I treni pendolari che viaggiano nella parte di gran lunga più ricca del paese, nella Lombardia e nel Veneto occidentale, appartengono tutti a Trenord, società mista tra le Ferrovie delle Stato e le vecchie Ferrovie Nord di proprietà della Regione Lombardia. Nel 2009 Moretti e Formigoni, accomunati anche dai diversi processi penali a cui erano o sarebbero stati soggetti, hanno siglato il patto per cui le ferrovie locali attorno alla capitale economica non sarebbero più appartenute a Trenitalia, come in quasi tutto il paese, ma ad una azienda regionale. Si realizzava così il federalismo ferroviario, una delle idee più stupide concepite dalla casta politica democristiano leghista che governa la Lombardia. Il risultato è stato quello di tutte le esternalizzazioni di reparti delle grandi imprese: l'azienda madre finalmente può dedicarsi a ciò che più le interessa, le Frecce e il TAV, l'azienda figlia si arrabatta. E pantalone, i lavoratori e gli utenti, paga.
Le Trenord fanno schifo, come sanno le centinaia di migliaia di pendolari che ogni giorno vivono la loro odissea sui treni attorno a Milano. E come sanno i ferrovieri che tra gli insulti dei viaggiatori con sputo e fatica le fanno funzionare. Ogni tanto Maroni taglia il nastro di un nuovo convoglio, ma il parco rotabile complessivo degrada più in fretta degli acquisti elettorali. Carrozze vecchie, sporche e naturalmente lente. I treni non riescono mai a rispettare gli orari, tutti i pendolari che prendono il 6.25 del mattino da Brescia a Milano sanno che non si arriverà mai alle 7.33 previste, ma attorno alle 8, se non ci sono contrattempi più gravi. Così mentre si posano i miliardari binari per l'alta velocità, chi non può e non potrà permettersi prezzi da ristorante per andata e ritorno dal lavoro e dallo studio, percorrerà i binari normali lì a fianco dei nuovi. E ci metterà un'ora e mezza per coprire ottanta chilometri, se gli andrà bene.
Il treno che parte alle 00.15 dalla stazione centrale di Milano per Brescia e Verona ha poi un suo regime a parte. È l'ultimo treno, quindi non ha orario. Chi è costretto a prenderlo, ed è davvero una umanità delle più varie come sanno anche i ferrovieri, sa che sarà l'ultimo e spesso peggior disagio della giornata.
Arrivato in Centrale da Roma sul bel Freccia Rossa la notte tra il 5 e il 6 settembre, mi preparavo alla solita avventura per tornare a Brescia quando subito si annunciava qualcosa di peggio. Il treno delle 00.15 sugli schermi era dato solo fino a Rovato, prima di Brescia e Verona. Il percorso successivo, annunciavano poi gli altoparlanti, sarebbe stato coperto in autobus. Questo, immaginai subito, per i lavori dell'alta velocità che potevano ben fermare l'ultimo treno pendolare.
Ma subito dopo quell'annuncio ne giungeva uno ben più grave: il treno per Rovato, così era stato ridimensionato, sarebbe partito con 90 minuti di ritardo. Si è poi saputo che alle 2230 del 5 settembre un uomo è stato ucciso dal treno a Chiari, e che tutta la linea è stata, giustamente, fermata per gli accertamenti del caso. Probabilmente uno dei tanti casi di suicidio di persone di mezza età che stanno colpendo la nostra società e che vengono tutti affrontati e minimizzati come casi singoli, quando oramai sono un tragico evento sociale e civile.
Ma gli altoparlanti nulla hanno detto di tutto questo, né c'era sui binari alcuna presenza di personale Trenord per assistere i passeggeri. Che alla fine hanno dovuto bivaccare sulle panche del corridoio della stazione, le sale d'aspetto sono abolite da tempo, fino alle 5 del mattino. Il solo personale presente erano i, solidali ma impotenti, guardiani alle entrate ai binari e la polizia che faceva la sua ronda chiedendo documenti ogni tanto. Per Trenord i passeggeri del suo treno scomparso non erano un problema. E per Trenitalia non erano un problema suo, perché vittime di un'altra azienda.
Va detto che nel passato, quando era verificata l'impossibilità di realizzare il normale servizio, veniva organizzato il servizio di bus sostitutivi e c'era anche il personale di assistenza. Me erano ancora i tempi delle Ferrovie dello Stato, non di Trenitalia e Trenord. Quando alle 5 è arrivato a Milano il treno bloccato a Chiari per il suicidio, il macchinista distrutto dalla fatica e dalla tensione ci ha detto che aveva chiesto i bus sostitutivi, ma che la direzione Trenord li aveva negati.
Così con quello stesso treno alle 5.20 siamo finalmente partiti per Rovato, secondo il vecchio programma di cinque ore prima, che prevedeva un bel bus alla fine.
Arrivati in quella piccola stazione alle 6.40 naturalmente non c'era nessun bus ad attenderci. I ferrovieri di Rovato ci han fatto che sapere che la direzione Trenord aveva rifiutato la loro proposta di far proseguire il nostro treno fino a Brescia, visto che tutta la linea era oramai da ore perfettamente funzionante. Il treno doveva tornare a Milano. Quanto a noi, prendessimo il prossimo locale per Brescia, se la linea funzionava che senso avevano i bus? Così alla fine chi aveva resistito a questo percorso di selezione ha preso il treno delle 7 per Brescia. Dove siamo arrivati alle 7.20 esattamente sette ore e 5 minuti dopo l'orario previsto per la partenza da Milano, per una distanza di 80 chilometri.
Per tutto il percorso era con me un ragazzo americano in vacanza, che alla fine mi ha detto che non si aspettava che simili avventure capitassero a "Milan" .
La verità è che Trenord rappresenta il degrado dei servizi pubblici della Lombardia, la regione ove la sempre più ingiusta ricchezza sempre meno copre i tagli e la cattiva amministrazione.
La Trenord in questi anni è stata attraversata da scandali e inchieste giudiziarie. Però il vero scandalo è il loro funzionamento normale, su questo dovrebbe indagare la magistratura, di questo dovrebbero parlare quei mass media sempre pronti a denunciare le mancanze di questo o quel dipendente.
Giorgio Cremaschi
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