Egregio direttore,
la lettera con cui Mauro Sabbadini tenta di giustificare l’ingiustificabile, ossia la dissociazione dell’Arci di Varese dalla manifestazione pacifista contro la vendita, da parte dell’Italia, degli aerei M346 ad Israele, ha, se non altro, il merito di manifestare in forma esplicita e brutale l’opzione pro-imperialista e filo-sionista che caratterizza oggi gran parte della sinistra italiana, non a caso rimasta silente e consenziente rispetto alla guerra neocoloniale di aggressione che ha condotto alla distruzione della Jamahiriya libica di Gheddafi.
Osservo soltanto, per misurare l’abisso politico e morale che questa divaricazione della sinistra apre, che dalla posizione di questi caudatari dell’imperialismo e zelatori, per legge di transitività, di quella sua creatura che è lo Stato di Israele, è facile desumere che molto probabilmente Sabbadini e i suoi consimili (chiaramente miei dissimili), così come hanno plaudito, a suo tempo, ai bombardamenti ‘umanitari’ sulla Libia e al linciaggio di Gheddafi, magari equiparandolo, per darsi una lustra di sinistrismo, a quello di Mussolini, ora guardino con favore alla sconfitta e al rovesciamento del regime baathista in Siria (anche se il contesto geopolitico in cui si inserisce la crisi della Siria di Assad è ben diverso da quello in cui si è consumata la tragedia della Libia di Gheddafi).
Mi chiedo allora dove fossero gli esponenti dell’Arci di Varese e che posizione abbiano assunto quando, due anni fa, la marina militare israeliana massacrò gli attivisti filo-palestinesi della fottiglia pro-Gaza, poiché, se risultasse che allora presero posizione condannando quell’azione criminale, sarebbero ora in contraddizione con la decisione di dissociarsi dalla manifestazione del 13 ottobre indetta da un vasto arco di forze per denunciare e combattere il sostegno politico e militare del governo italiano alla ‘leadership’ sionista, razzista ed espansionista che è al potere in Israele e che è responsabile di quel massacro, mentre, se allora tacquero e furono conniventi, bisognerebbe riconoscere in ciò una diabolica perseveranza che non si smentisce.
Ma vi è di più, giacché occorre tenere conto che la vendita degli aerei M346 di Aermacchi ad Israele, oltre ad assume il significato, tanto oggettivo quanto soggettivo, di un atto gravissimo di complicità dell’Italia con i crimini di guerra accumulati da Israele in questi decenni, si inserisce nel contesto più ampio della crisi che sta montando in quell’area geopolitica. E quando si evoca quel contesto è inevitabile riferirsi al fatto che diviene sempre più concreto il rischio di un attacco militare israeliano e statunitense contro l’Iran, attacco che può innescare un più ampio conflitto regionale ripercuotendosi sulla Siria, sull’Iraq e sul Libano.
Concludendo, se è vero che la bestiale politica di repressione e ‘apartheid’, attuata da Israele contro la popolazione palestinese rinchiusa in quell’immenso campo di concentramento che ormai è Gaza, può e deve indignare, ma non può stupire, è anche vero che, come diceva Tucidide, il più grande storico dell’antichità greca, gli uomini, a livello politico, vanno giudicati non per il bene o per il male che fanno, ma per la maniera accorta o malaccorta con cui difendono i propri interessi. Da questo punto di vista, se si analizza a fondo la situazione internazionale e il ruolo che gioca l’Italia in essa, è evidente che gli ultimi governi del nostro Paese hanno seguito, stabilendo legami sempre più stretti ed impegnativi con Israele ed accodandosi a guerre condotte anche per escludere, indebolire ed emarginare l’Italia dai paesi-chiave degli approvvigionamenti energetici, una politica non solo servile ma contraria ai nostri interessi nazionali. La stessa politica a cui l’Arci di Varese sta offrendo il suo deplorevole sostegno, ignorando (o facendo finta di ignorare) che Israele è diventato, ormai da tempo, un pericolo per l’umanità e per se stesso e che il governo Monti opera non per prevenire questo pericolo ma per acuirlo, non per garantire l’indipendenza del nostro Paese ma per asservirlo all’imperialismo egemone, non per favorire la pace ma per scatenare la guerra.
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