile bilancio. La prima cosa che possiamo notare è l’assenza di presa di parola da parte di coloro che, della giornata, sono stati parte attiva.
Questo, però, non deve sorprendere. A manifestarsi, nella “giornata romana”, è stata un’insorgenza sociale la quale, per sua natura, è ricca di voce ma povera di linguaggio.
Impensabile, pertanto, che una qualche forma di sintesi politica da quell’esplosione prendesse forma. A parlare, e non avrebbe potuto essere altrimenti, sono state tutte quelle realtà che fanno parte della cornice politica. In maniera piuttosto netta si sono delineate due posizioni.
Da un lato l’asse Bernocchi, Casarini, Vendola che, proprio in quel frangente, hanno compiuto un ulteriore passo verso la fondazione di quel “partito della collaborazione di classe” tenuto a battesimo, questo va sottolineato con forza, con l’inizio dell’aggressione imperialista alla Libia. Il pieno appoggio fornito da queste formazioni alla guerra imperialista sul piano internazionale non ha potuto che tradursi, sul piano locale, nel “partito della delazione”. Come tanti novelli Noske in pectore, dentro la crisi, non potevano che porsi immediatamente al servizio delle classi dominanti. I plausi che, se la partita fosse andata secondo i loro piani, stavano per ricevere da banchieri e industriali ne sono una non secondaria esemplificazione. Del resto non è una novità.
Come nella Germania del 1918 tutti si fecero socialisti nell’Italia del 2011 tutti si fanno indignati basta che, questo è il punto, il potere politico rimanga saldamente tra le mani della borghesia imperialista. A tali condizioni un qualche posto nel sottobosco governativo potrebbe essere dato persino a “sovversivi” quali Bernocchi e Casarini mentre, a Vendola, un sottosegretariato, anche in virtù del suo felice rapporto con il fascismo israeliano, non lo negherebbe alcuno.
La “giornata romana”, se non altro, ha permesso di mettere definitivamente a nudo il ruolo apertamente controrivoluzionario che questi leader e le loro formazioni politiche si accingono a svolgere. Non dimentichiamoci mai che sono stati proprio personaggi e forze politiche di queste fattezze a fare scempio degli spartachisti. Non dimentichiamoci mai che personaggi simili hanno armato prima e protetto poi le mani degli assassini di Karl e Rosa. Costoro vanno smascherati, denunciati, contrastati e combattuti in ogni contesto di classe. Non sono l’ala destra del movimento proletario ma agenti attivi della borghesia imperialista. Sono nemici di classe, non compagni che sbagliano.
Una seconda posizione, ben diversa dalla prima, si è però altrettanto velocemente delineata. Senza cadere nell’infantile entusiasmo della rivolta per la rivolta, in molti hanno iniziato a ragionare sulle indicazioni che la “giornata romana” oggettivamente si porta appresso. Centrale, o almeno così sembra, è il riconoscere il ritardo insieme alla necessità e all’urgenza di costruire un organismo politico di classe in grado di agire da partito. Un organismo in grado di dare rappresentanza politica a quelle masse proletarie e subordinate che oggi sono obiettivamente fuori da ogni cornice politica. In altre parole in molti sembrano aver, se non compreso, di certo intuito come la questione dell’esclusione sociale si ponga, oggi, tutta dentro la materialità della classe. A differenza del mondo di ieri, dove i socialmente esclusi si collocavano al di fuori dei processi lavorativi e di valorizzazione del capitale, oggi è il modo di produzione capitalista stesso che genera produttori socialmente esclusi e quindi ben distanti da quella condizione marginale, e in fondo politicamente inessenziale, ai quali classicamente i mondi dell’esclusione rimandano. L’organizzazione politica di queste masse è il nodo che, qui e ora, occorre sciogliere. La strada del riot è un vicolo cieco ma senza l’organizzazione politica è lì che necessariamente le masse andranno a infilarsi.
Avevamo scritto, poco prima del 15 ottobre, che quella scadenza doveva essere vista in funzione dell’accumulo di forza. Un passaggio, importante ma non risolutivo, di una “lotta di lunga durata” dentro gli scenari sempre più inquietanti che la crisi prefigura. Sembra sensato affermare che, in quella giornata, di forza ne è stata espressa non poca. Si tratta, ora, di raccoglierne tutto il potenziale. Organizzarlo e disciplinarlo. Occorre porre, in maniera ordinata, sotto assedio il Governo europeo delle Banche e delle Multinazionali mentre, sul piano locale, far sì che nelle piazze si ponga all’ordine del giorno la caduta del regime per questo, i tempi per l’organizzazione, si fanno sempre più stretti.
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redvet
Ma chi è questo signore, e perchè si parla tanto di lui? Sono d’accordo con Giancarlo.
redvet
Peraltro, potevano non accettare il diktat della questura…anzichè scagliarsi contro chi occupava il Foro romano.
Radisol
Beh, che a Contropiano siate un pò “stalinisti” è fuor di dubbio.
Anche se il sindacato Usb ( ex RdB/Cub), il primo sindacato di base italiano come iscritti, è certamente qualcosa di più ampio, ecumenico e composito ….
Rimane il fatto che, per quanto in parte inguaribili “stalinisti”, nel merito del 15 Ottobre Contropiano ed Usb abbiano ragione da vendere.
Sia per aver fatto conoscere a tutti i termini della allucinante trattativa che si è svolta per la composizione del corteo ….. nemmeno nei mitici “intergruppi” degli anni settanta si era mai arrivati a tanto, pretendendo di stabilire persino le virgole degli striscioni, un rigido susseguirsi di partiti e partitini, gruppi e gruppetti nella composizione del corteo e quant’altro …. e visto come poi è andata a finire, forse tante energie andavano impiegate in altro modo …
Ma soprattutto Contropiano ed Usb hanno ragione quando stigmatizzano la allucinante e persino “forcaiola” posizione dei Cobas sugli incidenti …. aggravata dal fatto che il gruppo dirigente dei Cobas coincide sostanzialmente con la dirigenza dei vecchi Volsci del 1977 che certo non sono molto credibili rispetto a certi argomenti ….
Difficile dimenticare certe prevaricazioni ( anche a mano armata) dei cortei e di un intero movimento fatte all’epoca dagli stessi personaggi ….. mi limito a ricordare due date del 1977, il 12 Marzo e, soprattutto, il 21 Aprile, in entrambi i casi a Roma ….
Una volta detto questo e ben comprendendo e condividendo quindi il disappunto di Contropiano e Usb – ma anche di molti altri non sospetti di stalinismo – sulla questione, non me la sento però di sostenere che i Cobas siano “al servizio del centrosinistra per depotenziare la protesta”.
Credo, molto più semplicemente, che sia un problema di “crisi di senilità”, politica ed anche personale, della dirigenza Cobas.
Il loro progetto è in crisi politica ed organizzativa ormai da tempo e probabilmente non lo vogliono ammettere nemmeno con se stessi … da cui una certa arroganza ed un certo patetico vittimismo ….
marco
bhe , compà, non è che si può dare dei “noske”ad altri compagni – con tutto ciò che questo implica- e poi risentirsi se si offendono, e addirittura tacciarli di “vittimismo”…mi pare un pochino ipocrita.