A Napoli Luigi de Magistris è stato votato dalla borghesia napoletana (in maggioranza) e dai movimenti. La plebe non c’entra nulla scrive Massimiliano Gallo sul sito Il Napolista.
Napoli la città più a sinistra d’Italia, anche nella rappresentazione grafica dell’Ansa, nelle trasmissioni postelettorali della Rai, scrive sull’Espresso Valeria Parrella, che, col tocco leggero di una Donna scrittrice, coglie la “verità ribelle” di tante e tanti concittadini, che capiscono che la politica dei tagli alla spesa pubblica ed alle prestazioni sociali è l’ultima faccia con la quale governi nazionali ed europei tengono sotto schiaffo la nostra città.
Roberto Saviano, qualche giorno prima, parlando dell’espressione “zapatismo in salsa napoletana”, coniata, pare dallo stesso De Magistris, attaccava gli elementi di travisamento della realtà che la propaganda del Sindaco inserisce nella battaglia elettorale, a suo avviso, ma anche frontalmente il PD, sia perché ormai, in Provincia di Caserta, ma anche nel napoletano, ha abbassato la guardia sul fronte anticamorra, accogliendo nelle liste, soprattutto civiche alleate, personaggi compromessi, ed ha come riferimento la borghesia di matrice camorrista, spesso di matrice casalese, dopo la fase iniziale dell’”accumulazione originaria”.
Inoltre Saviano diceva che Renzi non aveva alcuna voglia di impegnare il Pd nel governo diretto di Napoli, di qui la manfrina pro e contro Bassolino, ma anche che ora, collo squagliarsi dei suoi organismi dirigenti, di fatto il PD darà una mano a Lettieri, ma senza il coraggio politico della dichiarazione pubblica, questo in linea colla posizione che Renzi stesso ha, a livello nazionale, nei riguardi di ALA di Verdini, senza la quale il Pd non poteva deformare, diciamo Noi, la Costituzione repubblicana.
Infine, dal principale quotidiano nazionale, ecco il commento, appena i sondaggi hanno dato vincente De Magistris:
“Se i sondaggi non mentono troppo, il sindaco uscente pare abbia realizzato un vero incantesimo napoletano, convincendo i suoi concittadini di essere appena sceso da un pullman di zapatisti a Mergellina anziché aver governato la terza città italiana per cinque anni filati con risultati che sono sotto gli occhi di tutti”, scriveva poche ora prime delle elezioni Goffredo Buccini sul Corriere della Sera e proseguiva affermando che de Magistris “è stato capace di sintonizzarsi – gli va dato atto – con le pulsioni più profonde d’una città dove la plebe non s’è mai trasformata compiutamente in popolo, dove la lotta sociale si fonde col sanfedismo da oltre due secoli”.
Tra queste quattro suggestioni muove la nostra scarna analisi, che è fotografia progettuale del “Che fare” a Napoli a breve e nel medio periodo perché si solidifichino le ragioni del cambiamento, che hanno un punto di riferimento in Luigi De Magistris.
Qui riportiamo pari pari da Max Gallo:
“Partiamo innanzitutto dalla bufala dell’astensione. Bufala, nel senso che non è stato affatto un tratto distintivo dell’elettorato napoletano. Non è che qui si è rimasti a casa insoddisfatti dei protagonisti, mentre altrove si sono affollati ai seggi, come pure ci hanno propinato i quotidiani per settimane. A Napoli ha votato il 54,11% degli aventi diritto. Praticamente la stessa percentuale della civile Milano con due candidati presentabili e da invitare a cena: 54,65%. Qualcuno in più ha votato a Roma: 56,15% e a Torino: 57,17%. Napoli come il resto d’Italia. Parafrasando Boldi: «come dite voi a Milano astensione? Noi a Napoli diciamo “astensione”».
E passiamo ai voti. Luigi de Magistris, il “capopopolo” senza partiti, ha avuto 172.700 voti (cinque anni fa al primo turno ne raccolse 128mila) per un finale 42,8%; Lettieri ne ha avuti 97mila (cinque anni fa 179mila) per un conclusivo 24%; e la Valente 85mila (Morcone ne prese 89mila) per un 21%.
Ora la domanda è: questi 173mila voti scarsi sono tutti della plebe che non si è fatta popolo? E qui proviamo a guardare la mappa geografica del voto e a dare uno sguardo anche alle preferenze. Napoli viene divisa in ventinove quartieri. I dati definitivi sono tutti sull’efficientissimo sito del Comune di Napoli (anche questa è una notizia, i “malati” di numeri hanno potuto appagare ogni loro esigenza sul sito del sindaco venezuelano, aggiornato come uno svedese).
Ebbene, in quattro quartieri de Magistris ha perduto: Secondigliano (ha preso il 28,7%), San Pietro a Patierno (periferia Nord, ha preso il 26,8%, qui è arrivato addirittura terzo), Pianura (periferia Ovest, ha preso il 34%, battuto di poco da Lettieri), San Giovanni a Teduccio (periferia Est, ex roccaforte rossa, dove non è andato oltre il 30,7%, unico quartiere in cui ha vinto Valeria Valente). Quattro quartieri periferici.
In altre zone, ha ottenuto meno del 42,8% finale. Quasi tutti in periferia: a Piscinola il 34%, a Miano il 33%, a Chiaiano il 39%, a Ponticelli il 36%, a Barra il 36,7%, a Scampia il 38,5%, cui vanno aggiunti il quartiere Mercato (ex roccaforte di Lettieri) dove de Magistris si è fermato al 33,5% e Posillipo (la Parioli napoletana) che merita qualche riga in più. A Posillipo, de Magistris ha incassato il 34,5% dei voti, è stato comunque il più votato (Lettieri si è fermato al 34%). Qui è bene ricordare che nel 2006 Rosa Russo Iervolino – che vinse nettamente al primo turno col 57% dei voti – venne sconfitta dal candidato di centrodestra Franco Malvano: 36% contro 54%. Proseguendo nella parentesi interessante del 2006, furono due i quartieri in cui la Iervolino venne sconfitta: Posillipo appunto, e Chiaia. A Chiaia, altra zona bene della città, finì 49% a 39% per Malvano. De Magistris a Chiaia ha preso settemila voti e il 40%, Lettieri non è arrivato al 30%.Insomma, dove ha vinto de Magistris? Ha stravinto al Vomero, zona proverbialmente borghese. A Napoli “vomerese” è quasi un epiteto negativo, come dire che sei un fighetto, che hai la vita facile. De Magistris, per capirci, è del Vomero. Tra Vomero e Arenella (quartiere limitrofo, sono quasi sovrapponibili), il sindaco zapatista ha incassato 33mila voti, praticamente il 20% del totale. La sua roccaforte sta in collina. Qui ha preso percentuali di tutto rispetto: il 58%. Avrebbe vinto al primo turno anche nel quartiere Avvocata, che collega il centro al Vomero lungo la direttrice di via Salvator Rosa (quartiere anche popolare): qui de Magistris ha incassato il 54%. Come nella zona Porto, altro quartiere del centro di Napoli. E il 53% lo ha raccolto nel quartiere San Giuseppe, vale a dire il centro storico della città. Potremmo dilungarci ma ci fermiamo qui. Luigi de Magistris, il sindaco della plebe, ha raccolto i suoi consensi al centro e ha perso in periferia.
Ma allora, i movimenti, i rivoluzionari, i centri sociali? Ci sono, certo che ci sono, ma va fatto un piccolo approfondimento. Il voto di una città come Napoli non può che essere complesso. E i cosiddetti movimenti hanno avuto il loro ruolo, non c’è dubbio. Nelle municipalità, le vittorie di Bagnoli (strappata al Pd) e Stella San Carlo all’Arena con Diego Civitillo e Ivo Poggiani portano la loro firma. Così come nel totale delle preferenze delle liste in appoggio a de Magistris, al secondo posto con quasi duemila voti si è piazzata Eleonora de Majo di cui si è parlato molto per le sue posizioni anti-Israele. Ed è proprio l’analisi delle preferenze che può favorire una lettura del voto al sindaco uscente. Perché solo Alessandra Clemente – la figlia di Silvia Ruotolo, la donna uccisa per sbaglio dalla camorra nel 1997 all’Arenella, sì la camorra sparava e uccideva in città già allora – ha preso più voti della de Majo. Ne ha presi 4.400. La Clemente è un simbolo anti-camorra ma è anche un’esponente della borghesia napoletana. È stata al centro di polemiche perché il suo compagno è proprietario nella zona dei locali di Chiaia. C’è stata insomma una saldatura tra i cosiddetti ceti medi – espressione forse superata ma che comunque rende – e i movimenti. Quel che fondamentalmente avvenne quindici anni fa a Genova in occasione del G8.”
E qui ci agganciamo Noi, per dire che nell’analisi di Gallo, per il resto molto completa, e corretta, si sottovaluta la presenza di enclave popolari, plebee, per dirla come la dice lui, nel pieno Centro Storico della Città, nelle Municipalità II, III e IV, dove la coalizione del Sindaco ha vinto pure nelle Municiplaità, dalla Pigna Secca alla Sanità, da Forcella alla zona del Vasto.
Mentre, la saldatura tra borghesia e movimenti (che risente, in Gallo dell’influenza pasoliniana della celebre poesia “Il Pci ai giovani”, in cui Pasolini contrapponeva, non la Polizia, come si è detto spesso, ma il PCI togliattiano all’indistinto movimento sessantottino in cui egli vedeva manifestarsi un nuovo arrivismo borghese) se è corretta nel rappresentare alcuni fenomeni, e spiegare anche alcuni accenti della Parrella , trascura il dato della proletarizzazione di larghe fasce del cd. Ceto medio, che oggi ha votato De Magistris, perché almeno lì vede una possibilità di ripartire senza che la gara sia truccata.
Ma soffermiamoci su ciò che qui più risalta all’evidenza, ed è la sfida sin dal ballottaggio:
il dato dell’astensione e quello del voto nelle periferie al Sindaco in carica disegnano il perimetro sociale, talvolta anche geografico, dell’impegno della prossima Sindacatura, affinchè sia davvero di svolta, perché larga parte delle periferie è rimasta estranea, nella sua complessa composizione sociale(dai ceti popolari portati a Scampia dopo il terremoto del 1980, agli ex contadini ed ai loro discendenti di San Pietro a Patierno, dai pianuresi, ancora convinti, come a Ponticelli, della loro alterità a Napoli, per una loro storia, agricola nel primo caso, manifatturiera nel secondo, che col Centro città ha avuto solo relazioni quasi come se tra città diverse, ed il Centro cittadino è andato a Pianura ed a Ponticelli, solo per allocarvi questioni e problemi non gestibili nel Centro Storico allargato, fino a prima di de Magistris.)
Tre sono le vertenze per piegare in maniera strutturale l’economia e la subcultura camorristica, che allo stato sono il modo attraverso il quale l’assetto dominante della società tiene questi quartieri sotto controllo:
1) un intervento di reddito minimo garantito, che si intrecci con la proposta popolare di legge regionale popolare, ma che preveda, con griglie serie, ed un controllo adeguato, anche prime erogazioni monetarie alle persone più povere.
2) La conclusione positiva, con chiamata effettiva nei bacini di lavoro per una raccolta differenziata estesissima, delle persone formatesi col progetto BROS, all’ epoca di Bassolino- Gabriele, poi in maniera criminale tenuti fuori dallo sbocco della loro formazione da parte dell’Amministrazione Regionale Nappi-Vetrella.
3) La creazione, il controllo popolare, la manutenzione, di spazi verdi e sportivi, di largo uso pubblico, anche mettendo in rete i campetti parrocchiali e le scuole calcio locali, in tutta la cinta periferica di Napoli, partendo dalla riapertura a pieno regime del Polifunzionale di Scampia, anche affidato alle associazioni locali, in parte. Questo disegnerebbe una geografia urbana del buon vivere, assieme ad una vertenza permanente con le ASL per il rafforzamento, non lo smantellamento, come avvenuto a Via Carlo De Marco, senza reazioni serie da parte dell’Assessore al Patrimonio comunale, dei presidi sanitari in Città, ai quali vanno destinati anche immobili comunali.
Infine, i trasporti, che, nelle città contemporanee, sono cifra della vera democrazia sostanziale di esse: quivi occorre una vertenza serratissima, fatta non nelle segrete stanze, ma con il popolo dei quartieri, ed ad esso rendendo conto, con la Regione Campania, il Governo Nazionale, l’Unione Europea, perché EAV e Trenitalia faccia camminare con frequenze ed orari da paesi civili Linea 2 della metropolitana,Cumana, Circumvesuviana, e Metrocampania Nordest, perché a questa società regionale afferiscono le linee che sono la vera metropolitana verso il Centro degli abitanti in periferia.
Assieme a ciò, sbloccare tutto il piano di linee metropolitane previste, e di cui non si è mai passati alla progettazione ed al finanziamento, tipo la linea funicolare tra il Museo Nazionale e Capodimonte, che pure rappresenta l’antiporta di altra periferia cittadina, attraverso il perimetro immenso del suo Parco reale, tipo le linee 9 e 10, che da Afragola dovrebbero arrivare a Piazza Cavour, rompendo nuovamente, come all’epoca di Carlo di Borbone, l’isolamento dal centro cittadino dell’area larga di San Carlo all’Arena, e creando un momento di collegamento forte e costante con un Albergo dei Poveri, che torni ad essere della Città, e dei più deboli.
Un bellissimo filmato degli anni 70, interpretato da Ninetto Davoli, immortale attore pasoliniano, faceva vedere ai romani di periferia come, attraverso le metropolitane, la cui costruzione si completò durante l’Amministrazione del comunista Argan, finalmente il Colosseo, Piazza di Spagna, Piazza Navona, ma anche il Vaticano, il Tevere, fossero finalmente alla loro portata, con un semplice viaggio ferroviario ed un biglietto economico. Allora Roma era socialmente molto più coesa di oggi, ed anche Napoli, attraverso la libera mobilità dei suoi abitanti, sta diventando meno faticosa, più intrecciata, ma c’è molto da fare ancora, anche così si recupererà la sostanziale sensazione di essere fuori dalla CITTA’, che gli abitanti di Scampia, come di San Pietro, di Ponticelli, come di Soccavo, del Rione Traiano oggi vivono troppo frequentemente.
Queste sfide, se riguardano il Sindaco sul lato dell’azione di governo amministrativo, con la proposizione di risposte efficaci ed efficienti, riguardano anche la sinistra modernamente di classe ed anticapitalista, che si va ricostruendo a Napoli e che pure ha dato il suo piccolo contributo alla vittoria di Luigi De Magistris: è tempo di organizzare e far crescere il conflitto e la domanda progettuale sociale, è tempo di missione, di lasciare piazze e bar dove si incontrano i soliti noti e di incontrare l’altra e l’altro in periferia, nelle vesti talvolta sfigurate dalla lotta di tutti contro tutti, che il sistema attuale impone, condividendo temi, problemi, eroismi quotidiani di Donne ed Uomini, che talvolta faticosamente si trascinano alle fermate dei bus in zona Nord di Napoli, ad esempio.
È tempo di avviare un profondo rivoluzionamento, culturale e sociale, verso la Città piu’ giusta, che poi, per Noi, è la Città Nuova…
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franco
belle parole nell”articolo, ma come si dice a Napoli senza soldi non si cantano messe!!