In questi giorni in una Catania ipermilitarizzata si sta svolgendo la Festa dell’Unità, ossia la festa del PD, ossia la festa del Governo, ossia la festa del “servo dei due padroni” (Unione europea e NATO).
Come Rete dei Comunisti abbiamo partecipato all’assemblea pubblica cittadina per organizzare al meglio, e secondo una logica ampia, condivisa e di massa, ma di classe, il “benvenuto” siciliano a “Renzi e alla sua cricca”. Noi siamo dentro a questo percorso, portando il nostro contributo e il nostro punto di vista in maniera convinta. Lo abbiamo fatto all’assemblea e lo ribadiamo, più distesamente, in questa sede.
Partiamo dalla superficie dei fatti, dalla fine, cioè da quanto successo in questi primi giorni di festa, a partire dall’inaugurazione e, forse meglio, dalla preparazione. Quale evento politico ha mai visto uno schieramento di “forze dell’ordine” tanto imponente attorno agli operai che sistemano la “location” deputata ad accogliere l’evento? Quale “convention” politica ha mia visto schierati all’ingresso di un luogo pubblico (un giardino comunale, ove si può accedere anche semplicemente per fare una passeggiata) agenti della DIGOS e poliziotti, per il controllo dei documenti e la perquisizione di zaini, marsupi, ecc.? Quale evento politico ha dovuto ricorrere al presidio militare degli ingressi laterali, vietandone l’accesso per meglio sorvegliare chi entrava dall’ingresso principale?
E ancora: quale evento politico ha avuto bisogno di controllare i documenti a individui distanti mezzo chilometro dalla “location”, tracciando de facto una “zona rossa” non dichiarata? A quale evento politico è stato mai proibito di recarvisi in gruppo, pena la denuncia per “manifestazione non autorizzata”?
Il senso della misura che ci impedisce di continuare nei nostri interrogativi (apparentemente) retorici, non ha invece interessato le forze della polizia nella sua “smania di ordine”.
Si tratta solo di “smania”?
Ancora un passo indietro. Stesse modalità si riscontrano se si cammina in un altro luogo pubblico, una riserva naturale, una sughereta, dove è abusivamente installata una base militare straniera (MUOS) – ma pervicacemente protetta dalle nostre “istituzioni democratiche” rappresentate da questo governo nazionale e regionale, in barba a quello “straccetto” che è la Costituzione italiana e al suo miserrimo articolo 11. Controllo dei documenti, multe pretestuose, perquisizioni ingiustificate, continue ronde di svariate forze dell’ordine intorno a un presidio – in un luogo privato – dove si svolge una semplice riunione politica (nemmeno fosse una riunione di boss mafiosi).
Ancora – e per ora è l’ultimo – un altro passo indietro. Durante gli sbarchi di migranti al porto di Catania, viene impedito l’avvicinamento a qualsiasi associazione umanitaria o gruppo di volontariato che non siano autorizzati da (o non siano complici con) le forze di polizia. Sia detto ad onore del servo sindaco di questa città.
Ma, per quanto ci auguriamo di poter essere una forza tale da impensierire il nostro nemico, non sono le persone controllate (militanti, attivisti, cittadini democratici) ad essere particolarmente pericolose, ma sono i bersagli della nostra lotta ad essere particolarmente sensibili alla tutela di un tale dispiegamento di forze dell’ordine. E attorno ad essi ruota l’operato di questo governo nazionale (e regionale e cittadino) e della sua forza politica più rappresentativa degli interessi economici e militari che vi stanno dietro.
Se una normale piazza di spaccio di droga a Catania non gode della stessa sorveglianza, un motivo ci sarà. Se le scuole di questa città possono essere devastate da atti vandalici con una certa tranquillità, una ragione deve esserci. Se si possono garantire appalti pubblici ad amici degli amici, non può essere una coincidenza, ecc.
Non è evidentemente una questione di normale ordine pubblico. Così come non è una semplice festa politica ad essere scrupolosamente protetta dalla polizia e dai militari (con soldi pubblici, va detto en passant) e con forze di ordine privato dal dubbio profilo penale.
Chi si protegge? Perché questo partito, erede del più ostracizzato partito politico istituzionale del dopoguerra, gode oggi di tanta protezione? Si tratta davvero solo di un partito qualunque, per quanto a noi odioso? Si tratta davvero solo di un governo qualunque, per quanto impopolare? Si tratta davvero di difendere un capo di governo qualunque, quantunque nominato?
Secondo noi, assolutamente no. Il governo Renzi, come abbiamo detto all’assemblea catanese, ha la “possibilità” di riunire, nella figura della suo rappresentante, interessi internazionali fortissimi, quali mai era capitato di essere rappresentati dalla peggiore versione del governo Berlusconi.
La sospensione della democrazia formale in Italia non è diversa da quella che è a fondamento della “governance” europea. Questa sospensione, di cui si è fatto garante il PD, soprattutto nella sua versione giovanilistica, Matteo Renzi & Co., sta permettendo quello che mai era stato possibile in Italia nei decenni passati, quando le politiche iperliberiste dell’Unione europea si imponevano, pezzo dopo pezzo, nel nostro paese, sempre con la complicità del centro-sinistra.
Quell’atteggiamento ambivalente della vecchia guardia del PD e del sindacato che cercava ancora un compromesso sociale al ribasso, non è stato più funzionale a quegli interessi delle borghesie internazionali che hanno premuto sull’Italia e poi sulla Grecia. Con la fine di Berlusconi si è avuta, non a caso, anche la fine della vecchia classe dirigente del PD.
Questa non è normale “dialettica politica” all’interno del partito. Questo è un cambio di guardia strategico, nel momento in cui la crisi economica impone scelte di politica economica drastiche ai paesi dell’Unione europea, e la sua ricaduta militare sul Mediterraneo e in Medio Oriente impone una “governance” blindata.
Renzi & Co. sono il nostro nemico di classe più immediato, perché hanno un volto e un nome facilmente riconoscibili. Contestarli e tentare di rovesciarli è il nostro obiettivo politico quotidiano. Ma perché questo obiettivo venga colpito, è necessario che sia chiaro, almeno nella coscienza politica di chi si adopera quotidianamente per buttarlo giù, che occorre puntare un po’ più in alto per prendere il bersaglio.
Auguriamoci buon lavoro da qui all’11 settembre, al 2 ottobre sino alla battaglia sul referendum costituzionale, cui come Rete dei comunisti siamo impegnati, per fermare l’avanzata dei poteri più reazionari, Unione europea e della NATO, e dei suoi figuranti.
Rete dei Comunisti, Catania
da www.retedeicomunisti.org
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