Nel cercare di informare e commentare progetti di riforma costituzionale, e quindi, più in generale, occupandosi dei mezzi e dei modi di espressione della democrazia, certamente in maniera condizionata, in quanto non si può avere la pretesa di dichiararsi obiettivi ben sapendo di avere convinzioni proprie, non poteva mancare un approfondimento circa i mezzi e i modi di espressione del MoVimento 5 Stelle.
Si tratta di una realtà che ha dimostrato di ottenere risultati importanti e in grado di influire sulle scelte politiche nazionali.
Come da diritto costituzionalmente riconosciuto, peraltro: “Tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.” – Art. 49 Cost.
Ma già qui c’è da registrare una prima “diversità”, non tanto perché il MoVimento non si definisce un partito, ma perché rifiuta di riconoscersi anche nella forma associativa. Il che costituisce una novità stimolante. Se una cosa può funzionare, ma soprattutto meglio, al di fuori degli schemi classici, come e perché non prenderla ad esempio.
Ma per prendere ad esempio qualcosa bisogna prima capire come funziona. Un problema non da poco viste le prime polemiche interne al MoVimento stesso, determinate, spesso, dalla presunta o poca chiarezza sul come possano trovare applicazione i principi alla base del MoVimento 5 Stelle.
Nella polemica che vede ad esempio protagonisti i consiglieri regionali Favia e Defranceschi, circa la gestione dei fondi derivanti dalla parte di stipendio che dovrebbero versare al MoVimento, uno degli intoppi da questi individuato è la difficoltà che c’è nel capire il come e a chi far arrivare questi soldi dato che ci si trova di fronte ad una struttura inusuale.
L’indagine parte, quindi, consapevoli di trovarsi di fronte ad un qualcosa che potrebbe sfuggire al nostro modo di vedere le cose.
Premesso però il rischio, non fare nulla non potrebbe in alcun modo essere d’aiuto.
La prima difficoltà che s’incontra è nella definizione dell’atto alla base dell’unione di più cittadini, sempre se di unione si può parlare.
Ciò che normalmente viene infatti definito Statuto, nel caso del Movimento 5 Stelle si chiama, per quanto esista un regolamento, “Non Statuto”.
E per meglio marcare le differenze, all’art. 1 si specifica che “Il “MoVimento 5 Stelle” è una “Non Associazione”.”
E infatti, non c’è neanche un elenco di soci fondatori.
Il MoVimento 5 Stelle, molto più semplicemente, “Rappresenta una piattaforma ed un veicolo di confronto e di consultazione che trae origine e trova il suo epicentro nel blog www.beppegrillo.it.”
Siamo cioè di fronte ad un soggetto collettivo, indefinito nella sua strutturazione, o meglio, che non ha strutturazione, in continuo movimento, ma in grado di darsi lo stesso forme di espressione attraverso il confronto e la consultazione sul blog di Beppe Grillo.
Pertanto, “La “Sede” del “MoVimento 5 Stelle” coincide con l’indirizzo web www.beppegrillo.it.”
Ma non solo: “I contatti con il MoVimento sono assicurati esclusivamente attraverso posta elettronica all’indirizzo MoVimento5stelle@beppegrillo.it“>MoVimento5stelle@beppegrillo.it.”
Su quest’ultimo punto iniziano i primi problemi di comprensione.
Una “Non Associazione” che comunica, si confronta e determina delle scelte politiche comuni, passando per uno strumento che di fatto costituisce un filtro, che sta però concretamente nelle mani di qualcuno e non di tutti, un qualcuno che non deve rispondere a nessuno in quanto non regolamentato e, formalmente, che neanche esiste, di per se stesso dà sì l’idea di una “Non Associazione”, ma per ben altri motivi.
Ma vabbe’, al momento fidiamoci.
Nessuna novità all’art. 2: anche il MoVimento 5 Stelle non ha una durata prestabilita, né più e ne meno di quanto avviene normalmente.
C’è una curiosa anomalia, invece, e il termine anomalia è dichiaratamente voluto, riguardo l’uso del contrassegno, così come sancito all’art. 3, in quanto l’unico titolare non è il MoVimento, bensì Beppe Grillo.
Un copyright che, sarà per colpa di qualche limite culturale, risulta quanto mai incomprensibile in un ambito nel quale tutti dovrebbero contare allo stesso modo.
Se Beppe Grillo dovesse andare fuori di testa o cambiare idee su molte delle questioni oggi portate avanti dal MoVimento, come e perché un’intera comunità di persone dovrebbe rinunciare, preventivamente, al simbolo attraverso il quale ci si e sempre riconosciuti?
L’art. 4 costituisce il cuore del regolamento, e si ribadisce che “Il MoVimento 5 Stelle non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro. Esso vuole essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi.”
Sì, va bene lo scambio, va bene la limitazione di fatto ai soli utenti della Rete, tagliando così fuori da questo confronto gli elettori che non usano la rete, ma come si arriva alle decisioni?
Semplice, con lo stesso concetto già espresso all’inizio dello stesso articolo: “organizzandosi e strutturandosi attraverso la rete Internet cui viene riconosciuto un ruolo centrale nella fase di adesione al MoVimento, consultazione, deliberazione, decisione ed elezione.”
E siamo con ciò arrivati alla chiusura del cerchio: Non Statuto, Non Associazione, ed anche Non Regole definite, in quanto ci si affida ad una non meglio precisata strutturazione attraverso la rete Internet. Una forma di autogestione dove, però, si ritorna al problema già segnalato: chi è che gestisce lo strumento che mette tutti in contatto? E a chi risponde?
Si giunge, infine, all’art. 7, che definisce le procedure di designazione dei candidati alle elezioni.
Ovviamente, “il Movimento 5 Stelle costituirà il centro di raccolta delle candidature ed il veicolo di selezione e scelta dei soggetti che saranno, di volta in volta e per iscritto, autorizzati all’uso del nome e del marchio “MoVimento 5 Stelle” nell’ambito della propria partecipazione a ciascuna consultazione elettorale.”
Il regolamento del Non Statuto finisce qui, lasciandoci così con l’incertezza riguardo al come il MoVimento potrebbe riuscire a garantire a tutte le candidature di essere prese in considerazione da tutto il MoVimento, e non solo da alcuni, attraverso meccanismi di selezione e approvazione dove la partecipazione sia effettivamente garantita.
Il problema si pone, in primo luogo, per la necessità, per potersi candidare, di ottenere la certificazione dal blog.
Una certificazione della quale vi è solo un piccolo accenno all’articolo 7 del Regolamento del Non Statuto (autorizzazione dell’uso del nome e del marchio), e senza la quale non si parte.
Ma come nulla si dice nel Non Statuto, anche andando sul blog, trovato l’elenco dei requisiti richiesti per poter ottenere la certificazione dal blog, che può essere revocata nel caso venissero meno i requisiti suddetti, non c’è modo di trovare altro sul come e da chi le candidature vengono prese in esame.
C’è peraltro da tenere presente che “il blog www.beppegrillo.it concede la certificazione a una sola lista civica per ogni comune” (nulla si dice per i livelli regionali e nazionali). In caso, quindi, di più liste civiche che chiedono la certificazione, dove potrebbero infiltrarsi i soliti furbetti, chi e come procede alla selezione?
Di tutto ciò, nelle pagine del blog non vi è traccia, ma forse, iscrivendosi al MoVimento, potrebbero aprirsi nuove pagine attraverso le quali poter partecipare alla selezione preventiva dei candidati e delle liste che intendono ottenere la certificazione.
Ma è proprio a causa di quest’ultimo “forse” che l’indagine è costretta a concludersi.
Non essendo infatti chiaro come si realizza il principio in grado di garantire che “ognuno conta uno” e dove nessuno, Beppe Grillo compreso, potrebbe decidere più di altri, risulta difficile prendere in considerazione l’iscrizione ad un movimento solo sulla base della fiducia.
Per gli stessi motivi, sia chiaro, per i quali risulta altrettanto difficile fidarsi degli attuali partiti.
In tal senso, differenze tra il nuovo, che si definisce “altro”, e il vecchio, non se ne vedono.
A ciò c’è da aggiungere che alle prime esperienze di partecipazione alla vita istituzionale da parte dei candidati eletti, il MoVimento sembra dare l’impressione di soffrire non poco l’assenza di regole chiare.
L’esperienza dei due consiglieri regionali in Emilia Romagna ne è oggi l’esempio più eclatante.
La preoccupazione di fronte al rischio che un giornale come l’Unità, tenendo anche conto dei problemi occupazionali, chiuda, si è immediatamente trasformata in una caccia e una minaccia alla cacciata del traditore, nonostante questi non avesse tradito un bel nulla.
Sul famoso blog di confronto, infatti, chi può godere in maniera incontrollata della prima pagina, e cioè Beppe Grillo, ha fatto coincidere quella che è una posizione politica del MoVimento, nessun finanziamento pubblico ai giornali, con il desiderio personale che questi giornali è meglio che chiudano, perché in ogni caso indegni. E chi non è d’accordo, può ovviamente andare ad arricchire le file degli infedeli.
Una posizione, quella espressa da Beppe Grillo, che prescinde dal tipo di intervento istituzionale che potrebbe essere fatto, così come ipotizzato, sempre nell’ambito di quella logica di mercato divenuta così cara all’antipolitica di professione, dal consigliere Defranceschi.
Stessi problemi, come accennato all’inizio, sul fronte della gestione degli stipendi degli eletti.
Se non c’è un’associazione, come e a chi versare le quote che dobbiamo? si chiede il consigliere Favia; e nonostante sia stata trovata una soluzione decisa in un’assemblea, le polemiche continuano.
Nulla di più normale, visto che anche per le assemblee c’è da rispettare quel minimo di regole in grado di garantire l’effettiva partecipazione del MoVimento.
Il che, in ogni caso, sarebbe l’ultimo dei problemi, visto che, al momento, è proprio sul blog che c’è chi, più di altri, può far sentire e far pesare la propria voce su tutto e su tutti.
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