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L’Unione Europea e la Grecia, ovvero Lupus et Agnus

Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, si ritrovarono a bere nello stesso ruscello. Il lupo era più a monte, mentre l’agnello beveva a una certa distanza, verso valle.

La fame però spinse il lupo ad attaccar briga e allora disse: “Perché osi intorbidarmi l’acqua?”

L’agnello tremando rispose: “Come posso fare questo se l’acqua scorre da te a me?”
“E’ vero, ma tu sei mesi fa mi hai insultato con brutte parole”.
“Impossibile, sei mesi fa non ero ancora nato”.
“Allora” riprese il lupo “fu certamente tuo padre a rivolgermi tutte quelle villanie”. Quindi saltò addosso all’agnello e se lo mangiò.
Questo racconto è rivolto a tutti coloro che opprimono i giusti nascondendosi dietro falsi pretesti.

Fedro

Accordo fatto! Nessuna ristrutturazione del debito, la Troika risorge dalle proprie ceneri e torna ad Atene a commissariare il governo Greco, tre giorni di tempo al parlamento di Atene per legiferare sull’accordo, questi i primissimi particolari emersi lunedì mattina subito dopo la conclusione delle lunghe trattative che si arricchiranno nelle prossime ore. In altre parole si stanno mangiando la Grecia.

Sembra proprio che i fatti di oggi ci dicano che l’antica favola di Fedro sia in realtà modernissima. Ma chi è il lupo in questa tragedia greca ed europea che si sta rappresentando su tutti i mezzi di informazione, minuto per minuto, di tutto il continente? Dal nostro punto di vista si potrebbe dire che sono i soliti tedeschi che intendono apparecchiarci una “Europa a là Bismarck”. In realtà la situazione è più complessa e il rischio di schematizzazioni è molto alto, soprattutto se non si fa un’analisi di classe e che non si limiti alle categorie di tipo “nazionalistico o populistico” che ci propone l’ideologia dominante. Cerchiamo perciò di essere molto netti nelle valutazioni da fare di fronte alla nettezza che la realtà oggi ci sta proponendo e che è in discontinuità con tutte le false rappresentazione fatte e volute.

1 – L’Unione Europea, e non l’Europa, è una costruzione in progress di un Polo Imperialista che intende svolgere nella competizione globale un ruolo centrale per dimensione e qualità della propria potenza finanziaria ed industriale. E’ questa la sua intima natura! In questa costruzione i gruppi dominanti della Germania svolgono ovviamente un ruolo centrale, ma non possono essere solo loro a suonare la musica da ballare, semplicemente perché non ce la farebbero, anche solo per dimensione. Le “convulsioni” che avvengono sotto i nostri occhi sono il prodotto del parto di una borghesia continentale cui i gruppi dominanti finanziari ed economici di paesi come la Francia e la stessa Italia, e non solo, non sono affatto estranei anche se non ancora del tutto omogenei tra di loro. Questa nuova dimensione è oggi la “conditio sine qua non” per sostenere la competizione globale con gli USA e con le nuove potenze emergenti, quali i BRICS; questa competizione non è solo di carattere semplicemente economico ,ma anche finanziario, politico e militare; cioè è complessiva e dunque richiede una organicità sempre più solida e funzionale al proprio interno.

2 – La prima vittima di questa necessità è l’idea di una Unione Europea progressiva, che diffondeva con l’esempio la propria cultura democratica e sociale anche in contrapposizione all’autoritarismo del modello statunitense. In questa ultima settimana l’accusa che è stata fatta al governo Greco è stata quella di aver convocato il Referendum, che è stato visto come una rottura degli accordi fatti nella UE, ovviamente non si sa in nome e per conto di chi. Il fatto che il 61% dei greci abbiano detto OXI, alla faccia dei sondaggisti prezzolati che davano un testa a testa e che ancora adesso affermano che la maggioranza dei greci vuole restare in “Europa”, è stata vissuta, o viene colta a pretesto, come una offesa ai rimanenti 18 paesi che fanno parte dell’Unione. Ancora più vergognose e indecenti sono le proposte fatte nella trattativa dal FMI di cambiare il governo Greco democraticamente eletto, inserendo rappresentanti della Troika, e di “pignorare” una quota parte della Grecia per l’equivalente di 50 miliardi di Euro a garanzia dei “creditori”. E’ chiara ed irreversibile ormai la divaricazione, fino a ieri sostanziale ed oggi anche formale, che si apre tra la UE ed i processi democratici; è morta definitivamente la favola che la spacciava come “faro di democrazia” per tutti gli altri popoli del mondo.

3 – Questa stessa indispensabile organicità da anni ha avviato un processo di gerarchizzazione interna alla UE che procede per nazioni, aree regionali e classi sociali, sulla quale abbiamo scritto più volte, che produce quelle diseguaglianze sociali ed economiche necessarie allo sviluppo di un “sano” imperialismo competitivo. La vicenda Greca ne è oggi l’esempio più drammatico perché segna un punto di svolta politico nelle relazioni interne, ma è stato preceduto da molti altri fatti quali le politiche di austerità imposte alla Spagna, al Portogallo, all’Irlanda, a Cipro. Anche la vicenda della “lettera di Trichet e Draghi” nel 2011 al governo Berlusconi, che di fatto lo commissariava, fa parte di questo processo; così come ne fa parte il rifiuto che è stato opposto recentemente all’Italia circa la redistribuzione – nell’attuale situazione di emergenza – di una quota significativa dei migranti che ogni giorno attraversano il Mediterraneo. Nella guerra del tutti contro tutti in atto nello scenario internazionale non può esserci pietà per i deboli, come dimostra il nostro presidente del consiglio che non perde occasione di mostrare la faccia feroce con chi non ha rapporti di forza adeguati (vedi il Jobs Act) e servile con i forti, come Francia e Germania (per esempio quando, rispettando gli ordini di scuderia, affermava che il referendum greco era “tra l’Euro e la Dracma”).

4 – Questa gerarchizzazione riguarda anche i gruppi sociali ed economici che stanno guidando il processo della UE. In particolare la relazione tra Francia e Germania è fatta di collaborazione e competizione, in quanto se la Germania ha indubbiamente il potere economico più consistente la Francia detiene quello militare, sia nucleare che di intervento. Come dimostra l’attivismo militare di quel paese in Libia, Siria ed in tutta l’Africa francofona in questi ultimi anni. Come dovrebbe essere noto, il solo potere economico non ha la forza strategica necessaria se non viene sostenuto da un altrettanto adeguato potere militare. La relazione tra questi paesi dunque va interpretata alla luce di questa condizione; perciò se l’incontro fatto dopo il referendum tra la Merkel ed Hollande può essere interpretato come accordo su una divisione di compiti tra il carabiniere buono e quello cattivo, non può essere escluso che l’esito della vicenda greca si stia giocando anche in funzione del rafforzamento o dell’indebolimento dell’uno o dell’altro paese.

5 – Se c’è competizione tra i gruppi dominanti del Polo Imperialista Europeo immaginiamoci quale potrà essere il destino dei paesi PIGS, di cui l’Italia fa ufficialmente parte. E’ evidente che il ruolo che spetta al popolo italiano, esclusi evidentemente quei gruppi sociali ed economici che potranno salire sul carro dei vincitori, è un ruolo subalterno. Ruolo che riguarda certamente gli operai, il lavoro dipendente, il proletariato in genere; ma anche settori che fino a ieri erano convinti di poter pesare nelle prospettive di questo paese e che oggi si trovano dalla parte dei perdenti. Parliamo di alcuni settori economici di piccola e media imprenditoria, di settori fino a ieri garantiti e a redditi sostenuti – i cosiddetti ceti medi – oltre alla forza lavoro intellettuale, soprattutto giovanile, che sta misurando la distanza tra le aspettative coltivate e la realtà brutale del precariato e della regressione sociale generalizzata.

I punti elencati rappresentano il contesto obiettivo che i popoli europei stanno misurando concretamente sulla propria pelle e del quale è bene che – per chi si ritenga fuori e contro questa prospettiva – si prenda atto definitivamente e senza indugiare. Ma su questo le resistenze, anche nella sinistra più radicale, sono ancora molte. Tra i primi a non aver voluto prendere atto di questa condizione purtroppo sono stati proprio Tsipras e la maggioranza di Syriza. L’aver indetto il Referendum vinto con il 61% dei NO è stato un atto di coraggio politico ed ha prodotto effetti importanti; il primo è stato quello di dimostrare che un popolo può esprimere liberamente la propria opinione, non cedendo ai ricatti che tutti i poteri europei e la moderna comunicazione mainstream hanno avanzato durante la breve campagna referendaria. L’altro risultato fondamentale è l’aver fatto emergere la natura profondamente antidemocratica e reazionaria – solo così possono essere definiti i giudizi sul referendum – della costruzione europea al servizio delle banche e dei poteri economici continentali; questo è un risultato dal quale non si potrà in futuro più tornare indietro.

Purtroppo si è pensato che fosse sufficiente una espressione politica e democratica del popolo greco per poter tornare al tavolo delle trattative, magari facendo concessioni maggiori di quelle fatte fino a poco tempo prima, ad esempio portando la manovra economica da otto a tredici miliardi, e coinvolgendo chi – Pasok e Nea Democratia – aveva portato al disastro attuale; compromettendo così la stessa unità di Syriza. Si è pensato insomma che la trattativa economica fosse il cuore delle questioni che interessavano le “istituzioni”, rimuovendo o non capendo che la vera posta in gioco non è la quantità di miliardi da reperire, facilmente stampabili con il “Quantitative Easing” di Draghi, ma chi dovrà comandare nel continente.

E’ chiaro che le tattiche possono sempre avere importanza in uno scontro, ma il fallimento in questo caso non è stato di carattere tattico, ma strategico, in quanto la ferma convinzione del governo Greco, ripetuta fino alla noia, è stata quella di concepirsi solo ed esclusivamente dentro l’orizzonte della UE e dell’eurozona. Questa scelta sta portando all’umiliazione della Grecia e probabilmente alla stessa crisi del governo di Tsipras. Insomma un suicidio in piena regola che rimette in discussione tutto quello che è stato fatto finora se anche il parlamento Greco accettasse le condizioni poste.

Non si può pensare di avviare uno scontro di queste dimensioni politiche e simboliche legandosi le mani dietro la schiena, senza ricercare una alternativa che, invece, sembrava fosse presente nelle azioni del governo greco nel momento in cui ha avviato relazioni e accordi con la Russia e con la filiera dei BRICS. Solo mettendosi nella prospettiva della rottura della UE è possibile ancora oggi far saltare i ricatti che vengono fatti in modo indegno e vendicativo. Questa non è una critica “ideologica”, di quelle che intendono misurare quanto Tsipras e Syriza siano “di sinistra” oppure socialdemocratici, ma è la presa d’atto che se ci sarà una Europa Politica non potrà che essere reazionaria, come i fatti stanno dimostrando.

Noi non siamo però neutri osservatori perché siamo dentro come PIGS e le critiche che facciamo alle scelte di Syriza, rispettando la dignità politica dell’esperienza costruita in questi anni, non possono che moltiplicarsi se pensiamo alla nostrana (allegra) “brigata Kalimera”. Quello che è rimasto della vecchia “sinistra antagonista” – PRC, SEL e altro ancora, anche di “movimento” – continua a raccontare la favola che “un’altra Europa è possibile”, che il solo spazio democratico praticabile è quello europeo, perché i popoli possono cambiare con la lotta le politiche di austerità della UE. Di fronte all’aggressione brutale che sta subendo la Grecia le retoriche economicistiche e democraticistiche filo UE ormai hanno perso ogni valore concreto; l’unico motivo per cui non si vuole prendere atto della sua natura imperialista è che si intende rimanere nei recinti che hanno permesso in questi anni la sopravvivenza politica e materiale dei gruppi dirigenti delle suddette formazioni politiche “antagoniste”.

La Rete dei Comunisti da tempo è schierata su questo fronte sviluppando analisi, proposte ed iniziative che mettono al centro il carattere imperialista del polo europeo; oggi è difficile negare aprioristicamente questa chiave di lettura di fronte alla brutalità dei forti che vogliono schiacciare – senza alcuna metafora – i più deboli. Su questa linea di intervento intendiamo continuare a promuovere un movimento per chiedere e produrre la rottura della Unione Europea, assieme a Ross@ ed a tutte quelle strutture politiche e di movimento che condividono la nostra posizione.

Come è altrettanto importante continuare a chiedere il referendum per dare al popolo italiano l’opportunità di potersi esprimere; è tempo che si facciano i referendum sui trattati europei e l’euro in tutti i paesi. In Italia ci sono già dispositivi depositati alla Camera e al Senato che chiedono il referendum. Il primo depositato dal movimento Ross@ nel marzo del 2014, il secondo depositato dal M5S nel maggio di quest’anno, che è stato già bocciato nelle votazioni al senato.

Non basta però esprimere giudizi netti su quello che sta accadendo in Europa ed opporsi con tutte le nostre forze ai processi in atto; bisogna anche individuare una alternativa, una via d’uscita, se non si vuole rimanere con le spalle al muro, come sta accadendo alla Grecia. Oggi nel mondo sta avvenendo un ribaltamento di ruoli tra quelli che sono i paesi imperialisti e quelli delle ex periferia produttiva; ovvero la possibilità di crescita in termini reali non sta né negli USA né nella UE, in quanto l’unica leva di crescita di questi paesi è puramente finanziaria, cioè speculativa e foriera di continue crisi devastanti dal punto di vista sociale. La crescita, seppure di carattere capitalista, può avvenire solo laddove vive la gran parte dell’umanità e, dunque a quei popoli bisogna fare riferimento; non al parassitismo imperante nei paesi a capitalismo “avanzato”.

Per questo la Rete dei Comunisti da tempo sostiene la necessità di costruire un’area politico-economica Euromediterranea che, sull’esempio dell’ALBA latino americana, sia alternativa alla Unione Europea. A Maggio a Napoli, in un forum internazionale, è stato perciò costituita assieme ad altre forze ed esponenti politici e sociali italiani, greci e spagnoli, una campagna politica unitaria nei paesi mediterranei denominata Eurostop per sostenere una alternativa alla gabbia della UE. Su questi contenuti inoltre sono state convocate a Roma due momenti di dibattito, per martedì 14 al centro sociale Corto Circuito alle ore 18.00 e per giovedì 16 alla sala di via Galilei 53 alle ore 17.30 promosso direttamente dalla campagna Eurostop, il confronto è oggi fondamentale per avere un orientamento dentro processi complessi che ci coinvolgono e che stanno subendo accelerazioni fino ad ora impensabili.

 

Lunedì 13 Luglio 

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