Da due giorni non sto bene in questa Italia ipocrita e razzista. Ma mi sforzerò di essere razionale. Sono profondamente turbato dall’omicidio di Emmanuel Chidi Namdi, nigeriano sfuggito con la moglie alla distruzione del suo paese dal terrorismo di Boko Haram, che gli aveva ucciso una figlia. Attraverso un percorso terribile, dalla Nigeria alla Libia all’Italia, segnato da violenze e sofferenze gravissime, che avevano causato anche un aborto spontaneo alla sua compagna, questo uomo era arrivato in Italia, dove da qualche tempo sperava di costruirsi una vita più serena.
Ma così non è stato, perché la sua vita è stata stroncata dal pestaggio di un (o due, ma non si capisce) fascista di Casa Pound o di Forza Nuova o tutte e due, cosa importa.
Il primo lancio della democratica quanto governativa Repubblica è stato che un nigeriano era stato ucciso da un ultrà della Fermana. Tutti sanno che il 90% di questi tifosi appartiene a gruppi dell’estrema destra, in più l’omicida è ben noto a Fermo per le sue provocazioni politiche violente. Dunque perché tacere su questo aspetto, limitandone la figura a quella di un tifoso un po’ troppo esuberante?
Una domanda altrettanto inquietante è quella che riguarda le indagini. Nonostante si sapesse da subito chi era l’omicida, costui è stato lasciato a piede libero per due giorni, dandogli la possibilità di inquinare le prove e di costruire versioni dei fatti a lui compiacenti, che stanno già trovando credito sulla stampa. Che poi l’omicida si giustifichi dicendo che avrebbe ucciso Emmanuel perché pensava che stesse rubando un’automobile è grottesco e comunque al di fuori di ogni spiegazione legale poiché qualunque cittadino che assiste a un reato dovrebbe semmai informarne la polizia e non praticare direttamente la pena di morte, tra l’altro per un delitto così poco importante.
Ma Emmanuel non stava rubando un’automobile. E forse proprio in questo vigliacco tentativo di difesa sta molto della politica che viviamo in Italia: gli stranieri, soprattutto se di carnagione scura, sono potenziali delinquenti. Una visione, quest’ultima, alimentata d a anni da molti politici.
Non è un caso che l’avvocato del delinquente che ha ucciso Emmanuel abbia tentato di giustificarlo dicendo che l’epiteto di “scimmia” rivolto a sua moglie, che è stato la causa della reazione di Emmanuel verso il suo giustiziere, viene usato correntemente dai politici e quindi un ragazzo di scarsa cultura può credere non sia così insultante. E’ paradossale, ma sono d’accordo con quell’avvocato, poiché da anni, in effetti, abbiamo in Italia personaggi politici che si esprimono in questo modo rozzo e barbaro verso qualunque straniero del sud del mondo viva, anche legalmente, nel nostro paese. A parte il fatto che il “ragazzo” in questione ha quasi 40 anni, resta che il linguaggio, ma soprattutto la politica di tali personaggi ha promosso il razzismo a normale pratica politica. Uno straniero non ha gli stessi diritti di un italiano, gli immigrati sono potenzialmente tutti ladri, dobbiamo usare la “reciprocità”, termine ignobile che ha portato qualche delinquente ad aggredire dei pacifici venditori di fiori bengalesi sul lungomare di San Benedetto del Tronto in seguito all’attentato di Dacca.
I politici di cui parlo sono coloro che, durante il dibattito al Senato, hanno minimizzato l’assassinio di Emmanuel dicendo che “non si sa ancora” cosa sia successo oppure hanno ricordato ipocritamente che anche degli stranieri hanno ucciso degli italiani. Sono semplicemente logiche giustificazioniste di un assassinio a freddo.
Povero questo paese che ha dimenticato i tempi in cui, in altri paesi, quando noi eravamo migranti, si vedeva scritto sui locali pubblici “vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”. Ma la memoria, in Italia sembra essere sparita.
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