Diciotto anni di assenza dal Nicaragua non sono pochi. Queste brevi note di ritorno da un viaggio dal paese centro-americano sono un modesto contributo per dare alcuni elementi di comprensione del Nicaragua oggi. Il Nicaragua, questo piccolo paese che negli anni 80 rappresentò una speranza per migliaia di compagni, internazionalisti, militanti antimperialisti di tutto il mondo, oggi ritorna al centro dell’attenzione internazionale non solo per l’indirizzo “cristiano, socialista, solidale” dell’attuale Governo presieduto da Daniel Ortega, che è parte integrante del progetto Chavista dell’ALBA, ma anche per l’annunciata realizzazione di un nuovo canale inter-oceanico.
Il primo impatto avvertito è che l’”incubo” degli anni “90 è finito. Anni in cui l’imperialismo consumava la vendetta nei confronti di un piccolo popolo che aveva osato sfidarlo proprio nel suo “cortile di casa”, con costi umani e sofferenze indescrivibili. La dose delle politiche di “aggiustamento” neo-liberali applicate in quegli anni a tutto il continente latino americano per il Nicaragua fu raddoppiata.
Gli effetti disastrosi: malattie endemiche di ogni tipo, denutrizione. Le vittime: soprattutto anziani e bambini a decine di migliaia. Molte di più di quelli causati dalla guerra fra contras e sandinisti negli anni “80.
Tre cose appaiono subito evidenti: una drastica riduzione della povertà (rispetto agli anni descritti), un dinamismo economico tangibile e il forte radicamento che l’FSLN ha ancora in tutto il territorio, nonostante le numerose defezioni avute in questi ultimi 20 anni a destra e a sinistra di quadri dirigenti, comandanti e intellettuali.
Non occorre leggere gli indicatori economici per rendersi conto che il Nicaragua è in una fase di crescita. Capace di produrre alimenti da rendere il paese auto-sufficiente, gran parte della popolazione (anche a basso reddito) può accedere a una dieta a base di carne, pesce, uova, frutta e verdura (disponibile in grandi quantità ovunque). La povertà esiste ancora ma la fame e la denutrizione sono praticamente scomparse. Programmi di assistenza sociale per anziani, bambini e nel settore dell’educazione e della salute sono un fatto reale e non solo propaganda “populista” come denunciano le cassandre dell’imperialismo.
Dall’altra parte sono altrettanto reali le accuse di corruzione e di una gestione delle risorse pubbliche poco trasparente; accompagnate da una forte impronta verticalista nelle scelte che lascia poco spazio alla discussione e alla partecipazione da parte del FSLN e del Presidente Daniel Ortega insieme alla moglie, Rosario Murillo, che molti indicano, non senza ironia, come la “verdadera mandataria de Nicaragua”.
Uno dei fattori principali che sta stimolando questa crescita è la straordinaria impennata del turismo internazionale che sta scoprendo le meraviglie naturali del Nicaragua: riserve, foreste, laghi, vulcani. L’impatto ambientale della crescita economica, almeno fino a oggi, si è mantenuto dentro livelli accettabili. Le strutture, a parte qualche area circoscritta ai ricconi, sono a carattere familiare e questo permette una distribuzione del reddito abbastanza orizzontale. Tutto questo ovviamente stimola l’indotto della produzione agricola aumentando il reddito di piccoli contadini e allevatori e di una pesca ancora artigianale.
Dal punto di vista sociale il turismo non ha prodotto le conseguenze devastanti che ha avuto a Cuba sia in termini di diffusione della prostituzione sia sotto il profilo comportamentale di una parte dei giovani.
La sindrome del canale
In questo clima che guarda al futuro con un moderato ottimismo aleggia una grande ombra: l’annunciata costruzione del canale inter-oceanico.
Un progetto faraonico frutto di un accordo fra uno dei più grandi speculatori finanziari cinesi, Wang Jing, e il Presidente Ortega. Un progetto che oltre a spaccare il Nicaragua geograficamente in due lo sta spaccando anche politicamente.
Venerdì 6 Febbraio una grossa manifestazione contro il canale con migliaia di persone si è svolta nell’isola vulcanica di Ometepe, la più grande isola vulcanica del lago del Nicaragua.
Fra gli organizzatori anche dirigenti e militanti di base del FSLN che denunciano gli effetti devastanti sul lago e tutto il suo eco-sistema legato anche alla riserva naturale del Rio San Juan al confine con il Costa Rica.
Tutti i giorni si susseguono manifestazioni o blocchi stradali mantenendo un profilo comunque pacifico. Ma fino a quando?
Padre Ernesto Cardenal, ex Ministro della cultura ai tempi della Giunta rivoluzionaria, accusa Ortega e gran parte dell’Assemblea Nazionale di aver approvato la legge per la costruzione del canale senza discuterla e senza consultare le popolazioni interessate.
Le autorità del Governo cinese si dichiarano estranee a questo progetto e alcuni quotidiani della regione centro-americana sostengono che in realtà il signor Wang Jing non abbia le risorse necessarie per realizzarlo.
In effetti dal foro che si è tenuto a Pechino l’8 e il 9 Gennaio fra la CELAC e Cina, il più importante incontro nella storia delle relazioni fra America Latina e la potenza asiatica, fra i numerosi accordi di cooperazione in numerosi settori, incluso quello delle infrastrutture, il progetto del canale non viene nemmeno menzionato.
Molti “nicas” sostengono quindi che è molto improbabile che il canale si faccia.
La Prensa, storico giornale di opposizione al sandinismo, sostiene che è più una operazione di “millantato credito” da parte di Ortega che cerca di “giocarsela” politicamente fra i paesi dell’Alba per assumere un ruolo di primo piano soprattutto dopo la morte di Chavez.
Dall’altra parte le giustificazioni portate da Ortega per la costruzione del canale come opportunità di far uscire il paese dalla miseria non reggono: la legge approvata darebbe alla società cinese mano libera senza nessun vincolo giuridico e ambientale. Non solo per il canale ma anche per i progetti ad esso correlati come: 2 porti, 2 zone franche, un aereoporto, più una mega-speculazione edilizia con centri commerciali, catene di Hotel e zone residenziali.
Gli unici ricavi che il Nicaragua avrebbe da questo folle progetto sarebbe una quota azionaria dell’1% all’anno per i prossimi 100 anni. La stessa mano d’opera sarebbe prevalentemente cinese.
Tutto questo nelle aree interessate dallo sviluppo dell’eco-turismo fra le più belle del Nicaragua.
Nel frattempo tecnici cinesi stanno girando nelle proprietà per fare rilevamenti e misurazioni.
Ciò ha causato maggiore irritazione fra la popolazione. Lo scorso Dicembre 4 tecnici cinesi sono stati uccisi a colpi di pistola nel Dipartimento di Rivas. Segno che il progetto viene percepito seriamente come una invasione e una violazione della sovranità popolare.
A questo punto è auspicabile che l’FSLN rifletta bene sugli eventuali effetti collaterali politici di questa scelta. Sia di quelli interni sia di quelli nell’area geo-politica su cui poggia l’attuale versione del sandinismo nella regione.
Se da una parte la costruzione del canale sarebbe un duro colpo per l’egemonia USA nell’area e rafforzerebbe la penetrazione cinese supportata da una più marcata presenza militare russa con sicuri benefici geo-politici per il consolidamento del progetto dell’Alba, dall’altra sarebbe a rischio la possibilità stessa del FSLN di mantenersi al governo del paese per i prossimi anni mettendo in crisi il principale perno dell’ALBA nel quadrante centro-americano.
Governo conquistato sicuramente con l’appoggio di una parte consistente della popolazione, ma non sufficiente visto che L’FSLN per mantenersi al potere ha dovuto fare tutta una serie di larghe concessioni non solo alle “storiche” famiglie della borghesia nicaraguense, per il momento priva di una rappresentanza politica credibile, ma anche alla Chiesa cattolica e ai suoi competitori protestanti delle sette evangeliche importate dagli Stati Uniti sempre più numerose e influenti.
Una posizione fragile frutto di mediazioni e alchimie politiche che può essere consolidata solo con la coesione sociale e politica che ruoti attorno a ciò che fino ad oggi, pur con tutti i limiti, l’FSLN è riuscito a realizzare: la pace, l’indipendenza e la possibilità di uno sviluppo sostenibile (e non è poco in tempi di recessione mondiale). Il canale affonderebbe qualsiasi possibilità di sviluppo autonomo e consegnerebbe il Paese nelle mani di spregiudicati interessi stranieri minando la sovranità nazionale.
Leonardo Casetti
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