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Una folla festante accoglie Evo Morales

il Presidente dello Stato Plurinazionale di Bolivia Evo Morales Ayma ha tenuto lunedì a Roma una conferenza presso il Centro Congressi di via Napoli. La grande sala al primo piano del centro convegni, da oltre trecento posti, colorata da striscioni di benvenuto al Presidente e dallo sventolio di piccole bandiere  boliviane non è bastata a contenere tutti i presenti che hanno riempito e potuto sentire la conferenza dentro un’altra grande sala al piano terra e persino all’esterno dell’edificio. Sale gremite all’inverosimile, di compagne e compagni, attivisti dei  movimenti e realtà sociali , come il Blocco Precario Metropolitano, tante strutture del sindacato conflittuale di classe , come l’ USB, il Comitato No debito, il Consiglio Metropolitano, la Rete dei Comunisti, il Comitato Italiano Giustizia per i Cinque cubani, collettivi  universitari studenteschi e antifascisti come Militant, e organizzazioni e associazioni di base per la solidarietà politica con i processi rivoluzionari dell’ALBA come Nuestra America, Radio Città Aperta,  associazioni in appoggio alla Palestina, come il Forum Palestina, il Comitato Palestina nel cuore e tanti compagni  della comunità boliviana e sudamericana, comitati e associazioni delle lotte territoriali  in difesa dei beni pubblici, tutti insieme in diverse centinaia hanno accolto il presidente e compagno Evo Morales al grido di “El pueblo unido jamas serà vencido” e “Evo, Evo”.

Il Prof. Luciano Vasapollo dell’Università “Sapienza di Roma” , direttore di Nuestra America e del centro studi Cestes-proteo, che ha già incontrato Evo Morales in diverse altre occasioni,in Italia e in Bolivia, ha introdotto la conferenza del presidente. Nel suo discorso, ha menzionato le tante lotte di cui sono protagonisti tutti i compagni presenti, “che lottano ogni giorno per dare un futuro e una speranza ai nostri popoli, per contrastare i dettami economici della BCE, del FMI e dell’UE che  impongono il massacro sociale attraverso il pagamento del debito. La crisi sistemica non ha soluzioni economiche, non si può accettare la strada di compromesso e collaborazione di tantissima sinistra europea,l’unica via di uscita dalla crisi è la ripresa dell’iniziativa di classe e il protagonismo sociale nella lotta, l’unica soluzione può essere solo quella di riappropriarsi della politica attraverso il conflitto sociale, come insegna la rivoluzione boliviana”.

 “Dobbiamo fare anche noi la nostra Alba, perché questa Unione Europea è contro i popoli e contro i lavoratori”, ha proseguito  Vasapollo, ricordando il ruolo di riferimento internazionale per l’autodeterminazione dei popoli giocato dall’Alba nel processo di rinascita e di transizione al socialismo del continente latino americano, e non solo, e rimarcando l’importante ruolo svolto dalla Bolivia a fianco delle lotte di Cuba e del Venezuela. Interrotto più volte dagli applausi dei presenti, il Prof. Luciano Vasapollo ha rilanciato la necessità di avviare  un programma di nazionalizzazioni delle banche e dei settori produttivi strategici, adoperare  i fondi destinati al sistema bancario e al pagamento del debito , frutto delle politiche liberiste per gli investimenti sociali , per il lavoro buono a pieni diritti e pieno salario, per l’edilizia pubblica garantendo il diritto all’abitare; riconquistare diritti con la lotta, con una forte mobilitazione e una nuova stagione di  conflitto sociale e sindacale.  Ha infine ribadito la necessità di grandi battaglie contro le guerre imperialiste , come quella della Libia o quella che stanno preparando in Siria e poi in Iran, e tra gli applausi ha sottolineato la grande mobilitazione di solidarietà internazionalista per la libertà immediata dei 5 fratelli cubani.

 Vasapollo ha, quindi, dato la parola al presidente Evo Morales, che lo ha subito salutato come suo grande fratello e ha poi iniziato un dettagliato ed emozionante discorso, ricordando ai presenti il lungo percorso che ha portato al potere il suo popolo  attraverso le lotte determinate dei tanti movimenti sociali e sindacali. Ha rammentato il passaggio nei primi anni ‘90 dalla resistenza all’impegno nei difficili percorsi politici, considerati dai potentati oligarchici “una cosa sporca, da cui tenersi alla larga”, per cui nessun dirigente sindacale voleva candidarsi alle elezioni; poi le prime timide affermazioni , fino alle manifestazioni di oltre un milione di contadini, operai, e quindi  buoni risultati elettorali, fino alla vittoria che lo ha portato alla presidenza della repubblica nel gennaio del 2006.Ha ricordato che allora, come MAS Movimento al Socialismo, non avevano ancora un programma politico definito, che la Bolivia viveva tempi di grande instabilità politica e di grande fermento politico e sociale, che portò al cambiamento di cinque presidenti in cinque anni. L’atteggiamento della destra, davanti alla vittoria di un rappresentante delle comunità indigene fino allora escluse dalla vita politica, in un primo momento è stato abbastanza strafottente e di scarsa considerazione ,in quanto i potenti delle multinazionali non reputavano che l’esperienza di democrazie partecipativa potesse durare più di qualche mese. Ma dopo, constatata non solo la tenuta delle politiche socio-economiche attuate da Evo Morales e il suo governo, ma anche la pericolosità  per gli interessi della borghesia corrotta e reazionaria boliviana, , è partito l’attacco mediatico verso la sua persona: “Mi hanno definito assassino, cocalero, narcotrafficante, addirittura il ‘Bin Laden delle Ande’ ”.

In pochissimo tempo, nonostante l’opposizione delle oligarchie locali e le pesanti ingerenze statunitensi, che sono ricorsi a tutti i mezzi – dal referendum revocativo al tentativo di colpo di stato- pur di bloccare sul nascere un processo rivoluzionario così devastante per i loro interessi, il governo del presidente Evo Morales ha realizzato i due assi portanti della politica del MAS, cioè la nazionalizzazione delle risorse naturali, fino ad allora nelle mani delle multinazionali e il varo di una nuova Costituzione democratica basata sulla democrazia realmente partecipativa e non più solo rappresentativa, che ha ridato dignità alle 36 comunità indigene originarie e ai loro usi e costumi e tradizioni ancestrali nella nuova Costituzione dello Stato Plurinazionale di Bolivia. Nell’arco di pochi anni si è assistito in questo paese alla realizzazione di un processo che ha portato le comunità indigene dall’esclusione razziale e di classe alla partecipazione e alla gestione delle scelte di governo, al potere in un paese che è stato completamente rifondato su nuove basi egualitarie e di giustizia sociale.

Il Presidente, sommerso dagli applausi, ha ricordato come tutti gli introiti derivanti dalle nazionalizzazioni del gas, dell’energia elettrica e delle telecomunicazioni, abbiano consentito investimenti nelle infrastrutture, nelle spese sociali e negli aumenti salariali, evidenziando come in Bolivia dal 1940 il bilancio dello Stato sia sempre stato passivo, mentre oggi si prevede che a fine 2012, con la nazionalizzazione del settore energetico, le entrate annuali saranno straordinariamente alte e permetteranno nuovi e incisivi investimenti sociali. Altri strepitosi applausi hanno quasi coperto le parole di Evo Morales quando ha detto che, appena eletto ha ridotto il suo compenso da 40 mila a 15 mila bolivianos, così come ha ridotto i compensi dei ministri e di alti funzionari dello Stato, perché governare vuole dire essere al servizio del popolo e non diventare ricchi a spese del popolo, “governare vuol dire sacrificarsi e impegnarsi per il bene comune” .Ci sembra questo un messaggio chiaro anche per noi europei: la politica non è necessariamente una cosa sporca, la politica può anche essere impegno, abnegazione per il bene comune, per la realizzazione di quei cambiamenti fondamentali ed indispensabili per una uscita a sinistra dalla crisi, che veda l’impegno quotidiano nel conflitto sociale dei movimenti,dei sindacati  di classe , nelle organizzazioni politiche comuniste, antimperialiste e anticapitaliste,nell’attuazione di quelli che sono  i percorsi autodeterminati  per la costruzione del socialismo  nel XXI secolo come sta dimostrando la rivoluzione boliviana , quelle cubana e venezuelana e la grande prospettiva di cambiamento radicale che indica l’ALBA.

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