Dalla ripresa autunnale delle vicende politiche si stanno manifestando una serie di eventi inaspettati dei quali è bene capirne per tempo la natura in quanto la situazione generale sta evolvendo in direzioni ancora poco chiare. Certamente il primo elemento, inusuale per la nostra “sinistra” di governo, è la determinazione con cui Renzi sta attaccando non solo il mondo del lavoro, con il Jobs Act in particolare, o con l’incontro de “la Leopolda” dove il finanziere Serra ha evocato la fine del diritto di sciopero, ma anche quelle strutture intermedie che hanno finora garantito il controllo sociale, stiamo ovviamente parlando della CGIL in particolare. Renzi lo aveva detto già alcune settimane fa che il cosiddetto cambiamento in Italia non poteva che assumere il carattere della violenza, intesa in senso figurato ed ora anche materiale.
Sembrerebbe che tale scelta stia portando alla scissione del PD, ormai questo è divenuto l’argomento preferito dei nostri giornali nazionali. Non è la prima volta che accade. Infatti già all’epoca della rielezione di Napolitano e dopo la sorprendente bocciatura di Prodi, il PD era stato dato per spacciato. Se le cose non stanno in questo modo, e noi crediamo che non stiano così, certamente gli effetti su quella parte di elettorato della sinistra più legato a quella storia si faranno sentire e si capisce che si sta creando uno spazio politico per ora indefinito ma con delle potenzialità elettorali.
Sul “fronte” sindacale lo scontro con la CGIL è ancora più feroce, la manifestazione del 25 Ottobre ha assunto un carattere quasi “antiberlusconiano” dove Renzi, sebbene fosse stato votato sia nelle primarie che alle elezioni da molti dei partecipanti, appariva senza mediazioni il “nemico” da battere al di la delle dichiarazioni ufficiali di stampo strettamente sindacali.
E per finire – ma è finita? – le cariche della polizia al corteo della FIOM a Piazza Indipendenza hanno dimostrato che la violenza evocata a suo tempo da Renzi si sta materializzando. Certamente il successivo balletto di dichiarazioni tese ad abbassare i toni, a scusarsi con i manifestanti (non si capisce perché anche con la polizia) sta cercando di riportare le questioni su binari più gestibili, e Renzi stesso ha capito che si è forse troppo sovraesposto con gli attacchi alla CGIL, ma la situazione è divenuta obiettivamente preoccupante.
Anche alla luce di questi fatti si può capire la cedevolezza del governo alle richieste “contrattuali” della polizia, mentre al resto del Pubblico Impiego si continua ad imporre il blocco dei contratti.
Stiamo, dunque, assistendo ad una ripresa inaspettata della Lotta di Classe da parte della CGIL ed ad un ripensamento di parte della sinistra del proprio ruolo di controllo politico? Certamente c’è qualcuno che già sta operando per dimostrare queste tesi, ed allora le mobilitazioni della CGIL ritrovano la loro sacralità dove la classe operaia riafferma il proprio ruolo generale; oppure vedendo la distanza che si sta aprendo tra il PD renziano ed una parte del suo elettorato, dove qualcuno intravvede la possibilità di un’inedita “Rifondazione della Sinistra”, tanto per capirci.
Noi non pensiamo che le cose stiano così, infatti la CGIL e la FIOM si sono mosse solo quando sono state messe all’angolo – non dimentichiamoci il recente flirt avuto da Landini con Renzi – ma mantengono ben saldo l’orizzonte della concertazione, ed è su questo che stanno lavorando.
Nè si vedono rifondazioni della sinistra in quanto, al massimo, ci si sta ponendo l’obiettivo di come coprire quella parte di elettorato schifato dalla pratica e dalla retorica Renziana ma che, anch’esso, è uscito da tempo dai riferimenti di una sinistra di classe avendo seguito fin qui il PD in tutte le spericolate giravolte che ha fatto. Al massimo se ci si riuscirà, e le condizioni apparentemente ci sono, sull’asse Vendola-Landini-Civati più qualcun’ altro potrà emergere di fatto una sorta di “Nuovo Centro Sinistra” speculare all’NCD di Alfano. Infine disponibile a seguire la carovana, si è già dichiarata una parte del PRC, quella cosiddetta grassiana, sia con appelli alla sinistra sia con la rottura della lista Tsipras come è avvenuto nelle elezioni regionali dell’Emilia Romagna.
Allora tutto come prima? Quello che stiamo vedendo è un ennesimo giro di valzer dei soliti noti che sancisce una sostanziale immobilità della situazione? Probabilmente non è così, certo i parametri classici collocano queste dinamiche nella tradizionale sceneggiata sindacale ed a sinistra, che poi vede in conclusione una riappacificazione e convergenza funzionale alla stabilità politica del paese ed al ruolo del PD e della CGIL come ogni favola a lieto fine.
Ma ora c’è qualcosa che non quadra, in quanto la durezza di questo scontro non era necessaria ed ha evocato, con le cariche agli operai, il rischio di ripresa di un conflitto sociale che può andare fuori controllo, proprio quando una parte del paese sta precipitando nella disperazione materiale ed esistenziale. In fin dei conti Bersani e D’Alema, quello che già negli anni ’90 diceva scordatevi il posto fisso, stanno rimproverando proprio questo a Renzi, cioè il non capire che in una condizione di crisi seria la gestione dei rapporti sociali è altrettanto importante delle misure da prendere, e se questo equilibrio non viene rispettato può prendere avvio una dinamica incontrollabile viste le condizioni del paese.
In questo scenario radicalizzato l’elemento irreversibile che emerge è che la crisi capitalista è più dura e più profonda di quanto ci si aspettasse e sta imponendo i propri parametri con brutalità, anche tramite i diktat, ufficiali ed ufficiosi, dell’Unione Europea verso i propri paesi membri ed in particolare ai cosiddetti PIIGS.
L’errore che si può fare da parte dei comunisti e della sinistra più radicale, in questo contesto in rapida evoluzione, è pensare che nulla cambi sulla sovrastruttura, che nel teatrino della politica rimanga tutto immutato, a prescindere; non è così, e Grillo docet.
In realtà quando parliamo di “apprendisti stregoni” per i paesi imperialisti che promuovono guerre ed instabilità negli altri Stati, dobbiamo fare lo stesso ragionamento per la guerra di classe interna e capire che quella che ne viene sconvolta è anche la sovrastruttura politica, l’assetto delle forze politiche esistenti che verranno sottoposte a pressioni e modifiche anche oltre le loro specifiche volontà. Riprodurre nelle nostre teste una visione schematica delle dinamiche politiche in atto sarà forse rassicurante ma rischia ancora una volta di farci arrivare a posteriori delle modifiche in atto e dunque di farci rimanere subalterni se non ininfluenti rispetto ai processi reali.
Certamente una tale affermazione va completata nella sua parte propositiva, e questa cosa è per noi un impegno politico quotidiano rispetto al quale tentiamo di fare analisi e di dare delle indicazione a tutti i livelli necessari usando tutti gli strumenti politici a nostra disposizione. Intanto in via preliminare bisogna attrezzarci per capire con quali nuove forme le contraddizioni emergeranno, quali sviluppi potenziali possono avere sapendo che gli schemi abituali sul nostro scenario politico nazionale verranno probabilmente superati in quanto siamo dentro un passaggio storico equivalente per peso, ma di segno molto diverso, a quello avuto a cavallo degli anni ’80 e ’90.
* Rete dei Comunisti
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