Da settimane andiamo segnalando che la potente accelerazione, impressa dall’esecutivo di Matteo Renzi, rappresenta un notevole cambio all’ordinario corso politico borghese conosciuto negli anni passati, in materia di strategie di governance e per tutto ciò che attiene all’insieme delle modalità di gestione/amministrazione del capitalismo tricolore.
Una condizione che è il prodotto di diversi fattori oggettivi e strutturali che si intrecciano tra loro in maniera convulsa e, spesso, contraddittoria con una tempistica sempre più veloce ed incalzante rispetto all’abituale tran/tran a cui eravamo abituati fino a pochi mesi fa.
Mentre le dinamiche generali della crisi economica non fanno intravedere, neanche agli osservatori più ottimisti, tempi di superamento a breve termine e mentre i fattori di competizione globale interimperialistica si accentuano sia in Europa e sia nel resto del mondo, per l’Azienda/Italia vengono a compimento alcuni snodi fondamentali o per un suo possibile rilancio nell’ambito dei paesi leader del capitalismo globale o per un ulteriore declino politico ed economico.
In questo contesto si situano l’azione del Governo Renzi e la sequenza di provvedimenti legislativi (dal Job Act alla Legge di Stabilità) che stanno ulteriormente deregolamentando, in senso marcatamente antisociale, non solo il mercato del lavoro ed il sistema delle relazioni sindacali e politiche ma la società in quanto tale e il suo ordinario involucro politico istituzionale.
In maniera complementare a questa nuova dimensione dell’azione di governo si colloca la ripresa dell’interventismo militare (dalla Libia, considerata da Renzi il cortile di casa dell’Italia, al ruolo che il belpaese sta svolgendo in Medio Oriente ed a ridosso della vicenda ucraina) di cui la nomina di Federica Mogherini a super/ministro dell’Unione Europea è l’esemplificazione materiale ed agente.
Un rinnovato ruolo del capitalismo tricolore esaltato dall’attuale semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea in cui il governo Renzi prova a riconquistare credibilità e spazi di manovra anche nei confronti del ruolo di capofila della Germania e dei settori più intransigenti della borghesia continentale europea.
Si configura quindi, con buona pace di molti nostalgici dell’inviolabilità del dettato costituzionale del 1945, un processo involutivo e scopertamente antidemocratico che allude ad una vera e propria democrazia autoritaria la quale spinge in avanti tutti i fattori di svuotamento formale e sostanziale degli ultimi simulacri del vecchio compromesso sociale che, fino ad ora, ha retto il caso/Italia.
Siamo – quindi – di fronte ad una modifica vera del quadro politico e dei tempi e modi dell’offensiva padronale e governativa la quale, nella sua azione multiforme e generale, punta ad una fortissima svalorizzazione del lavoro ed alla distruzione di ogni elemento di unità politica e materiale della classe, ben oltre gli attuali stadi di frantumazione e disgregazione del blocco sociale afferente i settori popolari della società.
Una risposta politica e sociale all’altezza della sfida dei poteri forti
Di fronte a queste novità e di fronte al maturare di scenari e problematiche inedite non è possibile resistere – né sul piano sindacale e né sul piano politico – continuando ad operare come se nulla fosse accaduto e come se vigessero le vecchie regole del gioco.
In tal senso, preoccupati dall’accelerazione avviata da Renzi e mantenendo la data decisa del 14 Novembre, ci sembrava opportuno tenere testa ai tempi imposti dal governo ed anticipare la risposta di lotta in modo unitario.
Questo anche per contrastare la ripresa della demagogia della Cgil (e di Landini) la quale sta, stancamente, ripetendo un abusato copione già rappresentato altre volte nel nostro paese ogni volta che si è palesato un passaggio importante dell’attacco capitalistico.
Una demagogia che ha, sempre, disorientato, come dimostra la storia sindacale di questo paese, migliaia di delegati onesti e combattivi contribuendo, di fatto, all’affermazione degli obiettivi del padronato e di Confindustria.
Purtroppo, nella discussione tra i compagni e nelle fila degli attivisti, ancora una volta, è prevalso il dato della frammentazione e si è imposto uno stile di lavoro ripiegato, a volte anche inconsapevolmente, sulle proprie specificità vertenziali e locali e poco attento alle responsabilità politiche su scala generale a cui, tutti noi, dovremmo puntare nella costruzione quotidiana del conflitto e delle sue forme di organizzazione, di lotta e di rappresentanza.
In tale scenario comunque lo sciopero generale indetto per il 24 Ottobre dalla USB, dall’ORSA e dall’UNICOBAS, con manifestazioni in tutte le principali città, ha l’importante funzione di garantire la continuità dello scontro con Renzi e di distinguersi dall’iniziativa della CGIL che tenta di recuperare in modo strumentale i consensi perduti tra i lavoratori.
Per questo – come Rete dei Comunisti – stiamo dando il nostro contributo militante anche alla mobilitazione generale del 24 Ottobre contro le politiche economiche e sociali del governo e contro i diktat della Trojka assieme a settori di lavoratori, di precari, di disoccupati, di immigrati e di comitati di scopo e mantenendo l’obiettivo di costruire un fronte di lotta unitario.
Settori di classe questi che hanno la necessità di costruire un forte sindacalismo conflittuale imperniato sulle esigenze moderne di una nuova confederalità, di un diffuso sindacalismo metropolitano e di un nuovo movimento operaio in una proiezione internazionale ed internazionalista.
Le lotte in corso e la loro prospettiva
Le ultime settimane ci segnalano – in un quadro generale in cui ancora prevalgono le tendenze alla frantumazione sociale e l’assenza di significative risposte sociali al complesso delle misure governative – alcuni episodi che, se correttamente interpretati, possono auspicare l’enuclearsi di un fronte di lotta politico e sociale nel paese adeguato alla sfida politica in campo.
Gli applausi raccolti dalla manifestazione napoletana contro il vertice della Banca Centrale Europea, le manifestazioni studentesche e dei precari della scuola dei giorni scorsi, le mobilitazioni di Torino e Milano contro le riunioni dei ministri dell’Unione Europea, la risposta di piazza di Bologna al raduno fascista e la contestazione alla conferenza del presidente di Banca Italia, il corteo di Genova contro la devastazione del territorio e le produzioni di morte del capitale, ma anche i fortissimi fischi alla Camusso a Terni, lo sciopero dei lavoratori della logistica e le tante vertenze diffuse nei territori sono segnali che indicano un paese non ancora pacificato in cui gli effetti della crisi stanno provocando, oltre alla rassegnazione, anche prime reazioni sociali.
Naturalmente queste lotte, queste resistenze sono ancora di tipo settoriale e non si pongono il tema della loro strutturazione organizzata nei posti di lavoro e nei territori. Non si evince ancora quell’embrione di blocco sociale coeso il quale potrebbe avanzare proposte di rottura dell’Unione Europea, dell’Euro, dei Trattati e dell’insieme delle politiche antisociali di cui è soggetto attivo il governo di Matteo Renzi.
Pesa e non poco, in questa situazione, la catastrofe teorica, politica e culturale della sinistra, fino ai suoi ultimi epigoni, i quali, in una perversa logica di coazione a ripetere hanno riproposto, per anni e per troppo tempo, una micidiale linea politica che, subalterna alle esigenze del capitale e del mercato, ha aperto varchi enormi all’iniziativa dell’avversario di classe.
L’orizzonte della trasformazione radicale della società e l’idea/forza del conflitto per difendere gli interessi di classe sono stati opacizzati, espunti e sacrificati all’affermazione di logiche e pratiche compromissorie, trasformiste, elettoralistiche ed, apertamente, conciliati con i poteri forti del capitale.
Da tempo sosteniamo che occorre ricostruire e riqualificare la Rappresentanza degli interessi del blocco sociale che può e dovrà concepirsi come un processo distinto e distante da ogni impossibile riedizione di unità delle sinistre o di mero assemblaggio di microrganizzazioni ma dovrà sperimentarsi nel vivo del conflitto e delle lotte sociali.
Anche su questo versante un primo, parziale, segnale di controtendenza è arrivato dalla recente Assemblea Nazionale di ROSS@, tenuta a Bologna, http://www.retedeicomunisti.org/index.php/politica/580-bologna-l-assemblea-nazionale-di-ross-rilancia-la-sfida la quale ha lanciato una proposta di lotta e di organizzazione per rompere una impasse politica che da qualche anno pesa nel nostro paese.
In tale contesto – è evidente – che non sarà indifferente la riuscita dello Sciopero Generale del 24 ottobre il quale potrà essere un viatico positivo per avanzare sulla strada di una ancora possibile ricomposizione politica e sociale (di cui lo Sciopero Sociale del 14 novembre è un ulteriore tassello) dei mille rivoli in cui, oggi, sono costrette le manifestazioni dell’insofferenza sociale nel nostro paese.
Facciamo appello, quindi, a tutti gli attivisti politici, ai militanti dei movimenti di lotta ad utilizzare l’appuntamento del 24 ottobre ed i cortei che sfileranno nelle varie città per ridare forma pubblica al loro protagonismo sociale e politico.
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