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Lo specchio (irregolare) dei migranti

I migranti e i rifugiati arrivano con uno specchio negli occhi e tra le mani . Senza volerlo portano in sè specchi rivelatori del nostro mondo. Uno specchio nascosto tra le poche cose che essi possono infiltrare tra le frontiere. Uno specchio irregolare che funziona come detonatore di reazioni a catena. Non facciamoci illusioni. Gli specchi che arrivano sulle sponde dell’Europa dei diritti, raccontano la nostra storia. Quanto accade in Europa e altrove non è che una lotta di classe riveduta e neppure tanto corretta. Solo cambia le modalità di applicazione. E’ vero, la storia del mondo non è solo la storia della lotte di classe. E’ un gioco di specchi che molto le asssomiglia.

Non è mai morta, quella. Risorge nelle ideologie, si accomoda alle teologie e si annida nel Capitale. La lotta di classe è il ritornello imparato a memoria con le materie scolastiche assieme al latte materno. Futili teorie dell’alterità e inutili percorsi accademici sulla civiltà degli altri. Lontano nei paesi esotici c’è chi profitta delle spiaggie per raccogliere stelle marine. In altre per fare del turismo impegnato a testimoniare lo scavo del grande fosso. Quello tra un mondo e l’altro, anche dentro dello stesso paese. Non solo gli europei, ma anche gli asiatici e gli africani. Le monarchie del Golfo collezionano armi e recintano i privilegi minacciati. La lotta di classe si riproduce sulle spiaggie.

Quelle di approdo sono le stesse di prima solo che non si può stare in pace come una volta. C’è il rischio di veder arrivare un corpo trasportato dalla corrente del mare. E allora si impreca alle migrazioni, alle politiche di aiuto e agli altri dispositivi di controllo umanitario. Alla radice c’è la lotta di classe che gode di buona salute e si trasforma. Persino nel calcio, italico e non, la lotta di classe prospera adesso che ricomincia il campionato. Il mercato generale è quello della frutta e verdura e calciatori. Merce di scambio. I tifosi sono il pretesto per le dare colore alle riprese televisive. Vincono i conti in banca del capitalismo predatore che della lotta di classe si nutre.

Tutto facile allora. Meglio le politiche umanitarie meglio se appoggiate dai cannoni. Autiamoli a casa loro purché le guerre e le battaglie per la dignità ci lascino tranquilli e compatibili. Non toccate il nostro stile e sistema di vita e prendetevi quanto rimane. Gli schermi televisivi sono respingimenti mirati della realtà. Gli Specchi Migranti la riportano riflessa in grandezza naturale senza filtri. Le contraddizioni del sistema vanno regolate per negoziati dal Fondo Monetario oppure dalla Banca Mondiale. Alla peggio c’è la guerra umanitaria oppure gli aiuti mirati a perpetuare la dipendenza. La lotta di classe ha un radioso futuro davanti a sè. Alcuni cittadini vissero felici e scontenti.

Per questo si censurano gli specchi o si sequestrano. Si detengono nei Centri di Distruzione Specchi o si allontano come indesiderati. Rimangono gli scogli caso mai non ci fosse posto altrove. E soprattutto che stiano lontani. Abbiamo la nostra religione, la crisi economica e soprattutto i politici che ci meritiamo. Con poche differenze, destra e sinistra, sono tutti d’accordo. La lotta di classe è alla base dell’immaginario non solo occidentale. Attraversa come un sentiero il pensiero e soprattutto la pratica globale. Noi e loro e gli altri, ognuno al suo posto per favore. Nel caso non fossimo persuasi ci pensano loro. Ci mezzi di persuasione mediatica per organizzare il nemico.

Sbarchi, occupazioni, invasioni, ondate, orde, disperati, terroristi e soprattutto poveri. Buoni al massimo per i pomodori nel Tavoliere delle Puglie. O allora che si arrangino a casa loro. Le guerre e le economie sono neoliberiste e allora ognuno faccia i fatti propri. Essere poveri è una colpa indecente. I muri sono tenuti sù dalle parole e puntellati dalle menzogne. La paura è l’argomento più efficace della lotta di classe. Il primo passo della redenzione verrà col coraggio di guardarsi allo specchio.

mauro armanino, niamey, agosto 015

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1 Commento


  • Cèsar Bruno

    Sono un italiano meridionale, residente in Colombia, discendente di emigranti meridionali. Pensiamo a “quando eravamo noi”…. Tutti i popoli dovrebbero avere il diritto di stare bene a casa. Non era meglio se i milioni di italiani poveri, tra i quali mio nonno, che hanno dovuto emigrare per sfuggire la miseria a casa e che hanno popolato mezzo mondo, avessero potuto vivere in pace e godendo il benessere a cui avevano diritto in Patria? Dopo avere sfruttato l’Africa per tanto tempo, non sarebbe l’ora che l’Europa ed il resto del Primo Mondo corresero ai ripari contribuendo al benessere di quel continente? Che poi qualcuna lo faccia per non vedere negri a casa, e’ un’altra cosa. E guardate, che mia moglie e’ nera.

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