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“Contro la capitolazione alla Troika, fuori dall’Eurozona”

Di seguito la traduzione in italiano del testo diffuso alcune ore fa dalla Piattaforma di Sinistra di Syriza in polemica con le scelte della maggioranza del partito e di una parte del governo di Atene

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In questo momento critico, il governo Syriza non ha altra scelta che respingere il ricatto delle “istituzioni“ che cercano di imporre un programma di austerità, di deregolamentazione e privatizzazione. Il governo deve dichiarare alle “istituzioni” e deve annunciare al popolo greco che, anche all’ultimo momento, senza un compromesso positivo riflesso in un programma che ponga fine l’austerità, fornisca liquidità sufficiente per l’economia, porti alla ripresa economica, e comprenda una maggiore cancellazione del debito, è pronto a seguire un percorso progressivo di alternativa che metta in dubbio la presenza del nostro Paese nella zona euro, ed insieme interrompa il rimborso del debito.

Al fine di affrontare le pressioni e le richieste inaccettabili dei creditori, il processo che potrebbe portare la Grecia fuori dalla zona euro è un problema serio e complesso, che avrebbe dovuto essere sistematicamente redatto dal governo e da Syriza. Tuttavia, a causa dei tragici blocchi che hanno prevalso sia nel governo che nel partito, questo non è stato fatto. Ciò non di meno, anche ora il governo può e deve rispondere al ricatto delle “istituzioni“, ponendo la seguente alternativa: o un programma senza ulteriore austerità, fornendo liquidità, e che porti alla cancellazione del debito, o l’uscita dall’euro ed il default sul rimborso di un debito ingiusto e insostenibile.

Se richiesto dalle circostanze il governo ha, ancora oggi, la possibilità e il minimo di liquidità che è necessario per attuare un programma di transizione per la moneta nazionale, che le consentirà di attuare i suoi impegni verso il popolo greco, e in particolare per adottare le seguenti misure:

1) La riorganizzazione radicale del sistema bancario, la sua nazionalizzazione sotto controllo sociale, e il suo riorientamento verso la crescita.

2) Il rifiuto completo dell’austerità fiscale (avanzi primari e bilanci equilibrati) al fine di affrontare in modo efficace la crisi umanitaria, coprire i bisogni sociali, ricostruire lo stato sociale, e portare l’economia fuori dal circolo vizioso di recessione.

3) L’attuazione delle procedure che portino ad uscire dall’euro e alla cancellazione della maggior parte del debito. Ci sono scelte assolutamente gestibili che possono portare ad un nuovo modello economico orientato verso la produzione, la crescita, e la variazione dei rapporti di forza sociali a vantaggio della classe operaia e del popolo.

L’uscita dalla zona euro nelle condizioni attuali è un processo difficile ma fattibile che consentirà al paese di seguire un percorso diverso, lontano dai programmi inaccettabili inclusi nel pacchetto Juncker.

Dobbiamo sottolineare che l’uscita dall’euro non è un fine in sé, ma il primo passo di un processo di cambiamento sociale, di recupero della sovranità nazionale e del progresso economico coniugata alla crescita e alla giustizia sociale. Fa parte di una strategia globale basata sulla ricostruzione produttiva, il rilancio degli investimenti, e la ricostituzione dello stato sociale e lo stato di diritto. Di fronte al comportamento intransigente dei creditori, il cui scopo è quello di costringere il governo di Syriza alla piena resa, la fuoriuscita dall’euro è una scelta politicamente ed eticamente giusta.

Uscire l’euro è, infine, un percorso che comprende il confronto con potenti interessi nazionali ed esteri. È per questo che il fattore più importante per affrontare le difficoltà che si presentano è la determinazione di Syriza ad attuare il suo programma, traendo forza dal sostegno popolare. Più in particolare, alcuni degli aspetti positivi dall’uscita comprendono:

  1. Il recupero della sovranità monetaria, il che significa automaticamente recuperare la capacità di fornire liquidità all’economia. Non c’è altro modo per tagliare il cappio della Banca centrale europea sulla Grecia.
  2. L’elaborazione di un piano di sviluppo basato sugli investimenti pubblici, che però permetterà anche degli investimenti privati ​​paralleli. La Grecia ha bisogno di una nuova e produttiva relazione tra il settore pubblico e privato e di entrare in un percorso di sviluppo sostenibile. La realizzazione di questo progetto sarà possibile una volta che la liquidità viene ristabilita, combinata con il risparmio nazionale.
  3. Riconquistare il controllo del mercato nazionale da prodotti importati, rivitalizzare e valorizzare il ruolo delle piccole e medie imprese, che restano la spina dorsale dell’economia greca. Allo stesso tempo, le esportazioni saranno stimolate con l’introduzione di una moneta nazionale.
  4. Lo Stato sarà liberato dalla morsa dell’Unione monetaria europea a livello di politica fiscale e monetaria. Sarà in grado di raggiungere una sostanziale abolizione dell’austerità, senza vincoli irragionevoli sulla fornitura di liquidità. Ciò permetterà anche allo Stato di adottare misure che porteranno la giustizia fiscale e la redistribuzione della ricchezza e del reddito.
  5. La possibilità di crescita accelerata dopo i difficili mesi iniziali. Le risorse che sono diventate inattive durante i sette anni di lungo periodo di crisi possono essere rapidamente mobilitate per invertire la disastrosa politica del memorandum, se non vi è liquidità sufficiente e una stimolazione della domanda. Questo aprirà la possibilità di una diminuzione sistematica della disoccupazione e un aumento del reddito.

Infine, lasciando la UEM, la Grecia non diventerà meno europea, essa semplicemente seguirà un percorso diverso da quello seguito dai paesi del nucleo dell’Unione europea, un’opzione che è già in fase avanzata in paesi come la Svezia e la Danimarca. L’uscita dalla EMU non solo non isolerà il nostro paese ma, al contrario, permetterà di acquisire un nuovo ruolo sulla scena internazionale. Un ruolo basato sull’indipendenza e la dignità, molto diversa dalla posizione di un paria insignificante come dettato dalle politiche neoliberiste del memorandum.

Il processo di un’uscita dalla UEM richiede naturalmente legittimità politica e il sostegno popolare attivo. Il referendum ha dimostrato la volontà del popolo di respingere una volta per tutte l’austerità a prescindere dalle sfide poste dai dominanti esteri e nazionali. È ormai chiaro che il nostro governo sarebbe sostanzialmente costretto a uscire dall’euro a causa del rifiuto finale dell’UE di accettare proposte ragionevoli sulla riduzione del debito, l’eliminazione di austerità, e il salvataggio dell’economia greca e della società, come dimostra il nuovo ultimatum inviato dopo il referendum.

Traduzione di Enea Boria per http://oracostituente.it

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