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La dimensione “ideologica” dell’imperialismo europeo

Il 7 marzo scorso a Bologna, si è svolto il forum su “Il piano inclinato degli imperialismi”. I materiali verranno pubblicati sul prossimo numero della rivista Contropiano che uscirà in aprile. Anticipiamo alcuni stralci dei contributi presentati nel convegno organizzato dalla Rete dei Comunisti. Qui di seguito pubblichiamo uno stralcio della relazione di Mauro Casadio. Si tratta della parte dedicata alla dimensione ideologica del processo che ha portato alla costituzione del polo imperialista europeo, con gli effetti che questa sta avendo sulla “politica”, gli stati nazionali e le capacità di risposta delle classi sociali subalterne. L’intervento recupera e attualizza alcune chiavi di lettura gramsciane come quella di “Blocco Storico” utile, a nostro avviso, come approccio alla complessità dei processi in corso.

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Dalla relazione di Mauro Casadio

(…) Per capire qual è la condizione politica oggi delle classi subalterne e quella della sinistra di classe e dei comunisti, non si può non partire dai processi di riorganizzazione europea, non solo di quelli economici, produttivi e finanziari ma anche da quelli istituzionali, politici, giuridici ed ideologici. Volendo sintetizzare affermiamo che la costruzione del polo imperialista europeo implica la definizione di un Blocco Storico a carattere borghese continentale che sia in grado di guidare e caratterizzare questo processo.

Per Blocco Storico, gramscianamente inteso, non si vuole indicare solo la unificazione di interessi finanziari, economici e produttivi, ma implica tutti i livelli di costruzione di una nuova entità statuale che vanno dal riassetto istituzionale, con il superamento graduale degli attuali Stati nazionali, fino alla conquista di una direzione politica e culturale che riesca a guidare non solo i settori borghesi che più guadagnano da questo processo ma anche le classi subalterne, che sono in realtà solo oggetto di tale processualità. Quest’ultimo aspetto che attiene alle moderne forme della passivizzazione politica e dell’annichilimento della identità collettiva della nostra classe di riferimento diviene centrale per gli esiti finali del progetto continentale.

Tale gigantesca dinamica sociale, come abbiamo detto, non nasce dalla volontà “politica” di statisti illuminati, come ci raccontano noiosamente gli opinion maker della comunicazione deviante, ma dalla necessità di attrezzarsi, da parte dei settori più avveduti della borghesia continentale, per l’accresciuta competizione globale che ha preso corpo dopo la fine dell’URSS.

Dunque la dimensione continentale non è un optional ma una questione di sopravvivenza per le borghesie dei paesi europei a cominciare da quella tedesca e francese. Questa ineluttabilità sta portando a forzature sul corpo sociale dei diversi paesi superando la storica distinzione tra ceti sociali, rimescolandoli e comprimendoli in una nuova dimensione che rompe equilibri e riferimenti consolidati materiali ed ideali. Un vero e proprio frullatore sociale che muterà completamente gli scenari precedentemente consolidati e che causerà lacerazioni e fratture di non poco conto.

La complessità e la storicità di un tale progetto balza agli occhi immediatamente se consideriamo il superamento degli Stati Nazionali. Questi sono stati per l’Europa la condizione materiale per la costruzione delle economie, della definizione delle relazioni sociali e per la costruzione della rappresentanza democratica che, nelle diverse forme della lotta di classe nei vari paesi, ha formato l’identità politica e l’ambito istituzionale in cui si sono svolte le dinamiche sociali nei singoli paesi. Rompere questo retroterra storico significa modificare radicalmente contenuti e riferimenti dell’intera società, determinare chi guadagna da questo rimescolamento e chi ci rimetterà. Tutto questo in nome delle necessità di valorizzazione del capitale in una condizione dove tale dinamica non può più implicare una crescita generale ma uno scontro tra i soggetti che devono accrescere il proprio capitale a spese degli altri.

E’ a questo punto che si riconnettono la crisi strutturale, dovuta alla ristrutturazione di un intero continente, con la crisi di egemonia dove parti sociali consistenti di questo continente vengono penalizzate e private dei propri strumenti di difesa e di identità.

Tutta la retorica sul valore progressivo dell’Unione Europea, sui diritti umani e la democrazia, sugli interventi umanitari, contro i totalitarismi sono esattamente la rappresentazione rovesciata della realtà, come avviene in una lastra fotografica, ed una funzione fondamentale per la trasformazione autoritaria che si vuole attuare.

La realtà è che dalla situazione traggono vantaggio i poteri finanziari e le imprese multinazionali non i settori sociali più ampi, che la decisionalità politica dei popoli è ridotta zero e che l’interventismo militare è la realtà dei cosiddetti interventi umanitari. La difficoltà di portare avanti questa trasformazione allora si concretizza ed assume diverse forme; dalla risposta dei popoli dei paesi Piigs, e la vittoria elettorale di Syriza ne è un sintomo che arriva fino al Sinn Fein in Irlanda, alla inaspettata affermazione dei cosiddetti “grillini” in Italia fino alle risposte reazionarie che si hanno in Francia, in Italia con la Lega ma anche nel nord del continente che vedono ridimensionate le proprie condizioni di vita.

Insomma il grande progetto dell’Unione Europea più si concretizza e più perde credibilità sui popoli del continente anche se le varie reazioni sociali hanno segni e profili differenziati.

In tale contesto si manifesta anche una crisi politico istituzionale dove emergono forze che in tutto od in parte si pongono in modo antagonista rispetto al progetto europeo in quanto rappresentante di una esplicita penalizzazione delle condizioni sociali complessive ed un arretramento rispetto alla storia del continente che dal secondo dopo guerra è riuscito a garantire, anche grazie ai variegati effetti della lotta di classe, una emancipazione generalizzata.

Tende in questo passaggio epocale il venire meno, attraverso un oggettivo indebolimento, la funzione della politica nello Stato borghese intesa come elemento di congiunzione tra condizioni obiettive e capacità di gestione generale della politica e del sociale. Ed è nel concretizzarsi di questa distonia che emerge il limite al potere delle classi dominanti (….)

* Rete dei Comunisti

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