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Roma. Ross@: assordante silenzio a sinistra sulla Giunta Marino e mafia capitale

Ma il nodo rimane il conflitto senza rappresentanza. Sulla vicenda giudiziaria Mafia-Capitale si stanno inesorabilmente spengendo le luci della ribalta mediatica, consumata la notizia articoli e protagonisti confluiscono verso le pagine interne. Naturalmente la vicenda non sfugge al ciclo della gestione della notizia , sottoposta alle regie politico-redazionali, e alle modalità della sua somministrazione al pubblico: propalata come l’ennesimo capitolo del malaffare amministrativo.

Eppure, solo di passaggio, crediamo che valga la pena rammentare che ciò che l’inchiesta ha svelato non si è limitato a singoli episodi di corruzione nella citta Capitale ma ad un consolidato e radicato sistema affaristico criminale trasversale ai partiti e insediato nel corso degli anni all’interno delle diverse giunte, con riferimenti mafiosi e gestito da esponenti della destra neo-fascista.

Ragione che ha visto l’immediato e netto pronunciamento di Ross@ per lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose e fasciste. Una reazione tutt’altro che emotiva ma fondata sull’analisi dell’inchiesta e della condizione metropolitana, rivolta alla sinistra e ai comitati, sindacati di base, associazioni nei territori della periferia cittadina, con l’intento di sollecitare riflessioni sulla questione della rappresentanza degli interessi popolari. Ma su questo abbiamo registrato un silenzio ancora assordante.

Le periferie metropolitane costituiscono un terminale importante per la valutazione dell’impatto sociale delle politiche neo-liberiste sul versante della gestione del territorio e dei servizi. La fine delle politiche del Welfare e del corrispondente modello sociale, interne alla generale crisi sistemica di accumulazione e al costituirsi dell’Unione Europea, ridisegnano brutalmente i caratteri della metropoli e del suo territorio in termini di città globale da collocare nei flussi di capitale in cerca di valorizzazione.

Un aspetto cruciale della dimensione metropolitana si conferma il ruolo del capitale pubblico, la cui funzione si rivela completamente sganciata dall’assolvimento delle necessità dei territori per quanto attiene investimenti in servizi e si risolve nel ruolo di garante della profittabilità dell’intervento privato. L’intero sistema di gestione dell’intervento pubblico è totalmente subordinato a tale modello e i fenomeni di criminalità legati alla gestione da parte dei comitati d’affari, per tornare alla cronaca, non ne costituiscono una anomalia ma una parte integrante.

Le infiltrazioni della destra nei quartieri popolari con il loro armamentario razzista e reazionario, e quanto di questo alberghi ormai in settori ampi di classe, testimoniano ulteriormente la delicatezza della fase e l’urgenza di ricercare strumenti di rappresentanza sociale e politica adeguati.

Sul piano generale, la campagna del governo Renzi in corso contro i corpi intermedi, suona come la “campana a morto” del sistema di relazioni costruito intorno alla concertazione, quale fase estrema delle politiche di mediazione e cogestione sia pure subalterna agli interessi padronali, e il disvelamento quindi del sistema di relazioni fondato sui rapporti di forza.

Il territorio metropolitano sia nella sua funzione di contenitore della forza-lavoro sia di centro di attrazione di capitali, diventa uno dei luoghi di concentrazione delle trasformazioni sociali e produttive ma anche dell’ accumulo di contraddizioni. La presenza nel territorio metropolitano di forme di rappresentanza sociale del conflitto e di crescita dell’associazionismo, del sindacalismo metropolitano, di vera e propria confederalità sociale, documentano di una forte domanda a contenuto prevalentemente popolare ( casa ,lavoro, servizi, tutela del territorio) ormai al di fuori degli ambiti dell’intervento pubblico diretto.

Così la capacità vertenziale locale e/o monotematica si consuma sovente in un rapporto di subordinazione con il sistema di gestione dell’intervento pubblico, per quanto attiene ad esempio all’ambito dei servizi, esemplificato dal modello cooperativistico ad alto tasso di flessibilità occupazionale e bassa remunerazione, che di fatto alimenta la spirale di privatizzazione di fatto dei servizi di welfare e di marginalità sociale di settori crescenti di classe. Un processo che marcia parallelamente alle politiche territoriali e urbanistiche (piani casa e grandi opere) in cui assistiamo a fasi di scontro e di ricomposizione/spartizione tra le diverse componenti della borghesia: quella storica dei palazzinari legata alla speculazione e alla cementificazione e i settori della grande borghesia multinazionale/finanziaria legata alla gestione delle grandi opere.

Insomma, la polarizzazione degli interessi conseguenti alla fine del modello di mediazione sociale propri del Welfare, sottolinea con forza la necessità di definire forme di rappresentanza in cui il tratto dell’ autonomia degli interessi di classe trovi una chiara sponda in modelli organizzativi indipendenti.

La rivendicazione sociale pur nella sua specificità di territorio e di contenuto, deve assumere rilievo generale in quanto parte di quelle esigenze popolari neglette dal modello metropolitano che stanno costruendo. Chiudere la stagione della separatezza organizzativa e vertenziale elevata ad unico possibile modello, anzi addirittura teorizzata come unica espressione possibile del conflitto, è un passaggio ineludibile. Ma la rappresentanza sociale non può prescindere dalla pluralità dei soggetti in cui si articola la composizione di classe all’interno un quadro unitario di rivendicazioni e mobilitazioni popolari, ancora in larga parte da costruire, ma con un modello di città inevitabilmente alternativo agli interessi dei comitati di affari espressi dalle varie giunte succedutesi negli anni a livello locale.

La posizione di Ross@ Roma sulla richiesta di scioglimento del consiglio comunale è conseguente con i ragionamenti proposti , la vicenda giudiziaria di mafia-capitale, qualora ve ne fosse bisogno, chiarisce la posizione degli interessi di classe e popolari nel sistema di relazioni politiche ed economiche che governano la città e al contempo la funzione degli apparati partitici che di quel sistema sono prodotto e garanti. L’autonomia degli interessi di classe, se non vuole essere una semplice enunciazione, deve avere allora la capacità di condensarsi in “un punto di vista di classe” e di rottura con il quadro esistente per indicarne le alternative già da adesso. Questo è ciò che la posizione di Ross@ ha cercato di proporre, in termini tutt’altro che risolutivi, ai movimenti sociali e alla sinistra diffusa per un primo approccio anche alla questione della rappresentanza politica del nostro blocco sociale.

Il silenzio imbarazzato intorno alla nostra posizione non ci scoraggia sulla strada intrapresa, che è un tratto costitutivo del nostro contributo nel confronto politico. Si può cercare ancora di glissare sull’argomento, ma quello della rappresentanza politica del blocco sociale è un tema obbligato per chi intende continuare sulla strada della trasformazione sociale, rinviandolo non rendiamo un buon servizio agli interessi popolari che intendiamo organizzare.

* Ross@ Roma

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