Ieri pomeriggio una cinquantina di persone hanno partecipato a Napoli ad un incontro organizzato dalla Rete dei Comunisti dal titolo ‘Giù le mani dall’Ucraina’ e svoltasi nella sala di ‘Ross@’ all’interno della Galleria Principe.
Un momento di riflessione e dibattito, hanno sottolineato Giovanni Di Fronzo e Marco Santopadre, per concentrare l’attenzione su un evento che non va affrontato con il punto di vista del tifoso ma va analizzato a partire dalla complessità delle dinamiche che l’intervento occidentale a sostegno del golpe nazionalista evidenzia. Dinamiche che ci parla di un intervento complementare di due potenze imperialiste – gli Stati Uniti e l’Unione Europea – entrambe interessate a mettere le mani sul paese da integrare nella Nato e nello spazio economico europeo e che una volta tolto di mezzo il governo Yanukovich ora sembrano adottare due strategie diverse. Mentre gli Stati Uniti continuano a soffiare sul fuoco della contrapposizione con la Russia, l’Unione Europea, e in particolare la Germania, cerca un accordo con Mosca per non rimanere prigioniera dell’intervento di Washington che proprio approfittando della crisi ucraina si propone come sostituto del gas di Putin e riprende la militarizzazione dell’Europa orientale e settentrionale frustrando così la ricercata indipendenza militare da parte di Bruxelles.
Entrambi gli interventi citato i massacri di Odessa e di Mariupol ed hanno denunciato l’atteggiamento inaccettabile dell’establishment europeo che se da una parte si propone come baluardo all’affermarsi di forze xenofobe e populiste all’interno dell’UE, dall’altra non esita a servirsi in Ucraina di forze ultranazionaliste ed apertamente neonaziste per perseguire i propri interessi egemonici. Non sono mancate critiche a quei settori della sinistra radicale che hanno in qualche modo parteggiato per la rivolta di EuroMaidan descritta impropriamente – e attraverso una chiave di lettura tutta ideologica e precostituita – come una ‘rivoluzione’ contro un potere oligarchico di tipo dittatoriale e criminale. In questo senso è stato sottolineato che praticamente tutti i maggiori oligarchi del paese, anche quelli che hanno più o meno sostenuto la precedente amministrazione Yanukovich nei confronti della quale non è proprio il caso di simpatizzare, ora appoggiano a spada tratta il nuovo corso nazionalista e filoccidentale, alle quali si oppongono nel sud-est del paese delle soggettività che non possono essere scambiate per ‘socialiste’ ma che, sull’onda di un assedio e di continui attacchi da parte delle milizie fasciste di Pravyi Sektor e dell’esercito agli ordini della giunta, hanno risvegliato una identità antifascista che si ancora alla lotta di liberazione contro gli invasori tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale e a un modello di integrazione tra diverse nazionalità in qualche modo alimentato durante l’epoca sovietica. Interessanti sono anche le accentuazioni antioligarchiche degli insorti antigolpisti, la mobilitazione di minatori e operai nelle regioni orientali e la minacciata nazionalizzazione dei settori chiave da parte dei governi ‘popolari’.
Non va però sottaciuto il rischio, hanno avvertito i due interventi della RdC, che le repubbliche di Donetsk e Lugansk diventino il ‘vaso di coccio’ tra i vasi di ferro rappresentati dalle grandi potenze e che le loro spinte antifasciste e antimperialiste possano quindi essere sacrificate sull’altare di un accordo tra la Russia e l’Unione Europea da entrambi ricercato per troncare le ali alle aspirazioni egemoniche statunitensi nell’area.
Molto interessanti ed emotivamente forti sono state le testimonianze di tre cittadine ucraine che hanno partecipato al dibattito. Da sottolineare che ognuna di loro proveniva da una zona diversa dell’Ucraina, non solo dall’est ‘insorto’ e russofono, ma anche dal nord e dall’ovest, a dimostrazione che l’opposizione al golpe e alle violenze dei fascisti ucraini prescinde il mero dato territoriale o etnico-linguistico.
“Chi avrebbe mai immaginato solo pochi mesi fa che una parte della popolazione del paese sarebbe stata improvvisamente descritta e considerata composta da ‘invasori’ o ‘occupanti’?” ha esordito la prima testimone, originaria di Donetsk, in riferimento alle popolazioni russofone che vivono nell’est e nel sud del paese. “Noi non vogliamo affatto dividere un paese che sentiamo nostro fino in fondo ma abbiamo tanti parenti e amici in Russia e ci sentiamo popoli fratelli. Se loro vogliono farsi governare dai nazisti lo facciano pure, ma noi non ci stiamo, non vogliamo subire questa sorte” ha spiegato in merito ai referendum per l’autodeterminazione tenuti nelle regioni del Donbass. L’intervento della prima cittadina ucraina è stato un vero e proprio atto d’accusa nei confronti della politica e della stampa: “Come è possibile che Napoli, il cui popolo ha combattuto armi alla mano contro i nazisti e che si è liberato da solo, oggi permetta che un estremista di destra sventoli la bandiera rossa e nera dei nazisti di Stepan Bandera in piazza Garibaldi? Dopo aver assistito a quella scena ho scritto al sindaco De Magistris e a tre diversi giornali ma non ho ottenuto né spazio né risposte”.
“Io sono dell’ovest del paese – ha spiegato un’altra cittadina ucraina, Svetlana – ma non ho mai pensato che i russi fossero invasori. I nostri nonni ucraini hanno combattuto insieme ai russi, ai bielorussi, agli armeni, ai kirghizi contro gli occupanti nazisti e contro i collaborazionisti”. Molti dei combattenti di Pravyi Sektor, che seminano il terrore nelle città e nei villaggi dove compiono omicidi, furti e stupri, sono stati assoldati tra i criminali liberati dalle prigioni in occasione del golpe di febbraio. Molti di loro sono andati ad infoltire, insieme a migliaia di neonazisti di Svoboda e di Settore Destro, le file della cosiddetta Guardia Nazionale, oppure sono diventare mercenari agli ordini dell’oligarca Kolomoiski. “A volte le incursioni i miliziani filo golpisti li compiono a bordo di automobili e mezzi di Privat Bank, il gruppo finanziario di cui è proprietario il miliardario” ha raccontato.
Il dibattito è continuato con altri due interventi. Il primo, di Gianmarco Pisa (attivista No War) ha ricordato le somiglianze tra quanto avvenne nei Balcani e quanto sta avvenendo oggi, invitando coloro che denunciano le vicende di Kiev a lavorare assieme per attivizzare settori sociali larghi a partire da una prospettiva realmente democratica, antifascista e antimperialista che riesca a smuovere anche quei settori del movimento pacifista che finora non si sono mobilitati.
Il secondo intervento, di Nicola Vetrano (responsabile immigrazione dell’Acu), ha teso a sottolineare che il golpe di febbraio è stato reso possibile da una vasta crisi che ha investito la popolazione ucraina e che ha generato un malcontento sociale rivolto contro una gestione economica del governo Yanukovich improntata comunque ai diktat del Fondo Monetario Internazionale e accompagnata da diffuse ruberie da parte degli oligarchi e della classe politica nel suo insieme. E’ su questo terreno di coltura che si sono innestate le manovre destabilizzatrici e poi apertamente golpiste dietro le quali, ha tenuto a precisare Vetrano, ci sarebbero più che l’Unione Europea in quanto tale soprattutto la Francia e la Polonia, e naturalmente gli Stati Uniti. Vetrano ha invitato i presenti e le forze della politiche della sinistra a mobilitarsi per evitare la balcanizzazione dell’Ucraina e una divisione del paese foriera si scontri fratricidi così come accadde nell’ex Jugoslavia.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa