Menu

L’amministrazione napoletana e il suo strano concetto della democrazia partecipativa

A Maggio l’Italia ha conosciuto un’onda di speranza politica con l’elezione a Milano e Napoli di due sindaci di sinistra non appartenenti al PD. A Napoli si è perfino parlato di liberazione, ed é indubbio che passare dall’amministrazione “Bassolino-Iervolino” a quella “De Magistris” non potesse che essere interpretato come un segnale positivo.
Per certi versi lo è stato senza dubbio. C’è stato un salto di qualità, ad esempio, per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, anche se a tutt’oggi si è ben lontani dai risultati sbandierati dalla nuova amministrazione. Avere un assessorato ai Beni Comuni e alla democrazia partecipativa é sicuramente anche questo un grande segnale.
De Magistris l’aveva annunciato durante la sua campagna: sarebbe stato il sindaco dei movimenti.
 
Peccato che in nome di una legalità che é per l’ex-magistrato una priorità, la democrazia partecipativa sia stata calpestata.
Oggi a Napoli e nel resto d’Italia, criticare De Magistris diventa difficile. Il suo consenso é enorme, e questo concede alla sua amministrazione il lusso di potersi prendere licenze impensabili perfino per l’amministrazione Iervolino.
In questi primi 8 mesi di amministrazione è avvenuto di frequente che i comitati, i movimenti e le associazioni abbiano scelto di non criticare troppo la politica di De Magistris o di farlo con cautela. A questo c’è una spiegazione. Alla possibilità di un’ intesa con l’amministrazione si continuava a credere. In più occasioni l’associazionismo napoletano ha scelto di sposare la via del dialogo con l’amministrazione, piuttosto che quella dello scontro diretto.
Certo non siamo mai stati abituati ad ottenere così facilmente appuntamenti con gli assessori o addirittura col sindaco, per trattare dei problemi della città.
Molte cose, tuttavia, fanno pensare che questa disponibilità di facciata sia servita al Comune per guadagnarsi un maggiore margine di manovra, concedendo un paternalistico contentino alle associazioni, in modo da poter agire senza troppe critiche. Come se far credere ai movimenti di poter dire la loro fosse la soluzione per avere libertà di azione.
Da qualche mese, l’Associazione Ingegneri Senza Frontiere é sotto minaccia di sgombero da parte dell’assessore Tucillo. Sgombero di una sede, è importante dirlo, che non è stata occupata, ma che fu concessa a suo tempo, dall’amministrazione precedente. La giunta Iervolino però, non aveva mai ritenuto necessario regolarizzare ISF. Nonostante le esplicite richieste dell’associazione stessa di regolarizzare la situazione dopo l’elezione di De Magistris, la risposta ha deluso le aspettative:la sede sarebbe dovuta essere lasciata e dopo un braccio di ferro durato qualche mese, dopo le richieste, le lettere, gli incontri, ieri sera c’è stato lo sgombero.
 
A Napoli risulta difficile avere una sede. Ed è certo che in questi anni l’Associazione ISF ha fatto di questo luogo un vero e proprio bene comune. E per questo non c’è stato bisogno di avere un assessorato ad hoc. In questa sede, negli ultimi anni, si sono riunite molte associazioni e comitati che avevano difficoltà a trovare posti in cui svolgere le proprie attività.
Attac, l’associazione di cui faccio parte, un anno fa organizzava un incontro-dibattito sulla Rivoluzione tunisina nella sede di Piazza Cavour.
In questa stessa sede, all’inizio del 2010 il Forum italiano dei movimenti per l’acqua pubblica faceva una riunione nazionale durante la quale si confermò la decisione di lanciare una raccolta firme per il referendum.
In questa sede, il Comitato Acqua Napoli ha fatto decine e decine di riunioni, lì si é organizzata la campagna per la raccolta firme che ha reso possibile il referendum. Sempre a Piazza Cavour 38, nei mesi di campagna referendaria abbiamo stoccato il materiale per la campagna, abbiamo incontrato associazioni e sindacati che volessero partecipare alla campagna e coordinato il lavoro da svolgere.
Questa sede é anche stata quella del Comitato Referendario Campano per l’Acqua Bene Comune.
Forse il “sindaco dei Movimenti” che oggi in tutta Italia insiste sul fatto di essere l’unico ad avere rispettato l’esito referendario, dimentica che, senza il lavoro dei tanti cittadini e cittadine, delle tante associazioni che autonomamente hanno lavorato per mesi e mesi per organizzare questo referendum, oggi a Napoli non sarebbe stata possibile nessuna delibera per ripubblicizzare l’Arin Spa.
Il sindaco dei movimenti ci ha tolto ieri sera uno spazio in cui veramente c’è stata democrazia partecipativa.
Come dire che ci stupisce tutto ciò? Quest’ultimo atto di forza è in linea con quanto è stato fatto con gli ambulanti, con cui si è rifiutato il dialogo e a cui non si è offerta nessuna alternativa. A loro, da Ottobre, viene semplicemente mandata la polizia municipale e vengono sgomberati uno dopo l’altro. Tutto questo in nome della legalità. Certo che in una città in cui gran parte dei commercianti sono costretti a pagare il pizzo, la priorità era senz’altro di pulire le strade dagli ambulanti! Così De Magistris potrà apprezzare i commenti di coloro che dichiarano che Napoli é più pulita.
Il sindaco avrà certo dato udienza a qualche associazione antirazzista, incontrandola direttamente o facendola ricevere da qualche assessore, ma resta il fatto che agli ambulanti non si è offerta nessuna alternativa.
Parlando con i disoccupati organizzati si sentono storie analoghe. Negli anni dell’amministrazione Iervolino, il Comune ha organizzato numerosi corsi di formazione che oggi non vengono riconosciuti dal Comune. Eppure, ironia della sorte, proprio ai disoccupati che avevano creduto nella svolta di De Magistris non è stato concesso nemmeno un incontro. Con loro non si dialoga nemmeno, perché per il primo cittadino di Napoli sono delinquenti.
Si sentono storie di persone esasperate, che si sono accorte assai presto che la democrazia partecipata a Napoli fosse un espediente, una trovata “pubblicitaria”. Si sentono storie di gente a cui De Magistris ha volontariamente promesso un incontro, dicendo davanti al Comune: “Mi venga a trovare tra mezz’ora nel mio ufficio”. Peccato che mezz’ora dopo, quando queste persone si presentavano, non venivano autorizzate ad entrare perché il sindaco aveva dato l’ordine di non far entrare nessuno per incontrarlo.
 
Ieri, con lo sfratto di Piazza Cavour 38, molte associazioni e comitati si sono ritrovati senza nessuna sede in cui incontrarsi. Mossa certo più agevole di quanto non sia cacciare il barone Barracco dal Cda dell’Arin Spa. Il sindaco della legalità non ha il coraggio di attaccare i poteri forti.
Il sopramenzionato Barraco, piazzato da Bassolino, dieci anni fa, alla direzione dell’azienda che gestisce il servizio idrico, negli ultimi mesi si era addirittura rifiutato di fornire al Comune di Napoli il bilancio dell’azienda; costui lascia all’amministrazione napoletana un’Arin Spa allo sbando, che ha perfino comprato con soldi pubblici la Marino Lavori Srl ed ha consentito a quest’ultima di insediarsi in Via Argine nella sede del gruppo Arin. Barracco ancora non é stato sgomberato, é sempre lì, a dirigere l’Arin Spa, che non é ancora stata trasformata in azienda pubblica.
 
Quello che é avvenuto in dieci anni di gestione da parte di Barracco dovrebbe interessare perfino la magistratura, ma l’amministrazione De Magistris parla di legalità con le piccole associazioni, non con i poteri forti.
 
Intanto a Napoli, si perdono gli spazi comuni, diffondere cultura, scambiare idee, portare avanti iniziative politiche, culturali e sociali diventerà sempre più difficile.
 
 
* membro di Attac e dei Comitati per l’acqua pubblica (Napoli)

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *